martedì 15 marzo 2022

Eccezione e/o emergenza ?!?

Dagli attacchi terroristici dell’11 settembre al Covid-19, crisi di enorme portata hanno spinto i governi degli Stati liberal-democratici a impiegare misure d’emergenza che hanno comportato una forte restrizione dei diritti e delle libertà fondamentali. L’ipotesi avanzata da più parti è che si tratti di un processo degenerativo: l’ininterrotta serie di emergenze sta determinando uno stato di eccezione permanente, che rischia di trasformare le democrazie costituzionali in regimi illiberali con l’inconsapevole connivenza dei cittadini. Dietro tale ipotesi incombe l’ombra inquietante di Carl Schmitt, secondo cui l’essenza del potere politico risiede nell’uso spregiudicato delle misure emergenziali. Questo libro, unendo analisi storica e interpretazione filosofica, rigetta tale ipotesi e mostra come non sia di alcun aiuto per individuare risposte adeguate alle grandi sfide che minacciano oggi la tenuta democratica degli Stati liberali.

(dal risvolto di copertina di: "Cos'è lo stato di eccezione", di Mariano Croce e Andrea Salvatore. Nottetempo, pag.228, 16 € )

L’eccezione fa la regola e spesso la rafforza (anche nelle nostre democrazie pandemiche)
- di Christian Raimo -

Ci sono dei libri che sono talmente chiari e ben argomentati che recensirli vuol dire semplicemente invitare a leggerli. Ci sono dei testi che ricordano in che senso la filosofia è innanzitutto chiarificazione, per stare alla definizione di Wittegenstein. Cos’è lo stato di eccezione di Mariano Croce e Andrea Salvatore è uno di questi: non soltanto un saggio che argomenta in maniera convincente una tesi - quella per cui il dibattito contemporaneo, soprattutto quello italiano, sullo stato di eccezione è tutto da rileggere a partire da una conoscenza più approfondita dei testi di Carl Schmitt - ma anche un libro che mostra in modo esemplare cosa vuol dire fare critica culturale. «Stato d’eccezione» è diventata almeno dall’inizio degli anni duemila una sorta di formula plastica con cui si è provato a etichettare ogni tipo di sospensione emergenziale della politica e della giurisdizione liberale. In Italia questa lettura, che è diventata diffusa in contesti  politici sia di destra che di estrema destra, sia di sinistra che di estrema sinistra, è stata alimentata soprattutto dalla fortuna teorica che ha avuto la ricezione dei testi di Carl Schmitt attraverso Giorgio Agamben. L’impressione che si ha all’inizio è che "Cos’è lo stato d’eccezione" parta da un’insofferenza, acuita dalla frequenza in cui nel discorso pubblico della fase pandemica espressioni come «dittatura sanitaria» sono finite per essere usate per qualunque situazione di crisi.

Se tutto è emergenza, dittatura, stato d’eccezione, si rischia che niente lo sia veramente; ed è certo che la pubblicistica di Agamben proprio negli ultimi mesi non ha aiutato a fare chiarezza ma ha generato confusione.
Questa confusione ha però una storia recente, e delle ragioni filologiche. L’analisi di Agamben del diritto romano, riletto attraverso la lente schmittiana era stata già oggetto di studio e di profonda critica in un altro testo altrettanto esemplare di Croce e Salvatore, come "L’indecisionista. Carl Schmitt oltre l’eccezione"; qui i due filosofi politici provano a rompere la lettura sclerotizzata dell’eccezionalismo, e lo fanno davvero con una straordinaria onestà intellettuale. Ecco l’interrogativo di partenza: «La domanda che il pensiero politico moderno seppe articolare con grande consapevolezza della natura ancipite dell’emergenza era questa: il governo dell’emergenza rientra nel governo ordinario, sottoposto a controllo costituzionale, anche allorché determina inevitabili ma transitori squilibri nella distribuzione delle competenze, oppure costituisce una rottura, un ground zero, quell’eccezione sospensiva di tutto in cui l’ordine che l’autorità politica è chiamata a proteggere cessa di valere e il destino della comunità è interamente affidato alle cure (non sempre propizie e disinteressate) di chi ha in capo la gestione della crisi?».

La domanda non resta aperta. Viene rimodulata storicamente: «Il dibattito dei primi anni Duemila veniva così snodandosi attorno a questa domanda: chi garantisce che il governo dell’emergenza non venga utilizzato come raffio per trarre fuori dalle acque torbide della legislazione emergenziale una forma di governo che, anziché proteggere la Costituzione, la sostituisce con un regime di fatto dispotico?». E viene soprattutto riformulata attraverso una lettura molto attenta dell’evoluzione del pensiero di Carl Schmitt: il suo testo Teologia politica, dove viene elaborato il concetto di «stato d’eccezione», viene ricontestualizzato all’interno degli altri riferimenti testuali e anche nella riflessione di Schmitt degli anni successivi che si sviluppa nel Concetto di «politico» o dei suoi testi sulla costituzione di Weimar. La conclusione davvero inedita per chi abbia anche solo orecchiato questo dibattito sullo stato d’eccezione e le varie forme di alterazione del politico è sorprendente: al contrario di quello che si ricava dagli allarmi che si susseguono su un’involuzione delle democrazie come stato di eccezione, Croce e Salvatore argomentano esattamente il contrario: l’eccezione fa la regola, non alimenta una catena di eccezione.

Leggendo "Cos’è lo stato di eccezione" si ha la sensazione di poter emergere dalle secche anche degli ultimi due anni di dibattito pandemico, attraverso una lucidità e una capacità argomentativa che non solo le condizioni di emergenza ma anche un’incauta arroganza filosofica hanno condizionato. O come scrivono in modo chiaro Croce e Salvatore: «La più netta distinzione dell’emergenza dall’eccezione che abbiamo difeso in questo lavoro affievolisce l’allure di cui l’emergenza viene caricata nella lettura eccezionalista, tanto da smentire o quantomeno ridimensionare l’allarme di molta parte dei critici: il ricorso alla legislazione emergenziale non è di per sé il rito opaco che segna la degenerazione delle democrazie liberali in autoritarismi; all’opposto, almeno in alcuni casi, può rivelarsi come un momento di potenziale esposizione delle debolezze di un ordine politico o persino dare avvio a pratiche di rafforzamento delle procedure democratiche».

- Christian Raimo - Pubblicato su Tuttolibri del 6/2/2022 -

Nessun commento: