Nel corso di in suo commento a proposito di Hegel - svolto in "Metahistory. The historical Imagination in Nineteenth-Century Europe" - tutt'a un tratto, Hayden White interrompe il flusso omogeneo del suo ragionamento, per lasciarsi andare a fare un parallelo con Paul Valéry (compiendo, quindi, in questo modo, un salto di 100 anni) come quasi a ribadire la propria appartenenza intellettuale alla scena Modernista: la storia, «non insegna assolutamente proprio niente», sosteneva Valéry «con un tono assai più amaro, quasi un secolo dopo»; e nel dirlo lo faceva riferendosi a Hegel, scrive White. Hegel, invece, avrebbe enfatizzato l'«assolutamente» anziché - come aveva fatto Valéry - il «niente», prosegue White scrivendo. L'insegnamento della storia, pertanto, non risiede in tutto ciò che, in ogni resoconto, è «preciso», quanto piuttosto in quelle «trasformazioni della coscienza» che vengono generate a partire dai diversi tentativi di costruire dei… Resoconti. Qualche pagina dopo, brevemente, con una citazione del suo nome tra parentesi, Valéry torna nelle argomentazioni di White, e lo fa nel capitolo dedicato a Michelet. White lo fa portando l'esempio di Heine, il quale, mentre era «in esilio a Parigi», ebbe a dare inizio a tutta «un'offensiva contro il sapere accademico ingessato»; un'offensiva che poi sarebbe stato proseguita tanto da Marx quanto da Nietzsche, e che poi, nell'ultimo decennio del secolo, avrebbe culminato «in una rivolta generalizzata di artisti e scienziati sociali contro il fardello della coscienza storica in generale». In questo, Heine precede Nietzsche, e lo fa difendendo i «diritti della vita» nel presente, in contrapposizione alle «pretese del passato morto»; un «attacco che ha rischiato di diventare un cliché nella letteratura degli anni 1880 (Ibsen), 1890 (Gide, Mann) e nei primi del 1900 (Valéry, Proust, Joyce, D. H. Lawrence)».
fonte: Um túnel no fim da luz
Nessun commento:
Posta un commento