Frazer (Il ramo d'oro) afferma che la magia opera in base a due principi, a due idee: da un lato, l'idea che il simile produce il simile, ovvero che l'effetto è simile alla causa; dall'altro, l'idea che le cose - una volta entrate in contatto - continuano ad agire a distanza, le une sulle altre, e questo anche dopo che il contatto fisico sarà finito (una sorta di legge del contagio). Lévi-Strauss (Il pensiero selvaggio), a sua volta, commentando a proposito del metodo di seguire le piste nel deserto australiano (l'aborigeno che legge le impronte, le nuvole, i venti), sottolinea come tale metodo sia correlato al sistema di "navigazione" così come esso viene usato dall'abitante della grande città (la lettura dei segnali stradali, lo sguardo di un altro guidatore, la variazione del rumore dei motori), e da tutto ciò ne trae che entrambi sono dei sistemi di controllo di quei segni che richiedono intelletto.
Il potere del cane - il film di Jane Campion - articola, unendoli, entrambi i registri: abbiamo così una narrazione del contagio che si svolge in parallelo con un'educazione dello sguardo. Le posizioni temporali, tuttavia, si mescolano in modo complesso: il contagio riguarda tanto l'avvelenamento di Phil quanto il suo precedente rapporto con Bronco Henry; l'educazione del castratore di vitelli si svolge sia nel contesto del rapporto tra Phil e Bronco Henry che nel contesto di quello tra Phil e Peter (che in parte inverte tale relazione, e lo fa nel momento in cui mostra bruscamente a Phil che anche lui è in grado di vedere e riconoscere il cane sulla faccia della montagna). Così, nel film, la scatola segreta che contiene le riviste di Bronco Henry serve da oggetto-feticcio, il quale chiude il circuito della triangolazione Phil-Peter-BH (garantendo che il contagio si diffonda nel tempo, perfino decenni dopo la morte del proprietario della scatola).
Il contagio (del veleno, in Phil) avviene attraverso il taglio; il taglio nella mano nel momento in cui si insegue un coniglio spaventato che si è nascosto in un mucchio di pezzi di legno. Il taglio, del resto, è solo un dettaglio che spicca nella composizione generale del film e del personaggio - in altre parole, è un punctum. Nel suo "La camera chiara", Barthes parla del punctum inteso proprio come "ferita" o come "puntura", vale a dire quello che, in un'immagine, si traduce in una "ferita" dell'occhio/ dello sguardo, in un colpo, in un taglio, in una "punteggiatura" (così, è degno di nota quindi il fatto che il dettaglio del taglio nella mano di Phil sia proprio un punctum, cosicché la ferita del corpo è simultaneamente allo stesso tempo anche la ferita dell'immagine; è il punctum ciò che chiama lo sguardo, ciò che attira lo sguardo, che galvanizza l'attenzione e rende possibile il contagio - e, con ciò, anche la conclusione, il climax, l'apice, la catarsi, il godimento).
fonte: Um túnel no fim da luz
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