Robert Kurz: Lo Stato non è il salvatore supremo. Tesi per una teoria critica dello Stato
Dire che Marx non ha lasciato una teoria finita dello Stato e della politica, equivalente alla sua critica dell'economia politica, è diventato ormai un luogo comune. Tuttavia, fin dal suo sottotitolo il Capitale implica la sfera politica e lo Stato in quanto componenti essenziali del capitalismo. Ciò nonostante, proprio a partire da questo, lo sviluppo delle categorie economiche di Marx rimane incompleto. Il marxismo del movimento operaio, storicamente obsoleto, costituisce quella che è anche l'eredità, l'espressione e la conseguenza di un simile deficit. Quanto alla sinistra socialista, dopo il fallimento dei modelli autoritari di socialismo, essa è diventata una semplice appendice superflua del liberalismo economico. Se, da un lato, la sua ala radicale si è rifiutata di seguire questo sviluppo, dall'altro lato, l'incapacità di affrontare quelli che erano i deficit della sua teoria dello Stato ha fatto sì che la più parte della sinistra arrivasse a concepire un'alternativa alle atrocità dell'economia neoliberale solo nella forma di un ritorno a uno Stato keynesiano.
La nuova elaborazione della teoria critica, finché si concentra sulle categorie economiche, senza riuscire a includere in maniera sistematica la loro relazione con lo Stato, continua a non essere per niente all'altezza della sua pretesa di aggiornare la critica radicale. E questo appare tanto più vero proprio all'inizio del XXI secolo, nel momento in cui gli Stati, le loro banche centrali, le loro politiche climatiche e i loro apparati repressivi e di sorveglianza si stanno nuovamente ponendo ancora una volta al centro delle contraddizioni, a causa di quella che appare come la nuova qualità della crisi fondamentale del capitalismo. È da tempo che ci si aspetta un'estensione della critica della dissociazione-valore alla teoria dello Stato. Quale relazione lega in maniera intrinseca lo Stato moderno e il capitalismo? In che modo può essere detto che qualsiasi movimento emancipatore, per essere coerente, non può escludere dai propri obiettivi la dissoluzione dello Stato?
Senza mai rinunciare a un' argomentazione sistemica, Robert Kurz esamina queste domande sotto forma di tesi. In uno stile straordinariamente efficace, l'autore passa in rassegna il principale pensiero politico, sia quello fondante e apologetico, nonché quello critico e oppositivo, e cerca di stabilire nuove basi per una teoria critica dello Stato. Il punto di partenza sono allo stesso tempo sia i limiti della critica anarchica di Bakunin allo Stato, sia il pensiero frammentario, e concettualmente incoerente, di Marx ed Engels, così come esso appare nel dibattito con i seguaci di Bakunin e in relazione alla Comune di Parigi. Si tratta quindi delle aporie ideologiche e delle distorsioni della teoria borghese dello Stato, viste nel contesto dello sviluppo capitalista e che vengono affrontate in Hobbes, Rousseau, Hegel e Kant; ma anche dell'intero processo di statalizzazione delle società, dell'istituzione del soggetto politico moderno, dell'emergere dell'imperialismo e della forma dittatoriale dello Stato, e il suo proseguimento nel contesto delle modernizzazioni in ritardo e del movimento operaio. E alla fine, affrontando la fede positiva della socialdemocrazia nello Stato, l'autore si riferisce alla costituzione di una sinistra che sia all'altezza delle sfide poste dal disastro.
Robert Kurz - "L'État n'est pas le sauveur suprême. Thèses pour une théorie critique de l'Etat" - Crise & Critique - ISBN : 9782490831180 200 p. - 14 x 20,5 cm - Collection Palim Psao - Traduction : Johannes Vogele - 17,00€
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