domenica 21 agosto 2022

Ucraina: il «grande gioco» !!

Intervista di Marcos Barreira [*1] a Tomasz Konicz sul suo libro, "Ucraina: il grande gioco"

Tomasz Konicz, pubblicherà in agosto con "Consequência Editora" il suo libro « Ucraina: il "Grande Gioco". La lotta per il potere tra Oriente e Occidente nella crisi globale ». Il libro raccoglie 20 testi che sono stati pubblicati su riviste e giornali tedeschi, tra il 2014 e i primi mesi di guerra. Konicz è un giornalista, nato nel 1973 in Polonia. Il suo blog Konicz.info, attivo dal 2005, è un blog specializzato in notizie e analisi sull'Europa orientale e sullo spazio post-sovietico visto dal punto di vista della «Critica del valore» [Wertkritik]. Ha pubblicato, tra gli altri suoi libri, «Klimakiller Kapital. Wie ein Wirtschaftssystem unsere Lebensgrundlagen zerstört.»[Mandelbaum Verlag, 2020] e «Faschismus im 21. Jahrhundert. Skizzen der drohenden Barbarei.» [Heise Medien, 2018].

NOTA:
[*1] Marcos Barreira è professore di geografia e dottore di ricerca in Psicologia sociale presso la UERJ. È ricercatore e membro del consiglio di amministrazione della Favela News Agency (ANF). Per Consequência ha collaborato ai libri ANTISSEMITISMO E NAZIONALISMO: Scritti sulla questione ebraica, di Moishe Postone (2021), e LA CRISI DEL VALORE COMMERCIALE (2019) e LA DEMOCRAZIA DIVORA I SUOI FIGLI (2020), di Robert Kurz.

Ecco l'intervista:

Marcos Barreira: «Nelle sue analisi sull'Ucraina dal 2014 in poi, e sull'escalation che ha portato all'invasione russa, lei definisce questo quadro non solo come un conflitto tra questi due Paesi, ma bensì come un conflitto assai più ampio e profondo tra Est e Ovest. A grandi linee, in generale, quali sono le cause dell'attuale guerra in Ucraina? Gli obiettivi russi sono stati raggiunti?»

Tomasz Konicz: « L'invasione russa dell'Ucraina costituisce semplicemente la prova che dopo la crisi del 2014 gli obiettivi geopolitici della Russia non sono stati raggiunti. La Russia fatto ricorso alla violenza, alla violenza militare, poiché non era in grado di raggiungere i suoi scopi con altri mezzi. La strategia russa mirava a sviluppare e formare un'Unione Eurasiatica - una grande potenza geopolitica situata tra l'Unione Europea e la Cina - dove l'Ucraina sarebbe stata un membro cruciale di tale Unione Eurasiatica. L'intervento occidentale in Ucraina nel 2014, mirava a interrompere tale processo di formazione di una grande potenza geopolitica e militare, che avrebbe potuto essere in grado di competere con l'UE su un piano di parità e che, fino all'invasione, aveva avuto un discreto successo. Le forze filorusse sono state destituite, e le forze filo-occidentali ora hanno il controllo dell'Ucraina, mentre la Russia ha annesso la Crimea e ha congelato la guerra civile nel Donbass. E, nessuna Unione eurasiatica sfiderà l'UE. Pertanto, in un certo senso si è trattato di una lotta tra l'Eurasia - un'alleanza in fieri tra Mosca e Pechino - e il sistema oceanico di alleanze degli Stati Uniti, il quale si estende sugli oceani Atlantico e Pacifico. L'Ucraina fa parte dell'Occidente o dell'Oriente? Questa lotta geopolitica e imperialista sta lacerando il Paese. La guerra in Ucraina va perciò compresa in quanto ha luogo nel contesto di una lotta per l'egemonia globale tra Cina e Stati Uniti, la quale a sua volta si trova a essere alimentata da una profonda e fondamentale crisi del tardo capitalismo. »

M.B.: « Cosa intende esattamente quando parla di un "intervento occidentale in Ucraina"? »

T.K.: « L'Occidente è riuscito a rovesciare il governo Yaukovich - che voleva allearsi con la Russia - utilizzando forze liberali e fasciste nel corso di violente proteste che sono durate una settimana. Questo ha scatenato la guerra civile e l'intervento velato e palese della Russia, compresa l'annessione della Crimea. Dal 2014, la Russia ha cercato di ribaltare l'effetto avuto dalle vittorie occidentali in Ucraina, facendo uso di mezzi politici ed economici, ma senza successo. »

M.B.: « Alcune analisi indicano un affievolimento del ruolo della NATO in quanto fattore strategico rilevante negli ultimi due decenni. Allo stesso tempo, lei ha definito Putin come una leadership che alla vigilia dell'invasione si trovava "con le spalle al muro". Questo evidenzia il carattere difensivo o aggressivo della guerra? Qual è il ruolo della NATO in questo conflitto? »

T.K.: « In una certa qual misura, sono corretti entrambi i punti di vista. L'alleanza occidentale era entrata in una crisi di legittimità, l'Europa e gli Stati Uniti si stavano allontanando tra loro, e l'erosione dell'egemonia statunitense minacciava il dollaro. Senza il dollaro, come valuta di riserva mondiale, gli Stati Uniti diverrebbero un Paese profondamente indebitato. Washington farà di tutto per fermare il declino del dollaro. L'Europa e gli Stati Uniti hanno un interesse comune nel prevenire la formazione di un'alternativa eurasiatica o cinese, che potrebbe erodere il dominio occidentale del sistema capitalistico mondiale. Dopo l'invasione, l'alleanza NATO si è vista rilanciata e ampliata. Si può pertanto argomentare che l'invasione russa dell'Ucraina ha costituito il raggiungimento tattico di un obiettivo americano: l'erosione del dominio americano nei confronti dell'alleanza occidentale è stata quanto meno temporaneamente arrestata, mentre allo stesso tempo la spaccatura tra Europa e Russia, tra Berlino e Mosca, sembrava perdurare. È stata la crisi interna, la sua crisi di egemonia, a portare gli Stati Uniti ad avere una posizione aggressiva riguardo il problema dell'espansione della NATO in Ucraina. Tuttavia, però è la stessa logica quella che si applica - e questo è sempre più evidente - all'invasione russa. Sono state le pressioni interne a portare la Russia ad attaccare l'Ucraina - e questo è tipico delle politiche imperialiste. Il Cremlino ha dovuto affrontare importanti insurrezioni in Bielorussia e nel Kazakistan, attribuite dai media russi alla sovversione occidentale. E c'è stata la guerra tra Azerbaigian e Armenia, dove la Turchia ha apertamente, e con successo, sostenuto l'invasione del territorio armeno. Tutto ciò minacciava quella che era l'egemonia della Russia nello spazio geopolitico post-sovietico. La guerra contro l'Ucraina è, in sintesi, un tentativo fatto dal Cremlino per mantenere lo status imperiale della Russia in Eurasia; e questo è un segno di debolezza, dato che tutti gli altri mezzi non sono riusciti nell'intento di fermare l'erosione dell'influenza della Russia nella regione. Washington ha quindi scelto una postura aggressiva in Ucraina, per continuare a erodere questa posizione egemonica e per impedire la formazione di una potenza eurasiatica, e così Mosca ha attaccato l'Ucraina al fine di prevenire e di invertire il suo declino nello spazio geopolitico post-sovietico. Entrambe sono strategie imperialiste aggressive. Scegliete il vostro veleno! »

M.B.: « A seconda del campo ideologico, Putin, ora appare a volte come se fosse un alleato dell'estrema destra europea, e altre volte come uno che vuole fermare l'espansione della NATO e "denazificare" l'Ucraina. Come vede la leadership politica del Cremlino, e il suo rapporto con le diverse correnti politiche europee? »

T.K.: « A prima vista, Putin rappresenta entrambe le cose. Sembra essere un reazionario che sta spianando la strada al fascismo, e che nel mentre sostiene di combattere contro le forze fasciste. Le prove del sostegno russo all'estrema destra in Europa, sono schiaccianti. La Russia sostiene i partiti di destra in Francia, e il Cremlino ha eccellenti legami con le forze di destra in Germania. Questo sostegno non ha solo motivazioni geopolitiche, al fine di destabilizzare i Paesi occidentali, come avviene nello spazio post-sovietico. La Russia di Putin non è solo autoritaria ma è anche profondamente reazionaria, e mira a ricostruire la vecchia gloria imperiale. Non definirei la Russia fascista, ma quel Paese è in fase di "fascistizzazione"; dove il vero pericolo è rappresentato dalle forze che prenderanno il controllo quando Putin se ne andrà. D'altra parte, in Ucraina ci sono forze fasciste, soprattutto all'interno delle Forze Armate, le quali sono impegnate in un confronto con Mosca. Queste forze sono state determinanti nel rovesciamento del governo filorusso durante la crisi del 2013/2014 e nella guerra civile che ne è seguita. A mio avviso, però, non si tratta di un'inimicizia ideologica. Si tratta piuttosto di un conflitto tra due diversi nazionalismi. Per raggiungere i suoi obiettivi geopolitici in Ucraina, l'imperialismo russo sta solo sfruttando il fatto che l'Occidente ha sostenuto e strumentalizzato i fascisti. »

M.B.: «Nei suoi testi troviamo un frequente ricorso ad analogie storiche con le dinamiche conflittuali dell'epoca dell'imperialismo classico, esistito alla fine del XIX secolo, e con l'idea di un "grande gioco" che risale alle dispute tra l'impero russo e quello britannico. Quanto è importante oggi il concetto di imperialismo?»

T.K.: « Oggi, nell'era della crisi sistemica del tardo capitalismo - dove ci sono popolazioni in esubero, soprattutto nel Sud globale - il sistema mondiale sta vivendo la contrazione del capitale, nella quale gli Stati falliti e le economie in crisi generano guerre civili e migrazioni di massa. E quindi il muro, il confine, fortificato per cercare di tenere a bada le popolazioni superflue del Sud, è diventato il simbolo di quest'epoca di imperialismo. Gli Stati competono tra loro, per scaricare sulla concorrenza le conseguenze negative della crisi: ad esempio, per mezzo di guerre valutarie, attraverso il protezionismo e il recupero delle eccedenze, e ora attraverso le guerre, come in Ucraina. Si tratta di un'escalation. Ogni Stato che - nell'era della crisi - perde nella lotta imperialista, è destinato a disintegrarsi. Immaginiamoci il Titanic, dove la prima classe combatte contro la seconda per i pochi posti rimasti sui ponti superiori, mentre la nave sta lentamente affondando, oppure un iceberg che si sta sciogliendo, dove nel mentre vediamo tutti che cercano di rimanere in cima il più a lungo possibile: ecco cos'è l'imperialismo nella crisi socio-ecologica del capitalismo. Nel lungo periodo, non vince nessuno; abbiamo piuttosto una parte, quella "vincente", che può solo perdere più lentamente. In questo mortale imperialismo di crisi, non si tratta solo della crisi economica, delle montagne di debito globale che impongono strategie economiche orientate all'esportazione e al protezionismo. Ormai, nella geopolitica, la crisi climatica è già un importante terreno di scontro: l'Ucraina ha un suolo molto fertile, il quale, man mano che si sviluppa la crisi climatica, diventa sempre più prezioso. se viene visto come prezzo geopolitico. »

M.B.: « Lei parla dell'importanza che avrebbe un ampio movimento immediato per la pace. Come si realizzerebbe concretamente? In Russia anche le più piccole manifestazioni sono state brutalmente represse. Vede la possibilità che in Europa questo movimento si rafforzi? Le recenti proteste di Bruxelles - che, secondo gli organizzatori dell'evento, hanno portato in piazza 80.000 persone - vanno in questa direzione? E qual è la prospettiva oggi, nel contesto della sinistra tedesca, di un simile movimento? »

T.K.: « La necessità di un ampio movimento per la pace, nasce dal suddetto carattere della guerra in Ucraina, che costituisce un campo di battaglia per le lotte di potere dell'imperialismo in crisi. Come ho detto, la crisi spinge le potenze imperiali allo scontro, dove le contraddizioni interne vengono superate dalle espansioni esterne. Più la crisi si aggrava, più aumenta il pericolo di una grande guerra imperialista che potrebbe porre fine alla civiltà umana in quanto tale, e questo a causa delle capacità distruttive accumulate nel tardo capitalismo. E c'è un punto centrale. Il movimento per la pace deve saper rispondere alla crisi, ma deve anche essere un movimento radicale per la trasformazione del sistema in senso post-capitalista. Diversamente, è inefficace e degenera in uno strumento delle forze imperialiste antagoniste (per la Russia in Occidente, per l'Occidente in Russia). È quindi necessario un ampio movimento per la pace. Tuttavia, sono scettico per quel che riguarda le condizioni pratiche. Non vedo l'opportunità per un movimento contro la guerra in Russia, in questo momento in cui la repressione contro le forze progressiste e di sinistra è sempre più ampia e intensa; ma posso tuttavia immaginare che la situazione possa cambiare, man mano che la guerra si trascina e il Cremlino si vede costretto a mobilitare le riserve per lo sforzo bellico. In Occidente, soprattutto in Germania, non esistono forze radicali in grado di portare avanti l'idea della trasformazione. Nella sinistra tedesca, la discussione si riduce alla mera riproduzione del conflitto: ci sono forze di sinistra liberali o opportuniste, a sinistra dei "Verdi", che sostengono l'Ucraina e la NATO. E ci sono marxisti ortodossi, nazionalsocialisti e sezioni della "Linkspartei" [Partito della Sinistra], per esempio, che sostengono Putin. È tutto quanto piuttosto deprimente. »

M.B.: « Nei suoi scritti, uno dei temi più evidenti è il contesto di crisi dell'Europa dell'Est, e come questi Paesi siano diventati un laboratorio per le correnti neofasciste. Potrebbe parlare un po' delle dinamiche della crisi in quella regione e delle sue implicazioni? »

T.K.: « Non direi che si tratti di un laboratorio, questo perché nessuno aveva previsto che l'Europa orientale diventasse un terreno di coltura per le forze di estrema destra e populiste. Sono molti gli Stati dell'Europa orientale e centro-orientale dove è già stata raggiunta un'egemonia di destra: Russia, Ucraina, Ungheria e anche, in misura minore, Polonia. L'erosione degli standard democratici in Ucraina durante la guerra, così come il regime apertamente autoritario in Russia, oscurano il semplice fatto che dei processi autoritari simili sono in corso anche in Ungheria e in Polonia, per quanto non ancora in modo così drammatico. Prima dello scoppio della guerra, a Bruxelles ci sono stati importanti scontri con Varsavia e Budapest, riguardo l'erosione degli standard democratici in quei Paesi. Tutta l'intera regione ha un bagaglio storico di regimi autoritari, e questo vale anche per l'epoca della dominazione sovietica e del socialismo di Stato sovietico. Non c'è mai stato un movimento di modernizzazione culturale simile alle rivolte del 1968, come in Europa occidentale. E dopo il crollo del sistema sovietico negli anni Novanta, ci sono state profonde onde d'urto economiche e sociali. In Russia, ad esempio, esiste un profondo legame ideologico tra democrazia liberale e declino economico, che deriva da questo periodo di collasso della società russa. »

M.B.: « Per finire, vorrei affrontare un tema poco studiato in America Latina e, forse, in tutto l'Occidente, vale a dire la geopolitica dello "spazio post-sovietico". Da questa regione non mancano le notizie sull'aggravarsi della crisi e sulle proteste violente, oltre a quelle sui conflitti militari più o meno "congelati". Quali sono i principali punti di tensione in questa regione nel "grande gioco" tra Est e Ovest? »

T.K.: « Questa regione, abbastanza complessa, potrebbe essere il tema di un'altra conversazione. In generale, lo spazio post-sovietico è caratterizzato dall'assenza di una modernizzazione capitalistica. Nessuna delle economie è stata in grado di sviluppare delle industrie che si rivelassero competitive sul mercato mondiale (l'industria militare russa è, o era, un'eccezione). A quella regione non rimaneva da fare altro che vendere le proprie risorse naturali, oppure cadere nella povertà e nella migrazione (come in alcuni Stati dell'Asia centrale o in Armenia). La strategia imperialista della Russia si basa sul controllo del petrolio, del gas e delle risorse naturali, in quanto risultato dei falliti tentativi di modernizzazione. La povertà, e i regimi oligarchici che ne derivano, nella maggior parte delle società post-sovietiche, dove la ricchezza è distribuita in modo piuttosto diseguale, hanno provocato un diffuso malcontento - e queste società si aprirebbero all'intervento straniero, se esse non fossero più o meno autoritarie, o addirittura apertamente dittatoriali. Ci sono state grandi rivolte in Bielorussia e Kazakistan, poco prima che il Cremlino decidesse di invadere l'Ucraina. E ci sono, ovviamente, tutti quei conflitti militari rimasti congelati dopo il crollo dell'Unione Sovietica. E alcuni di essi potrebbero ancora trasformarsi rapidamente in un conflitto assai più caldo; ad esempio il conflitto tra Armenia e Azerbaigian per il Nagorno-Karabakh nel 2020. Qualcosa di simile sta accadendo in Moldavia, dove la regione separatista della Transnistria è controllata dai separatisti russi; si trova al confine sud-occidentale dell'Ucraina, e uno degli obiettivi di guerra del Cremlino sembra indicare un collegamento tra questa regione e Odessa. Nel Caucaso, la regione separatista filorussa dell'Ossezia del Sud, la quale fa parte della Georgia, sta cercando di unirsi alla Federazione Russa. Nel 2008, la Georgia ha già tentato, e ha fallito, di conquistare la regione nel corso di una breve guerra estiva contro la Russia. E non dobbiamo dimenticarci di [Ramzan] Kadyrov, in Cecenia, che invia molti battaglioni armati nella guerra in Ucraina. L'elevato numero di vittime potrebbe anche portare alla riattivazione di movimenti separatisti, e persino a delle nuove insurrezioni da parte delle forze islamiste. »

- Intervista di Marcos Barreira a Tomasz Konicz - 19/8/2022 -

fonte: Blog da Consequência Editora

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