giovedì 22 febbraio 2024

L’edificio in rovina più alto del mondo !!

Del Boom, rimangono le rovine
- Il secondo gruppo immobiliare cinese, Evergrande, è in bancarotta e sta per essere liquidato -
di Tomasz Konicz

Più in alto! Più lontano! Ancora più veloce! L'inflazionato settore immobiliare cinese, continua a stabilire nuovi record, lo fa perfino nella fase in cui si sta ormai esaurendo. L'edificio in rovina più alto del mondo, il grattacielo Goldin Finance 117, alto 597 metri, sorge a Tianjin, nel nord della Cina, non lontano dalla capitale Pechino, ed è solo uno dei tanti grattacieli vuoti che trovi in Cina: dove oggi la più grande dinamica speculativa della storia del sistema capitalistico globale ha lasciato dietro di sé delle enormi città fantasma. Si parla di circa 65 milioni di appartamenti, tutti sfitti, e per i quali non ci sono acquirenti. Simultaneamente, i milioni di piccoli investitori che hanno pagato in anticipo i loro immobili, invece, continuano ancora ad aspettare il loro agognato condominio, dal momento che le società cui hanno affidato i propri soldi si sono trovati in difficoltà economiche ancor prima che gli immobili progettati potessero essere completati.

Il caso più famoso è quello di Evergrande, il secondo gruppo immobiliare cinese, il cui debito ha raggiunto la cifra record di 300 miliardi di dollari. Nel 2021, Evergrande ha presentato istanza di fallimento. Da allora, il gruppo ha però continuato a costruire appartamenti, solo che, tuttavia, non è più stato in grado di onorare i suoi debiti. Per anni Evergrande ha fatto parte di un gigantesco schema Ponzi: fino a che gli investitori anticipavano denaro, si poteva continuare ad avviare nuovi progetti di costruzione. Alla fine di gennaio, un tribunale di Hong Kong, la città dove Evergrande è quotata in borsa, ha dichiarato il fallimento della società insolvente. La causa era stata intentata da alcuni investitori stranieri che volevano recuperare almeno una parte del denaro che era stato preso in prestito dalla Evergrande. Tuttavia, non è ancora chiaro se la sentenza possa essere estesa anche alla Cina continentale, dove si trova la più parte delle proprietà di Evergrande. Il governo cinese è sotto pressione. Nell'affrontare la crisi immobiliare, deve perseguire due obiettivi contrastanti. Da un lato, in seguito alla sentenza del tribunale - come ha scritto la Neue Zürcher Zeitung - è in atto un'intensa «osservazione globale» al fine di capire se e come verrà tenuto conto delle richieste degli investitori stranieri. Nell'attuale situazione economica, e con la fuga di capitali, ora in aumento, il governo difficilmente potrà permettersi di alienarsi gli investitori stranieri. Tuttavia, una liquidazione del gruppo comporta però anche dei grossi rischi. Solo per Evergrande, ci sono quasi 100.000 dipendenti che potrebbero restare disoccupati; oltre a un numero assai superiore che riguarda i numerosi cantieri. E ci sono centinaia di migliaia di acquirenti di case che hanno già pagato, per avere un appartamento Evergrande, e che non l'hanno ancora ricevuto: che ne sarà delle loro richieste?

A partire da tutto questo, sembra pertanto improbabile che la sentenza di Hong Kong venga eseguita anche nella Cina continentale. È probabile invece che il Partito Comunista Cinese dia priorità al furioso esercito della classe media degli acquirenti cinesi di case - per i quali, rispetto agli investitori stranieri, il settore immobiliare è la forma di investimento più importante - e lo farà, ad esempio, mantenendo in vita Evergrande grazie a dei prestiti governativi. Nel complesso, il governo cinese sembra voler evitare un rapido scoppio della bolla immobiliare, preferendo favorire una deflazione lenta e graduale. Così facendo, finora è stato evitato un crollo del mercato immobiliare, dove ci sono già stati numerosi fallimenti di investitori, oltre che di imprese edili e di piccoli investitori, al prezzo di una crisi che ormai si trascina da anni e senza che se ne veda la fine.

Mercato immobiliare assurdamente inflazionato
Tuttavia,  per scatenare una "tempesta purificatrice", su un mercato immobiliare assurdamente inflazionato, potrebbe anche essere troppo tardi! Ciò è dovuto semplicemente alle dimensioni del settore edile cinese e ai capitali in esso investiti. Nel 2021, secondo l'economista statunitense Kenneth Rogoff, il contributo dato, dal settore edile e immobiliare cinese, al prodotto interno lordo cinese corrisponderà a circa il 29%. Al culmine del boom edilizio in Spagna, nel 2006, simile a quello della Cina di oggi, il contributo dato ammontava a circa il 28%, e in Irlanda era di circa il 22%. La bolla immobiliare è una delle conseguenze dovute ai giganteschi programmi di stimolo economico e alla forte crescita del credito del capitalismo di Stato cinese, come reazione alla crisi del 2007-2009, la quale oltretutto, per ironia della sorte, è stata a sua volta innescata dalla crisi immobiliare che c'è stata negli Stati Uniti e in Europa. Per promuovere la crescita, le banche statali cinesi hanno fornito sempre più prestiti per poter costruire infrastrutture e immobili. I governi locali, in particolare, hanno accumulato trilioni di dollari di debito. E tuttavia, ciononostante, per anni, anche le società immobiliari come la Evergrande hanno potuto prendere in prestito somme quasi illimitate, fino a che, nel 2018, per frenare la speculazione, il governo ha limitato i prestiti nel settore immobiliare. Per l'Evergrande e per molte altre imprese di costruzioni, è stato questo l'inizio del loro declino. Country Garden, ad esempio, il più grande gruppo immobiliare privato della Repubblica Popolare, in ottobre si è dichiarato incapace di onorare i suoi prestiti, e ha dovuto essere essere sostenuto dalle banche statali a forza di miliardi di dollari americani. Il debito di Country Garden equivale a 200 miliardi di dollari USA. L'agenzia di rating statunitense Moody's sta già tracciando un parallelismo con il periodo di stagnazione che ci fu in Giappone: i cosiddetti "decenni perduti", seguiti all'esaurirsi del boom immobiliare giapponese, all'inizio degli anni '90. L'economia in deficit della Cina, a quanto pare, si è evidentemente esaurita: le montagne di debito continuano a crescere, nel mentre che allo stesso tempo gli effetti economici si riducono sempre più. E tuttavia, il governo cinese non può permettersi che scoppi questa gigantesca bolla speculativa.

Le tendenze alla crisi cominciano ad apparire sempre più chiaramente
Ciò avviene perché, in generale, l'economia sta rallentando e le tendenze alla crisi stanno diventando sempre più manifeste. La disoccupazione tra i salariati con un'età compresa tra i 16 e i 24 anni, nel giugno 2023 si era attestata al 21,3%. A quel punto, il governo ha semplicemente smesso di pubblicare i dati ufficiali. Quello che sta avvenendo nelle borse cinesi, è un vero e proprio massacro dei prezzi: nel giro di un anno, l'indice CSI 1000 ha perso il 37% del suo valore, e questo fino a quando, all'inizio di febbraio, il governo è intervenuto promettendo un aumento dell'acquisto di azioni da parte dei fondi sovrani, in modo da far così salire di nuovo i prezzi delle azioni, almeno per il momento. In effetti, c'è da dire che il capitalismo di Stato cinese,  rispetto ai suoi concorrenti occidentali, ha maggiori possibilità di intervento economico: molto più capitale viene controllato dalle banche statali, o comunque, in altri modi, dallo Stato, che così può gestire maggiormente quelle aree in cui dovrebbero fluire gli investimenti. Ma ciò significa anche che nel frattempo, le bolle speculative - mentre viene ritardato il loro scoppio - possono diventare ancora più grandi, e il che aumenta i problemi, e allo stesso tempo ne prolunga la durata.

Per nascondere l'entità della crisi, sembra che ora le autorità cinesi abbiano ritrovato la strada per tornare a una vera e propria tradizione socialista, che, nella sua ultima fase, ha caratterizzato anche tutto il blocco orientale, e che consiste nell'abbellire il materiale e le cifre delle statistiche. Secondo il governo cinese, l'anno scorso, l'economia è cresciuta del 5,2%, raggiungendo così l'obiettivo di crescita del 5% fissato all'inizio dell'anno. Tuttavia, secondo il Financial Times, molte aziende che operano in Cina stanno ora mettendo in discussione i dati ufficiali sulla crescita. Secondo alcune di queste stime, la crescita economica in realtà sarebbe solo dell'1,5% circa. Quando il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha previsto per l'anno in corso un'economia peggiore di prima, e ha previsto anche una crescita più lenta nel medio termine (3,5% nel 2028), i funzionari cinesi hanno reagito "con indignazione", e hanno chiesto una "previsione più appropriata".

Lo scorso anno, Bloomberg aveva già riferito a proposito di simili discrepanze tra le cifre ufficiali e le indagini non ufficiali, per quanto riguardava l'andamento dei prezzi sul mercato immobiliare cinese. Secondo le statistiche governative, nonostante la crisi che ha colpito aziende come Evergrande, il mercato si sarebbe dimostrato "straordinariamente resiliente": tra il 2021 e l'agosto 2023, i prezzi dei nuovi appartamenti sarebbero scesi solo del 2,4%, mentre quelli delle proprietà esistenti sono diminuiti del 6,4%. Tuttavia, i dati che Bloomberg  ha raccolto dai portali e dalle indagini delle agenzie immobiliari mostravano un quadro ancora più cupo: secondo questi dati, anche nelle località privilegiate delle regioni metropolitane, come Shanghai e Shenzhen, i prezzi sarebbero scesi di "almeno il 15%". E la situazione è assai simile in "più della metà" delle principali città della Repubblica Popolare.

Anche quando si tratta di quantificare l'onere del debito della Cina, le opinioni divergono. Ciò è dovuto all'inaffidabilità dei dati, oltre che all'ampio settore delle cosiddette banche ombra, vale a dire, società finanziarie che non sono soggette alla vigilanza bancaria. L'unica cosa chiara è che il debito totale della Repubblica Popolare – il quale ha accumulato enormi riserve di valuta estera grazie alle eccedenze commerciali che vanno dagli anni '90 al primo decennio del XXI secolo – è aumentato assai più rapidamente di quanto, dal 2008/2009 in poi, abbia fatto la produzione economica . Secondo i dati ufficiali, tra il 2008 e il 2023, il debito della Cina è "raddoppiato", arrivando così a circa il 280% del PIL. Di conseguenza, le strategie utilizzate dal capitalismo di Stato cinese per far fronte alle tendenze alla crisi economica negli ultimi anni stanno per avvicinarsi sempre più al loro limite.

- Tomasz Konicz - Pubblicato su JUNGLE.WORLD il 15/2/2024 -

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