« Il concetto centrale del Marx esoterico, che rappresenta questa tematizzazione critica e quindi il rifiuto emancipatorio della modernità, è il concetto di "feticismo". È a partire da questo concetto che Marx mostra come l'apparente razionalità della modernità capitalistica rappresenti solo, in un certo qual modo, la razionalità interna di un sistema allucinato oggettivato: una sorta di fede secolarizzata nei demoni, la quale si manifesta nelle astrazioni rese tangibili dal sistema di produzione di merci, nelle sue crisi, nelle assurdità e in quelle che sono delle conseguenze distruttive per gli esseri umani e per la natura. Nell'autonomizzazione della cosiddetta economia, nella feticizzazione del lavoro, del valore e del denaro, gli esseri umani si contrappongono alla propria socievolezza, assumendola come un potere estraneo ed esterno. Lo scandalo, sta nel fatto che questa orrenda, fantasmagorica e distruttiva autonomizzazione delle cose morte ed economizzate si sia coagulata in un'ovvietà assiomatica.
A partire dal suo concetto di feticcio - che viene esteso anche allo Stato, alla politica e alla democrazia - il Marx esoterico produce ciò che ogni grande scopritore produce nelle cose umane: rende strano, inspiegabile e falso ciò che sembra apparentemente semplice, il quotidiano, la "dimensione silenziosa" dell'ovvio. Il Marx esoterico, a differenza della sua controparte essoterica immanente alla modernizzazione, destituisce la modernità dalla sua posizione di regina della storia - senza che però giustifichi o idealizzi, come fanno i critici meramente reazionari della modernità, le relazioni e i comportamenti delle società agrarie premoderne – vedendo l'epoca moderna nel contesto di una storia sociale della sofferenza umana non ancora cancellata, e collocandola nell'orizzonte di un "non ancora" tuttora valido. Quando il Marx classico esamina la storia nel suo complesso - vale a dire, vedendola nel senso del concetto hegeliano-materialista di sviluppo e progresso - lo fa assumendo anche il concetto di "storia delle lotte di classe", e proiettando così il processo di sviluppo e di imposizione del capitalismo su tutta la storia precedente.
Ma è solo partendo dal concetto di feticcio - utilizzato dal Marx esoterico - che diventa possibile individuare, a un livello teorico di astrazione superiore, una comunità che comprenda tutte le forme sociali, così come sono avvenute fino a oggi, e non semplicemente a partire da quelle che sono solo delle retroproiezioni dell'epoca moderna: per quanto diverse possano essere state le loro relazioni, non sono mai esistite delle società autocoscienti che potessero decidere liberamente il modo in cui usare le loro possibilità, ma sono sempre esistite solo delle società gestite attraverso dei dispositivi feticistici dei più diversi tipi (rituali, personificazioni, tradizioni determinate dalla religione, ecc.). Bisognerebbe parlare di una "storia delle relazioni feticistiche". Nel contesto della quale, pertanto, il moderno sistema di produzione di merci, con la sua economia irrazionalmente autonomizzata, rappresenta solo l'ultima di tutte le forme di feticismo sociale, sballottato anch’esso da quelle che sono le sue stesse cieche dinamiche.
Solo la portata reale della crisi mondiale del XXI secolo potrà finalmente far luce sul compito da svolgere. Si tratta - secondo le stesse parole di Marx, pronunciate con quest'audacia - non solo della fine della storia capitalistica, ma di porre il problema di sovvertire, a livello generale, tutta la storia finora esistita: un compito paragonabile, nel migliore dei casi, a quello della cosiddetta rivoluzione neolitica, o alla rivoluzione della cosiddetta "età assiale". Quella che è giunta al termine, non è solo l'era della guerra fredda, ma è arrivata al capolinea anche la storia mondiale della modernizzazione in generale, e non semplicemente questa storia specificamente moderna, ma la storia mondiale delle relazioni di feticcio in generale.
La presunta riduzione della complessità, che sarebbe stata raggiunta per mezzo della macchina sociale capitalista, e che ha sempre rappresentato più un’ideologia che la realtà, alla fine si trasforma in distruzione. Anche per questo il salto da fare è così talmente grande, e circondato dalla paura. Ma i rapporti di crisi - che sono diventati riconoscibili grazie alla loro continua evoluzione – adesso esigono inesorabilmente che laddove c'era l'inconsapevolezza sociale (dalla mano invisibile del culto degli antenati alla mano invisibile del mercato capitalista globale) ora emerga la coscienza sociale. Anziché un centro cieco, quello che deve emergere è un processo decisionale sociale consapevole, organizzato a partire da delle istituzioni autodeterminate (e non stabilite a priori), oltre e al di là del mercato e dello Stato. »
- Robert Kurz - da "Marx Lesen", Frakfurt am Main: Eichborn, 2001 -
Nessun commento:
Posta un commento