giovedì 31 marzo 2022

Vie d’uscita…

La «Critica della dissociazione del valore», è una corrente teorica che mira a rinnovare la critica radicale dell'economia politica, e si basa su una rilettura del Capitale di Karl Marx. Questa corrente si è sviluppata in Germania, Austria e Francia. Le sue figure più note, riunite nei gruppi e nelle riviste "Krisis" e "Exit!" sono: Robert Kurz, Roswitha Scholz, Norbert Trenkle, Anselm Jappe e Claus Peter Ortlieb.

I - Critica del valore

Dissociazione del valore
La critica del valore intende il capitalismo come una forma di feticismo, e identifica nel valore il vero «soggetto-automatico» del capitalismo. Borghesia e Proletariato, si limitano a perpetuare il processo di valorizzazione del capitale, senza che, ovviamente, ciascuna classe ne tragga i medesimi benefici. Roswitha Scholz, ha completato questa critica sostenendo che «il valore è il maschio». Il valore, in quanto soggetto-automatico non rappresenta la totalità costitutiva della società capitalista. Va presa in considerazione anche l'esistenza di attività di riproduzione, o di rigenerazione della forza lavoro (cura, nutrimento, manutenzione della casa, educazione dei figli...) le quali vengono realizzate soprattutto dalle donne.
«Il concetto di "dissociazione dal valore" sottolinea l'idea secondo cui queste attività di riproduzione, determinate come femminuli, sono, per l'appunto, dissociate dal valore.»
In altri termini, la sfera del non-valore è stata essenzialmente devoluta alle donne. Nella società capitalista, il valore e la dissociazione vanno intesi come se intrattenessero una relazione dialettica. Ciascuno non può essere dedotto dall'altro, ma nascono entrambi l'uno dall'altro. Tuttavia, per poter chiarire questo concetto di «dissociazione-valore», è necessario prima spiegare che cosa si intenda con il concetto androcentrico di «valore» così come viene inteso dalla «critica fondamentale del valore».

Valore e lavoro
Nelle condizioni capitalistiche della produzione, rivolta a dei mercati anonimi, i membri della società, anziché utilizzare le proprie risorse mettendole in comune al fine di una produzione ragionata della loro esistenza, producono in maniera separata gli uni dagli altri. E le merci,  gli oggetti o i servizi prodotti, diventano dei prodotti sociali solo dopo essere stati scambiati sul mercato. Ora, per far sì che le merci possano essere interscambiabili, è necessario presupporre che abbiano tutte qualcosa in comune. Questo denominatore comune è il «valore». La sostanza del valore è il «lavoro astratto», inteso come dispendio di tempo, della forza e dell'energia umana. È pertanto nella misura in cui rappresentano il lavoro passato che le merci costituiscono «valore». Questa rappresentazione, a sua volta, si esprime attraverso un dispositivo, il denaro, il quale è la forma generale che il valore assume in tutto l'universo delle merci, e che in quanto equivalente generale è in grado di essere scambiato con tutti i prodotti del lavoro umano.

Feticismo del valore
La relazione sociale che viene mediata attraverso il «valore» rovescia, mettendola a testa in giù, le relazioni che le persone intrattengono con i prodotti materiali. I membri della società appaiono come dei semplici produttori privati. Gli individui sembrano privi di qualsiasi legame tra loro. La relazione sociale appare come se fosse un rapporto tra delle merci che entrano in relazione a partire dalle quantità astratte di valore che esse rappresentano. Il concetto di feticismo del valore coglie e descrive un tale capovolgimento dell'attività sociale, la quale sottomette e assoggetta gli esseri umani a quelle che sono delle relazioni create dai loro stessi prodotti. Questo feticismo fa un ulteriore passo avanti nel momento in cui trasforma il valore in capitale.

Trasformazione del denaro in capitale
Una delle definizioni del capitale. data da Karl Marx, è quella di «valore in processo». Il capitale è un valore che si incrementa, passando dalla forma denaro (A) alla forma merce (M), e poi nuovamente viceversa, secondo la formula: A - M - A' , dove A' > A. Il risultato di questo movimento fornisce un nuovo punto di partenza possibile: A' - M - A'', dove A'' > A'. Un tale movimento può essere ripetuto all'infinito, purché il termine iniziale e quello finale siano nella medesima forma di denaro. Le condizioni di questa valorizzazione del valore in sé, sono due e distinguono il modo di produzione capitalista dalla produzione precapitalista di merci.
1) - La forza lavoro umana deve diventare essa stessa una merce. Privata di qualsiasi accesso autonomo alle risorse, una parte sempre più grande della società viene costretta a vendere la sua capacità di produrre. Il movimento A - M - A' è possibile solo nella misura in cui il valore del lavoro che viene riversato in M è sempre superiore alla remunerazione della forza lavoro: il plusvalore, la differenza tra il valore del lavoro e il valore della forza lavoro, è ciò che permette che A' > A.
2) - La produzione di beni d'uso - che è la ragion d'essere di tutta la produzione nelle società precapitaliste - si trasforma in un semplice veicolo del «valore». La soddisfazione dei bisogni umani diventa un «sottoprodotto» dell'accumulazione di capitale. Il fine e i mezzi vengono invertiti.

Critica fondamentale e critica tronca
L'autonomia del valore si afferma a partire dalla sua capacità di mantenersi e di accumularsi, trasformandosi costantemente da denaro a merce e viceversa. A partire da questo, il feticismo del valore si presenta sotto le sembianze di una «sostanza automatica dotata di vita propria» (Marx). Il valore sembra possedere questo potere di ordine divino, che gli permette di auto-generarsi. La critica del valore si propone di renderci coscienti del fatto che il problema fondamentale del capitalismo risiede nel carattere, totalitario e assurdo, del fine in sé della forma-merce e della forma-denaro. Una critica che si accontenti solamente di denunciare l'appropriazione del plusvalore da parte della classe capitalista, è una critica tronca, ed è superficiale perché, in quanto semplice ideologia della giustizia distributiva, rimane prigioniera del sistema capitalistico e delle restrizioni che esso impone. Una semplice redistribuzione, attuata all'interno della forma-merce, della forma-valore e della forma-denaro, non può né evitare le crisi, né mettere fine alla miseria globale che viene generata dal capitalismo. Il problema centrale non consiste nell'appropriarsi della ricchezza astratta, nella forma del denaro, ma proprio questa forma stessa. La critica tronca, formulata partire dalle medesime categorie del capitalismo stesso (che assume il valore come principio generale basato sul lavoro astratto, insieme alla forma-denaro, e insieme al mercato anonimo come sfera di mediazione...) può riuscire a ottenere solo dei miglioramenti temporanei, immanenti al sistema. Nella crisi che il sistema capitalista sta vivendo, partire dagli anni '80, tutte queste conquiste vengono smantellate, una dopo l'altra.

Un nuovo concetto di rivoluzione
"Rivoluzione" significa cambiamento economico radicale. Il capitalismo è l'alienazione comune di tutti i membri della società, i quali si sottomettono a un rapporto cieco tra quelle che sono delle cose morte, vale a dire, i propri prodotti, organizzati e ordinati a partire dalla forma-denaro. Per poter superare questo rapporto assurdo, è necessaria una rottura con il valore e con le sue categorie (lavoro, merce, denaro, mercato, Stato). Questa autentica transizione sociale presuppone un'amministrazione della produzione, insieme a un utilizzo delle risorse, fatto a partire da delle decisioni coscienti e prese di comune accordo.

II - «Il valore è maschile»
La riflessione sulla dissociazione del valore, procede dalla constatazione del carattere incompleto della Critica del Valore. Essa si concentra sul «valore» e sul «lavoro astratto», considerati come le relazioni centrali della società capitalista delle merci. Dagli anni '90, Roswitha Scholz ha sviluppato la tesi secondo cui, nel sistema capitalista, la centralità del valore si accompagna necessariamente a una «dissociazione» delle attività di riproduzione della forza lavoro, e quindi a una dissociazione del «femminile», che a tutte queste attività viene tradizionalmente associato.

L'incompletezza della critica del valore
Il problema della "Critica del Valore» consiste nel trascurare completamente la relazione tra i sessi. Insieme al «lavoro astratto», viene teorizzato e criticato solo il «valore», ed entrambi i concetti sono visti come dei concetti neutri riguardo al genere. Pertanto, questa critica finisce per ignorare il fatto che, nel sistema di produzione di merci, si debba provvedere anche alla riproduzione, o rigenerazione, della forza lavoro: adempiere ai compiti domestici, allevare i figli, assistere e accudire le persone deboli e malate, confortare i «lavoratori»... Svolgere queste attività necessarie, è di solito un'incombenza attribuita alle donne, per quanto possano avere anche un lavoro retribuito. E tali attività non possono essere coperte solo dai professionisti che le le eseguono, se non parzialmente. E per tutto quello che attiene ai sentimenti, alle qualità soggettive, o agli atteggiamenti (sensualità, emotività, sollecitudine...) a esse legate, be' vengono considerati anch'essi «femminili». Ora, nelle società capitaliste, tutte queste attività e qualità non rientrano in quelle che sono le categorie del Valore e del Lavoro astratto. Sono dissociate dal valore.

La dissociazione del valore come relazione sociale
Ragion per cui, assistiamo al seguente paradosso. Le attività e le caratteristiche psico-culturali cosiddette «femminili» si trovano al di fuori del Valore, ma tuttavia, simultaneamente, ne costituiscono il prerequisito. Infatti, appare ovvio come, senza la rigenerazione della forza lavoro, il movimento del Valore sia impossibile. Le attività e le qualità soggettive che si trovano a essere dissociate dal Valore, non costituiscono un semplice «sottosistema» del capitalismo, come ad esempio avviene con il commercio estero, il sistema giuridico, o anche con la politica. Al contrario, formano una parte essenziale e costitutiva della relazione sociale capitalistica nel suo complesso, globalmente. Tra il Valore e la Dissociazione, non c'è affatto un «rapporto di derivazione», per cui uno deriverebbe dall'altro. Da un punto di vista storico-logico, sono fondamentalmente co-originarie. Non possiamo dire che uno abbia generato l'altro. Ciascuno è il presupposto necessario alla costituzione dell'altro. Vanno pertanto compresi allo stesso livello di astrazione. Ma la teoria androcentrica dell'economia politica, insieme alla sua critica, anche quando questa si limita alla critica del valore, nelle loro analisi non possono prendere in considerazione la «Dissociazione». Difatti, devono «espellere», come «a-logico» e «a-concettuale», tutto ciò che non è compatibile con la forma-merce. Di conseguenza, il femminile dissociato, che così diventa l'altro della forma-merce, rappresenta l'«informe», ciò che, nell'economia borghese e nella teoria critica del valore, non ha forma.

Il capitalismo patriarcale
La dissociazione del valore deve essere intesa anche come uno specifico comportamento socio-psichico. Alcune caratteristiche (sensualità, emotività, fragilità di carattere...) vengono dissociate dal soggetto maschile, e proiettate sulla donna. Per contro, l'uomo, in quanto soggetto socialmente determinante, incarna la volontà di imporsi nella concorrenza, l'intelletto come modo di pensare capitalista, la forza di carattere nell'adattarsi alle esigenze economiche... Il meccanico di precisione disciplinato della fabbrica fordista, rappresenta ancora in gran parte, e spesso inconsciamente, il prototipo di un simile soggetto. Le attribuzioni di genere - sia femminile che maschile - connotano e definiscono l'ordine simbolico del capitalismo patriarcale. Ed è a questo livello che il patriarcato capitalista appare come se fosse una totalità sociale che somma e combina aspetti culturali-simbolici e socio-psicologici.

L'evoluzione storica della dissociazione del valore
La dissociazione del valore è una relazione sociale fondamentale: non è una struttura fissata e rigida, bensì un processo. nel contesto della «dissociazione». Nel contesto della «dissociazione», è in questo modo che la «sensibilità», alla quale viene fatto riferimento, è stata storicamente costruita. Le attività femminili svolte ai fini della riproduzione (preparazione di beni di consumo, amore, cura dei malati e ai disabili, affetto, ecc.) appaiono sotto questa forma solo nel XVIII secolo, con la differenziazione tra un settore di lavoro salariato capitalista e un settore privato di riproduzione domestica. Questa relazione tra i sessi, ha raggiunto il suo pieno sviluppo nella modernità del mercato, e più particolarmente nell'epoca del fordismo trionfante. E sebbene il discorso dominante ami parlare di «uguaglianza dei sessi», è sotto gli occhi di tutti il fatto che fondamentalmente la predominanza maschile non sia  scomparsa. Nella sfera privata, le donne continuano ad assumersi mansioni domestiche ed educative, più di quanto facciano gli uomini. Nella sfera lavorativa, i loro salari sono più bassi e le loro prospettive di carriera più limitate. Per quanto riguarda la sessualità, essa rimane in gran parte condizionata dalla ricerca di soddisfare le pulsioni maschili. Ma, in epoca postmoderna, la dissociazione si trova a essere disseminata, o rovesciata, in molte pratiche o comportamenti sociali, sia nella vita dell'arrivista che in quella della casalinga, nello sport femminile e nello striptease maschile, nei matrimoni omosessuali femminili e maschili, negli spettacoli di travestiti, diventati popolari sui media...

L'emancipazione per mezzo dell'abolizione del valore
In conclusione, le valutazioni ottimistiche che, a partire dalla metà degli anni '80, ritenevano che l'emancipazione delle donne fosse stata praticamente raggiunta, e che continuano ad affermarlo, si sono rivelate alquanto irrealistiche. La critica della dissociazione del valore si oppone a questo ottimismo, sostenendo che l'emancipazione, sia delle donne che degli uomini, richiede l'abolizione del valore, della forma-merce, dell'economia di mercato, del lavoro astratto e della dissociazione. Questa prospettiva riguarda sia il livello materiale che quello ideale.

- Gilles Sarter -

fonte: Secession - le regard sociologique

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