Rileggere Lucio Colletti (1924 - 2001), in particolare, quella che - nei termini di riuscire a definire quale sia la vera metafisica del Capitale - rimane una delle opere principali di quegli anni, e che viene pubblicata da Laterza nel 1969. Come sottolineano Martin Jay e Nuno Machado, se guardiamo a quelli che, nella sua vita, sono stati tre distinti periodi intellettuali, assai diversi tra loro, vediamo come il filosofo italiano - tra il 1967 e la prima metà degli anni '70 – abbia vissuto un periodo durante il quale ha indubbiamente preso coscienza della rilevanza della Teoria dell'Alienazione e del Feticismo, e quale fosse il suo rapporto con la Teoria del Valore di Marx, arrivando a identificare il capitalismo, e vederlo pertanto in quanto "realtà invertita", ovvero , come una "metafisica reale" :
«L'innovazione, fondamentale e decisiva, apportatavi da Marx è che — come per Hegel la metafisica compiuta è la realizzazione dell'idealismo, cioè l'Idea o Logos che si fa realtà — così, per lui, la metafisica non è più solo una particolare forma della conoscenza, ma è un processo che investe dall'interno la realtà stessa. In altre parole, capovolta o " testa in giù " non è più soltanto la rappresentazione (metafisica) della realtà, ma è la realtà medesima, il mondo stesso, che va appunto sovvertito e raddrizzato. L'ipostatizzazione dell'universale, la sua sostantificazione o entificazione, non riguarda, soltanto o anzitutto, la Logica di Hegel, ma, prima che questa logica, riguarda la realtà. In breve, l'ipostasi del concetto hegeliano rimanda all'ipostasi del capitale e dello Stato.» - (Lucio Colletti, "Il marxismo e Hegel". Editori Laterza Bari 1969, pag. 355)
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