Darci un bel taglio: cancellare il debito
- di Robert Kurz -
Si rimprovera spesso alla critica radicale del moderno sistema di produzione delle merci di essere esoterica, utopica, impraticabile e di non essere disposta a mediare. E nel frattempo, i pragmatici dell'ordine esistente, cui l'acqua ora arriva fino al mento, sono ancora a chiedere indignati: «E allora qual è l'alternativa?». Ma se la marea della crisi continua a salire in maniera irrefrenabile, non per questo c'è bisogno di essere così tanto irritati dall'impertinenza delle critiche al sistema. Visto che non è possibile superare uno stato di riproduzione sociale, divenuto completamente insostenibile, per mezzo di una "adesione creativa"; a meno che una simile espressione popolare partorita dai Realos (il settore "realista" dei Verdi tedeschi) non faccia ora riferimento al fatto di morire. Questo non significa, tuttavia, che la tradizionale dialettica fatta di riforma e rivoluzione - di una critica di principio e di richieste quotidiane limitate - abbia perso il suo fascino; e questo anche se non è più così conveniente, come lo era ai tempi del movimento di storico di accumulazione, allorché la parola socialismo significava poco più che capitalismo di stato; e quindi non era altro che una variante del sistema di produzione di merci. Occorre definire nuovamente l'obiettivo, superando la produzione di merci e il lavoro astratto, oltre il mercato e lo Stato. Anche su questo punto, vanno tracciati dei percorsi verso la nuova meta, forme transitorie e richieste parziali immanenti che siano suscettibili di diventare caratteristiche di un movimento sociale. Dal momento che una rivendicazione parziale è sempre una rivendicazione, e non una "adesione" al presunto obbligo oggettivo, a partire dal fatto che non si potrebbe più pretendere nient'altro che co-amministrare creativamente la propria rovina. Per poter fare perfino la minima rivendicazione immanente, è necessario mettere in discussione, teoricamente e programmaticamente, tutto il sistema, fin dall'inizio. Un'alternativa immanente all'attuale co-amministrazione politica delle carenze finanziarie pubbliche e private, consisterebbe in una lotta decisa e coerente per la cancellazione del debito di tutti gli insolventi. Il grande taglio del condono del debito, a partire dal fatto che il suo peso non è più sopportabile, si è già verificato alcune volte nella storia. Il legislatore ateniese Solone liberò i contadini attici dalla schiavitù del debito nel 594 a.C. Oggi questo riguarderebbe gli Stati del terzo mondo, i comuni e le amministrazioni pubbliche sovra-indebitate di tutti i paesi. Non si possono mettere le mani nelle tasche di chi non ha più niente. Oramai, tutte le ristrutturazioni del debito, le proroghe e i ricalcoli sono solo polvere negli occhi. Il limite assoluto è stato raggiunto, nel momento in cui in paesi come l'Argentina la vita pubblica e sociale collassa, quando i comuni tedeschi chiudono biblioteche e piscine o le rendono insostenibili, quando in milioni di case vengono staccati telefono, gas e luce, o quando la gente perde addirittura la casa.
Ovviamente il problema è imputabile al sistema. L'accumulazione capitalista reale, con la terza rivoluzione industriale, ha raggiunto da tempo i propri limiti interni. A causa della mancanza di investimenti reali redditizi, il capitale monetario si trasferisce nella sovrastruttura finanziaria e crea bolle speculative. Simultaneamente, e per la stessa ragione, i profitti reali si abbassano; gli Stati, i comuni e le amministrazioni pubbliche sono costrette a indebitarsi in una misura mai raggiunta prima. E nel mentre che le bolle finanziarie cominciano a scoppiare spontaneamente, i debiti non onorati diventano oggetto di una lotta per gli interessi. I rappresentanti politico-economici del nuovo capitalismo in crisi, le istituzioni finanziarie e le amministrazioni dei beni di capitale monetario, non possono fare altro se non insistere su delle pretese che da tempo sono diventate irrealistiche. Ma per la sostanza del denaro, le registrazioni contabili devono essere mantenute a tutti i costi, e così la riproduzione sociale cade in rovina. E la politica è innanzitutto dalla parte dei creditori, ponendosi come se fosse il loro cane da guardia, sebbene il volume del debito sia solo aria e vento, proprio come i valori speculativi di borsa. La questione del grande taglio è ormai nell'aria. È ovvio che la cancellazione dei debiti inesigibili costituirebbe un grosso taglio alla riproduzione del capitale, la quale in ogni caso è già obsoleta. I creditori dovrebbero rinunciare alle loro pretese, non solo in parte, ma in toto. Verrebbero espropriati dei loro titoli di proprietà capitale-monetaria, di fatto già solo formali. Questo significherebbe la rovina di molte banche, fondi, e dei grandi proprietari di fortune in denaro. Gli ideologhi del capitalismo in crisi si rammaricano del fatto che un grande taglio colpirebbe soprattutto i risparmi dei lavoratori salariati. Questo, però, potrebbe essere facilmente evitabile, nel momento in cui lo Stato e i fondi assicurativi si assumessero la garanzia dei depositi che non superano un certo volume, corrispondente ai risparmi degli impiegati ordinari. Tutto quello che lo eccede dovrebbe essere cancellata.
Il grande taglio della cancellazione del debito non deve essere interpretato come se fosse una soluzione e un superamento definitivo del capitalismo. Solo una critica ridotta, potrebbe confondere il capitale finanziario con la relazione di capitale in sé. Marx ha fatto riferimento a questo, chiamandolo «pregiudizio popolare». La logica della crisi viene in questo modo capovolta: il capitalismo delle bolle finanziarie e del debito, non appare come se fosse la conseguenza del limite interno dell'accumulazione reale, ma invece come la causa della crisi, che avviene a partire da una sorta di maligna ingordigia. L'antisemitismo, insieme alla personificazione di quello che sarebbe una sorta di immaginario capitale ebraico "rapace", si comincia a vedere all'orizzonte.
Il pensiero emancipatore deve prendere nettamente le distanze, smarcandosi da tutte le interpretazioni economicamente volgarmente keynesiane, ideologicamente irrazionali, e assai spesso etno-neonaziste.
Presupponendo tutto questo, ed essendo consapevoli del fatto che si tratta solamente di una rivendicazione parziale, che chiama a una difesa immediata che si oppone alla distruzione della riproduzione sociale, la richiesta di cancellazione di tutti i debiti impagabili - e non solo quelli del Terzo Mondo - può diventare un motore importante di un nuovo movimento sociale mondiale.
- Robert Kurz -
Originale, "Ein grosser Schnitt: Annulierung der Schulden" pubblicato su "Neues Deutschland" del 19.09.2003 -
Fonte: Exit!
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