Le tre contraddizioni della Lunga Depressione
- di Michael Roberts -
Una delle mie tesi di base sul capitalismo moderno è che dal 2008, le principali economie capitaliste si si sono trovate in quella che io chiamo una Lunga Depressione. Nel mio libro del 2016 con lo stesso nome, distinguo tra ciò che gli economisti chiamano recessioni o flessioni nella produzione, negli investimenti e nell'occupazione; e depressioni. Sotto il modo di produzione capitalista (ossia la produzione per il profitto, sottratto al[la forza] lavoro umana da parte di quelli che costituiscono un piccolo gruppo di proprietari dei mezzi di produzione), a partire dall'inizio del XIX secolo abbiamo avuto delle flessioni regolari e ricorrenti ogni circa 8-10 anni. Dopo ogni flessione, la produzione capitalista si riprende e si espande per diversi anni, prima di scivolare di nuovo in un altra flessione. Tuttavia, le depressioni sono qualcosa di diverso. Anziché uscire dal crollo, le economie capitaliste rimangono depresse, e mantengono sia una produzione, che gli investimenti e l'occupazione, tutte più basse di quanto erano prima, per un periodo più o meno lungo.
Nel capitalismo, abbiamo avuto tre depressioni di questo tipo: la prima, alla fine del XIX secolo negli Stati Uniti e in Europa, è durata più o meno dal 1873 al 1897 circa, a seconda del paese. Durante quella lunga depressione, ci sono stati dei brevi periodi di ripresa, ma anche una successione di flessioni. Nel suo complesso, la crescita della produzione e degli investimenti rimase comunque assai più debole di quanto fosse stata nel precedente periodo di espansione, del 1850-73. La seconda depressione, fu la cosiddetta Grande Depressione, la quale durò circa dal 1929-1941, fino alla seconda guerra mondiale, principalmente negli Stati Uniti e in Europa, ma anche in Asia e Sud America. La terza depressione è iniziata dopo il Crollo finanziario globale del 2007-8, e la conseguente Grande Recessione del 2008-9. Questa depressione (come è stata definita) è durata per un decennio, fino al 2019, vale a dire, fino a quando sembrava che le principali economie non solo stessero crescendo molto più lentamente di prima del 2007, ma si stavano dirigendo verso un vero e proprio tracollo.
A quel punto c'è stata la crisi della pandemia di COVID, e l'economia mondiale ha sofferto una forte contrazione. Adesso, proprio nel momento in cui le maggiori economie sembrava che stessero uscendo barcollando dalla pandemia, ecco che il mondo è stato nuovamente colpito dal conflitto Russia-Ucraina, e dalle sue conseguenze sulla crescita economica, sul commercio, sull'inflazione e sull'ambiente. Nel XXI secolo, le contraddizioni relative al modo di produzione capitalista si sono intensificate. Oggi abbiamo tre componenti: la prima, quella economica, iniziata con il collasso finanziario globale di proporzioni senza precedenti del 2007-8, e seguito poi dalla Grande Recessione del 2008-9 (il più grande crollo economico, dopo quello degli anni '30). Poi abbiamo, in secondo luogo, quella relativa all'ambiente, con la pandemia di COVID causata dalla spinta rapace del capitalismo per il profitto, che ha portato all'urbanizzazione incontrollata, allo sfruttamento dell'energia e dei minerali, insieme all'agricoltura industriale. Tutto ciò alla lunga ha portato anche al rilascio di pericolosi agenti patogeni, precedentemente rimasti bloccati negli animali in regioni remote, per migliaia di anni. Questi agenti patogeni sono ora sfuggiti attraverso gli animali da allevamento e dai laboratori (forse) arrivando a colpire l'uomo con risultati devastanti. Senza dimenticare l'incombente incubo del riscaldamento globale, che ora si abbatte a livello globale sulle popolazioni più povere e più vulnerabili. In terzo luogo, in questo periodo economico depresso, c'è la contraddizione geopolitica in seno alla lotta tra i capitalisti per il profitto. Si è così intensificata la concorrenza tra le potenze imperialiste (G7-plus), da una parte, e alcune economie che hanno resistito all'offerta del blocco imperialista, dall'altra, come la Russia e la Cina. Ora, nel XXI secolo, dall'Iraq all'Afghanistan, passando per lo Yemen e per l'Ucraina, i conflitti geopolitici passano sempre più attraverso la guerra. E la grande battaglia tra gli USA e la Cina/Taiwan si avvicina. La Lunga Depressione del XXI secolo può anche essere iniziata nel 2009, ma le forze economiche che l'hanno causata erano in azione già dal 1997. È stato allora che nelle principali economie capitaliste, il tasso medio di profitto sul capitale era cominciato a cadere e, nonostante alcuni piccoli scoppi di ripresa (guidati per lo più da flessioni economiche e da enormi iniezioni di credito), la redditività del capitale rimane vicino ai suoi minimi storici.
Nel capitalismo, è il profitto a guidare gli investimenti; e pertanto il calo e la bassa redditività hanno determinato una lenta crescita degli investimenti produttivi. Per contro, le istituzioni capitaliste hanno sempre più speculato nelle attività finanziarie, nel mondo immaginario dei mercati azionari e obbligazionari, e in quello delle cripto-valute. E a partire da un simile quadro, il blocco imperialista cerca di compensare la debolezza del «nord globale», sfruttando ulteriormente sempre più il «sud globale». Finora, ci sono stati ben pochi segnali che ci facciano pensare che il capitalismo possa uscire da questa lunga depressione, anche qualora venisse risolto l'attuale disastro dell'Ucraina. Per porre fine alla depressione sarebbe necessaria una pulizia del sistema economico per mezzo di un crollo che potesse eliminare tutte quelle aziende zombie che riducono la redditività e la crescita della produttività, e che aumentano il peso del debito. Inoltre, appare anche evidente che le potenze economiche più recalcitranti, come la Russia e la Cina, devono essere domate, o schiacciate, se si vuole che le maggiori economie capitaliste possano tentare di avere una nuova vita. Si tratta di una prospettiva spaventosa. L'unica speranza di sfuggire all'impatto della Lunga Depressione e delle altre guerre, può risiedere solo nell'avvento al potere di governi socialisti democratici basati sulla popolazione che lavora, in grado di promuovere delle vere nazioni unite, per porre fine alle crisi economiche; invertire i disastri ambientali del pianeta; e realizzare uno sviluppo pacifico della società umana.
- Michael Roberts - Pubblicato il 13/3/2022 -
fonte: Michael Roberts blog. Blogging from a Marxist economist
N.d.T: Il grassetto che sottolinea alcuni passaggi, è mio. E devo confessare di non condividere, se non sporadicamente, la «speranza nell’avvento al potere di governi socialisti democratici basati sulla popolazione che lavora». E credo che «l’eliminazione delle aziende zombie» sia solo un altro rimandare la resa dei conti. Tant’è! (F.S.)
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