lunedì 24 gennaio 2022

Inciampando…

«Si salvi chi può», ancora!
- di  Octavio Alberola -

Malgrado il fatto di essere, ormai da alcune settimane, nel mezzo della sesta ondata dell'epidemia di covid-19, a causa di "Omicron", in un susseguirsi di statistiche, relative ai contagi e ai decessi, che ne innalzano l'incidenza quotidiana portandola a livelli veramente allarmanti, si tratta ancora una volta - tanto per i governi quanto per la maggioranza delle persone - di tornare alla normalità del passato, quella normalità del «si salvi chi può» che ha trasformato l'epidemia in una pandemia. Infatti, nonostante gli esperti non abbiano certezze sull'evoluzione della pandemia - e siano invece assolutamente certi circa le dannose conseguenze - sociali e umane - causate dall'adottare approcci ideologici per affrontarla - i governi (con il consenso di gran parte della popolazione) si ostinano a continuare a reagire in base all'ideologia capitalista - dando priorità alla redditività del capitale sulla salute e sulla vita delle persone - anziché procedere in base alla conoscenza scientifica delle dinamiche sanitarie e ambientali. Un'ostinazione che rasenta il crimine, com'è dimostrato dalle cifre stesse delle statistiche ufficiali del 13 gennaio 2022 in Spagna (dov'è stato battuto il record di contagi, con un'incidenza di 3.128 casi ogni 100.000 abitanti e 123 morti al giorno), e nel mondo (con un totale di 317 milioni di casi diagnosticati e 5,51 milioni di morti).

Ma, «curiosamente», è proprio questo boom di contagi - dal momento che si traduce in delle assenze per malattia che compromettono sia i servizi essenziali che la dinamica economica - che sta spingendo i politici a buttarsi in uno scenario di gestione della pandemia vista come se fosse una malattia comune. E questo, non solo per minimizzare il più possibile l'impatto provocato dalle assenze per malattia, ma anche per obbligare la popolazione ad assumersi il rischio di una gestione individuale della pandemia/malattia.
Un cambio di strategia giustificato da una presunta '"possibile" evoluzione - presunta e prevista da alcuni esperti - che, grazie all'Omicron, ci porterebbe dalla pandemia in un'enedemia, come l'influenza. «Dimenticando» però che già l'influenza causa 650.000 morti all'anno, e che l'antropizzazione di spazi in cui prima non c'era alcuna presenza umana ci espone a dei nuovi virus che, insieme alla maggiore pressione demografica e alla accelerata mobilità dovuta alla globalizzazione e all'iperconnessione del mondo, possono contribuire a scatenare nuove epidemie globali. Oltretutto, se questi ultimi due anni di pandemia di Covid ci insegnano qualcosa, si tratta proprio dell'inutilità della futurologia: di quelli che sono i limiti dei modelli predittivi, insieme alla sterilità di proclamare dei finali felici, o catastrofici basandosi sul mero desiderio o sulla paura.

Una «dimenticanza», questa,  che dimostra - ancora una volta - che gli esseri umani sono gli unici animali capace di inciampare due volte sulla medesima pietra. Pertanto, non sarà adesso che, con due o tre giorni di incidenza nuovamente al ribasso, impareremo la lezione grazie a ciò che abbiamo vissuto, e che questo assioma cesserà di essere vero. E a maggior ragione, non certo per la fretta che hanno i governi e la maggioranza della popolazione di tornare alla normalità del «si salvi chi può» delle dinamiche economiche dominanti; nonostante si sappia quale sia la nota responsabilità nella diffusione della pandemia, che hanno tali dinamiche. Una normalità che significa normalizzare il rischio di infezione e di morte per Covid. E ciò nonostante il fatto che l'unico modo che abbiamo per poterci avvicinare alla fine di questa pandemia - come l'OMS e la maggior parte degli epidemiologi continuano a ricordarci - sia quello di ridurre il contagio e vaccinare completamente a livello internazionale. Possiamo quindi dire che stiamo assistendo a una pericolosa, paradossale e inquietante regressione del senso comune e della razionalità scientifica, di fronte all'imperativo economico capitalista, che mostra fino a che punto il pensiero, e perfino lo stesso istinto di sopravvivenza siano ormai in crisi, e diventa pertanto necessario chiedersi: fino a quando durerà questa incoscienza? E questo non solo per la necessità di essere consapevoli di una simile regressione intellettuale e politica, in modo da non inciampare di nuovo sulla stessa pietra, ma anche per poter inventare delle nuove categorie morali e politiche le quali, oltre a mettere la vita al centro dei nostri valori, ci permettano di affrontare in maniera più efficace i pericoli del mondo attuale.
Una necessità ancora più urgente questa, perché la realtà catastrofica delle crisi sanitarie ed ecologiche che stiamo vivendo, oltre ad accentuare gli effetti disastrosi - sui giovani e sui più precari - della crisi economica e sociale che stiamo vivendo fin dalla crisi finanziaria del 2008, non lascia altra alternativa se non la pratica del mutuo sostegno e del vivere in armonia con il nostro ambiente naturale, in quanto unico modo per evitare di mettere a rischio l'esistenza della vita umana , insieme a quella del resto della specie, per poter continuare l'avventura/processo che, dalla biologia alla cultura, ci ha reso umani.

- Ottavio Alberola - 22 gennaio 2022 - Pubblicato su Kaosenlared -

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