venerdì 11 febbraio 2022

Straccivendoli…

Durruti senza miti e senza labirinto, e altre immagini
di Agustín Guillamón

"Durruti senza miti e senza labirinto, e altre immagini", di Agustín Guillamón, pubblicato a Madrid (gennaio 2022) dalla Fundación Aurora Intermitente e Sueños de Sabotaje. In collaborazione con: Queimada.
Balance
. Quaderni di storia. Febbraio 2022. Numero di pagine: 92. Dimensiones: 190 cm × 125 cm.

Tabella dei contenuti:
Prefazione di Octavio Alberola
     Biografia di Durruti
     Lettera di Durruti dal carcere (1933)
    Il bar "LA TRANQUILIDAD" e il 19 luglio 1936 sul Paralelo
    Parla Durruti (novembre 1936)
    I comitati di difesa della CNT (1931-1938)
    La Barcellona rivoluzionaria. Dal luglio 1936 al maggio 1937
    Chi ha guidato e chi ha strangolato l'insurrezione del maggio 1937?

Allegati:
Allegato 1: Lettera di Durruti alla Generalitat de Catalunya per protestare, a nome del Comitato di Guerra, contro la militarizzazione della sua colonna. Datato a Osera il 1° novembre 1936.
Allegato 2: Ordine dei comitati superiori a Durruti per la sua immediata incorporazione al Fronte di Madrid. Decisione presa in un plenum della Catalogna il 9 novembre 1936.

Il libro è costituito da sette immagini, assolutamente autonome e indipendenti tra di loro e che, unite a formare un libro, compongono un insieme strutturato che amplia, trasforma e moltiplica le immagini stesse, insieme al contenuto di ciascuna di queste immagini. Per immagini, intendiamo un'illustrazione precisa e dettagliata di un paesaggio, di una persona o di una località, realizzata dall'agile tratto del magistrale lapis di un disegnatore (come Sim) o dalla fotografia ottenuta grazie a un dispositivo meccanico. Ma ci sono anche scrittori che riescono a costruire delle immagini con due o tre frasi, scrittori come Mary Low o come George Orwell. Non una sola parola viene tralasciata, non manca mai né una virgola né una parentesi. Con pochi e semplici mezzi, definiscono e inquadrano una situazione, ritraggono una personalità o sintetizzano una vita. Creano così delle immagini. E queste immagini, queste fotografie, riescono a rendere eterno il tempo di un istante, di alcuni giorni o perfino di alcuni mesi, riuscendo a catturarne quella che ne costituisce la loro più profonda essenza.

E tuttavia, nel loro insieme, le sette immagini in questo libro producono come la sensazione di un movimento tellurico, mettendo in atto una sorta di incastro finale di tutti i pezzi del puzzle, che riesce a spiegare tutte e ciascuna immagine, collocandole in una struttura solida ed esatta che spiega tanto la breve e luminosa esplosione della rivoluzione quanto sua la dolorosa oscurità e morte.
Sono solo tre le immagini scelte per disegnare il profilo del rivoluzionario Buenaventura Durruti; le altre quattro mostrano invece il terremoto collettivo, massiccio e popolare dell'evento rivoluzionario, per lasciare poi spazio all'orribile e sanguinoso assalto da parte della controrivoluzione stalinista e repubblicana. E queste quattro immagini mostrano e spiegano come Durruti non si fosse perso in alcun labirinto.
Guillamón ci propone perciò un Durruti senza miti, il quale si pone altrove e al di là, sia rispetto alla sua divinazione che ne è stata fatta da alcuni, sia alla sua demonizzazione da parte di altri; e anche lontano dalla sua banalizzazione da parte di altri ancora. Durruti non è stato un dio, ma non è stato neppure un eroe del popolo. Era un rivoluzionario in mezzo a migliaia di altri. Questo libro, costituito da queste sette immagini, si conclude includendo due importanti quelle che sono le due appendici documentarie allegate: la prima è la protesta di Durruti contro la militarizzazione della sua colonna; la seconda è l'ordine che il 9 novembre 1936 viene dato a Durruti, di marciare verso Madrid. L'insieme dei sette capitoli e delle due appendici ci mette di fronte all'essenza della figura di un rivoluzionario, che viene scolpita con l'etica della conoscenza e della lotta per la storia, nella forma di un libro.

Il passato scorre via, come fosse acqua tra le nostre mani; e quello che vediamo è il volto smarrito, sconvolto da un grido profondo e muto, dell'angelo della storia che rimane inorridito di fronte alla distruzione, mentre viene trascinato indietro verso il futuro da un vento d'uragano, le sue ali paralizzate mentre tutto muore e si sgretola sotto i suoi occhi e il mondo diventa impreciso, avvizzito, decrepito, irriconoscibile e rovinoso. Tutto ciò che è solido svanisce nell'aria. Durruti, santificato e mummificato, viene assassinato due volte: viene promosso a Tenente Colonnello dell'Esercito Popolare, facendogli dire, mentre accenta l’incarico, che rinuncia a tutto, tranne che alla vittoria. Così, la rivoluzione svanisce come se fosse stato solo un bel sogno, senza quasi lasciar tracce. Nulla rimane immutato, se non l'annichilimento di ogni cosa. E come raccontarlo, se non citando Walter Benjamin e il suo Angelus Novus?

La documentazione che è stata rinvenuta negli archivi è la conditio sine qua non della scienza storica. Gli archivi sono i luoghi dove dei ricercatori come Guillamón ottengono la maggior parte dei documenti che poi sostengono la loro narrazione; essi sono quei vimini con cui il narratore cerca di costruire una cesta (il racconto storico) che possa servire a ordinare e a contenere tutte quelle immagini della Rivoluzione e della Guerra. E a volte, questi archivi - così tanti e così diversi - dovunque nel mondo si trovino, sono miseri e avari e ci lasciano rivolgere a malapena solo uno sguardo su ciò che è realmente accaduto. Pertanto, allora, in quei casi la cesta rimane incompiuta, appena abbozzata, ma i contorni costruiti, se guardati insieme alle parti rimaste vuote, ci offrono comunque un insieme globale che ci permette di intuire quale sia la vera forma del cesto e, in alcune rare occasioni, anche il suo contenuto.

Storici accademici, dottorandi in cerca di una greppia, mitomani nazionalisti, nostalgici stalinisti riciclati e ridicoli ciarlatani di un'obsoleta ortodossia di cartapesta, si limitano sempre e solo a confezionare il medesimo cesto, quello che risiede nella loro testa, oppure quello che si sono comprati; non importa su quali documenti abbiano messo le loro mani. Di solito sono dei cesti assolutamente perfetti, ma falsi.
Gli straccivendoli e i collezionisti di vecchie carte - come Guillamón definisce sé stesso - fabbricano la cesta che possono con il materiale che trovano, e se necessario tornano a rovistare nella spazzatura che avevano prima scartata come inutile, e si nutrono di quei succulenti rifiuti che hanno trovato frugando. Quelli dello straccivendolo, sono metodi estranei, e si trovano in opposizione, ai metodi dell'accademico: si respingono e si combattono l'un l'altro. Ma il sistema selvaggio dello straccivendolo non è soltanto infinitamente migliore di quello accademico; esso è in realtà l'unico metodo valido, veritiero ed eticamente possibile. Ecco perché qui abbiamo delle splendide immagini di Durruti, della Rivoluzione Sociale e del suo fallimento, le quali si basano sempre su un rigoroso e solido lavoro di indagine precedente, senza padroni né sovvenzioni, o altre servitù materiali o ideologiche che condizionano i risultati.

fonte: lignes de force

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