Abbracciare il caos
- di Tomasz Konicz -
Le grossolane pratiche lobbistiche e commerciali relative al servizio di trasporto "Uber" - basato su un App - si trovano perfettamente in linea con quello che è il suo brutale modello di impresa; e sono espressione dei processi di inselvaggimento che, in seguito alla crisi, vediamo in atto nei centri capitalisti.
I cosiddetti "Uber Files", costituiti da circa 124.000 documenti interni, sono stati resi noti alla stampa da Mark MacGann, in precedenza uno dei capi della lobby del servizio di trasporto per l'Europa, il Medio Oriente e l'Africa. La corrispondenza aziendale, analizzata dal britannico "Guardian", rivela quali sono stati i rozzi metodi - che ricordano lo stile iniziale del capitalismo - utilizzati, tra il 2013 e il 2017, da quella che è indiscutibilmente l'azienda più nota della cosiddetta Gig Economy, basata su Internet, al fine di perseguire la sua aggressiva strategia di espansione tra il 2013 e il 2017.
La principale attività di Uber consiste nell'organizzazione e nello sfruttamento di quei lavoratori che vengono pagati a giornata nel contesto di un mercato digitale specializzato in trasporto di passeggeri. Per tutti i trasporti forniti tramite la sua App, l'impresa in questione applica una commissione pari al 25% della tariffa, e in molti Paesi i fornitori di questo servizio sono dei falsi lavoratori autonomi, i quali, per poter lavorare, devono assumersi tutti i rischi, oltre a mettere a disposizione i loro propri veicoli.
In alcuni casi, per la dirigenza di Uber era del tutto chiaro che il servizio di trasporto stesse semplicemente operando al di fuori delle leggi e dei regolamenti in vigore in ciascun paese. Ad esempio, in una corrispondenza del CdA, si diceva che il gruppo avrebbe dovuto astenersi dal rilasciare «dichiarazioni antagoniste», dal momento che il suo modello di impresa «in molti Paesi, non era legale». Nelle mail interne, i dirigenti scherzavano a proposito del fatto che ora erano «diventati ufficialmente dei pirati». In una e-mail del 2014, il responsabile delle comunicazioni dell'azienda come la società si era spesso trovata nei guai semplicemente a causa del fatto che le sue pratiche erano «più che illegali». Al fine di riuscire a salvaguardare la propria posizione giuridica - secondo la corrispondenza analizzata - Uber ha cercato, come parte di un'elaborata campagna di lobbying, di sollecitare l'introduzione di opportune modifiche legali. Solo nel 2016, per ingrassare la macchina politica, l'azienda - provvista di un abbondante capitale di rischio - avrebbe stanziato circa 90 milioni di dollari. A quanto pare, i vertici politici di Stati Uniti e Unione Europea sarebbero stati assai ricettivi riguardo le richieste del conglomerato Gig in rapida espansione che, secondo il Guardian, aveva l'abitudine di cercare delle «vie non ufficiali per l'accesso al potere» agendo sugli «amici e intermediari» dei responsabili delle decisioni, preferendo piuttosto cercare i politici per avere dei colloqui intimi, «senza che ci fosse la presenza di consulenti». In questo modo, per assicurarsi il loro sostegno in Paesi come la Russia e l'Italia, dei funzionari influenti sono stati trasformati in «investitori strategici». Inoltre, Uber ha comprato anche degli accademici, i quali hanno fornito all'azienda delle buone referenze riguardo quelle che sono le sue pratiche commerciali in relazioni commissionate.
Si dice che centinaia di politici siano stati manipolati dai lobbisti di Uber. Tra gli obiettivi principali della campagna di lobbying, possiamo trovare anche l'attuale presidente degli Stati Uniti Joe Biden che, secondo quanto trapelato, a margine del World Economic Forum di Davos nel 2016, ha avuto un incontro con il cofondatore di Uber Travis Kalanick. In un'e-mail, Kalanick si è lamentato del ritardo di Biden, e ha avvertito il vicepresidente che «ogni minuto di ritardo sarà un minuto in meno con me». Biden - che all'epoca sosteneva Uber - dopo l'incontro di Davos non ha risparmiato elogi, affermando che Uber sta dando a milioni di lavoratori la libertà di «lavorare tutte le ore che vogliono, vivere la propria vita come vogliono». Un altro importante sostenitore di Uber risiede attualmente all'Eliseo. I file di Uber rivelano che il presidente francese Emmanuel Macron ha incontrato più volte i rappresentanti del servizio di trasporto durante il suo mandato di ministro dell'Economia, ed è intervenuto a loro favore nel 2015 nella città portuale di Marsiglia, nel sud della Francia, dove doveva essere imposto un divieto di fatto sul trasporto Uber a seguito di scontri e proteste da parte dei tassisti. Macron avrebbe accettato di «esaminare personalmente la questione» dopo un intervento di MacGann. Poco dopo, il successo del prefetto di Marsiglia è stato disattivato. In una valutazione del gruppo Uber, questo è stato considerato un successo ottenuto grazie alla «massiccia pressione esercitata da Uber». Secondo la corrispondenza interna, gli incontri tra i rappresentanti di Uber e Macron si sono svolti in un'atmosfera «calorosa, amichevole e costruttiva».
Il modo in cui funziona concretamente la famigerata porta girevole tra politica e affari, emerge chiaramente dalla corrispondenza dell'azienda con l'ex commissario europeo alla concorrenza Neelie Kroes, che ha continuato ad agire informalmente come lobbista di Uber anche durante tutto il periodo di restrizione successivo alle sue dimissioni dall'incarico; e ciò nonostante che la Commissione europea le avesse vietato di farlo. Secondo la corrispondenza via e-mail del gruppo, la Kroes, che è olandese, sarebbe intervenuta presso il governo olandese durante un raid della polizia contro Uber ad Amsterdam per «costringere le autorità a fare marcia indietro». Tuttavia, la collaborazione con l'ex commissario europeo era «strettamente confidenziale» e l'e-mail proseguiva dicendo che non avrebbe dovuto essere menzionata nei documenti dell'azienda. A causa dei conflitti legali con le autorità, e delle frequenti incursioni della polizia, sembra che le filiali di Uber abbiano addirittura installato dei "kill switch" sui loro sistemi informatici; i quali possono essere attivati per rendere inaccessibili tutti i dati sensibili. Questo software sarebbe stato utilizzato nelle indagini avvenute in diversi Paesi, tra cui Francia, Belgio e Paesi Bassi. Inoltre, la direzione dell'azienda sarebbe stata pronta a rischiare, o addirittura a provocare scontri violenti tra autisti Uber e tassisti. In seguito ai tafferugli provocati dai tassisti a Parigi, Kalanick ha fatto un appello a organizzare delle contro-proteste; minimizzando inoltre anche circa gli avvertimenti di attacchi che potrebbero provenire da «facinorosi di estrema destra», affermando che «la violenza avrebbe garantito il successo» delle proteste.
Secondo il "Guardian", la strategia di Uber è stata quella di usare gli autisti come "armi" e sfruttare la violenza nei loro confronti al fine di ottenere concessioni politiche relative a norme e regolamenti pertinenti. Questo metodo è già stato utilizzato in Italia, Spagna, Belgio, Svizzera e Paesi Bassi. La «narrazione della violenza dovrebbe essere consentita per alcuni giorni», si legge nelle e-mail a proposito dei disordini nei Paesi Bassi, «prima che venga offerta una soluzione». A volte, la corrispondenza interna esortava il management ad «abbracciare il caos» di quello che è un mondo tardo-capitalista in crisi, laddove anche le pratiche commerciali legali stanno diventando sempre più brutali e mafiose. Uber deve generare crescita anche quando «gli incendi divampano», ha detto Kalanick in un'e-mail di motivazione ai dirigenti; questa è «una parte normale» dell'attività di Uber: «Abbraccia il caos. Ciò vuol dire che stai facendo qualcosa di significativo».
Per quanto l'espansione spinta in questo modo non abbia avuto successo in tutti i Paesi e le città, gli investimenti delle lobby hanno avuto buon esito a livello globale: oggi Uber vale 43 miliardi di dollari, con un fatturato annuo di 17 miliardi di dollari, e gestisce ogni giorno 19 milioni di trasporti in 72 Paesi. Decine di migliaia di falsi lavoratori autonomi - i quali a volte sono costretti a dormire in macchina a causa dei loro miseri salari - si guadagnano da vivere come lavoratori a giornata per la piattaforma internet.
La crescita vertiginosa di Uber difficilmente avrebbe potuto essere rallentata da normative legali e da un'attività politica sempre aperta al denaro delle lobby; questo è accaduto solo con la pandemia, portando a un calo delle vendite e a pesanti perdite. Inoltre, le critiche al lavoro digitale a giornata - su cui si basa l'economia della piattaforma di Uber & Co - hanno tratto nuovo impulso dalla pubblicazione degli Uber Files. In Italia, in risposta alle rivelazioni, i tassisti hanno protestato contro la società e contro i piani di liberalizzazione del governo del primo ministro Mario Draghi. Allo stesso tempo, nel cantone svizzero di Ginevra, i sindacati hanno chiesto l'intervento dello Stato a partire dal fatto che Uber continuava ad aggirare le norme sul lavoro in base alle quali gli autisti di Uber sarebbero dei dipendenti.
- Tomasz Konicz - Pubblicato originariamente su Jungle World del 27/7/2022 -
fonte: Tomasz Konicz. Nachrichten und Analysen: Wertkritik, Krise, Antifa
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