La crisi dell'Ucraina e l'accordo tra Cina e Russia
- di José Luis Fiori -
«Ormai non esiste più un unico "criterio etico", e nemmeno un unico giudice che abbia il potere di arbitrare tutti i conflitti internazionali sulla base della propria "tavola dei valori". E non è più neanche possibile espellere i "nuovi peccatori" dal "paradiso" inventato dagli europei, come avvenne con i leggendari Adamo ed Eva. Allo stesso modo in cui ha avuto fine questa supremazia, potrebbe essere possibile, se non addirittura necessario, che l'Occidente impari a rispettare e a convivere pacificamente con la 'verità' e con i 'valori' delle altre civiltà.»
(José Luis Fiori, O mito do pecado original, o ceticismo ético e o desafio da paz, Editora Vozes, 2021, p. 464)
All'inizio di questo 2022, ci sono stati due eventi che hanno scosso lo scenario mondiale: il primo è stato l'ultimatum russo, lanciato a metà dicembre 2021 e indirizzato agli Stati Uniti, alla NATO e ai paesi membri dell'Unione Europea, che chiedeva il ritiro immediato della NATO in Ucraina, e proponeva una revisione completa della "mappa militare" dell'Europa centrale, definita dagli Stati Uniti e dai suoi alleati dell'Alleanza Atlantica dopo la vittoria nella guerra fredda. Il secondo è stata la "dichiarazione congiunta" della Federazione Russa e della Repubblica della Cina del 7 febbraio 2022, che proponeva una "rifondazione" dell'ordine mondiale, così come era stato stabilito dopo la seconda guerra mondiale, e approfondito dopo la vittoria degli Stati Uniti e dei loro alleati nella guerra del Golfo nel 1991. I due documenti propongono una "revisione" dello status quo internazionale, ma mentre il primo contiene obiettivi e richieste immediate e localizzate, il secondo rappresenta invece una vera e propria proposta di "rifondazione" del sistema interstatale "inventato" dagli europei. Entrambi, tuttavia, in questo momento stanno puntando a una profonda riconfigurazione del sistema internazionale.
Riguardo l'«ultimatum russo», la questione immediata in gioco è l'incorporazione dell'Ucraina nella NATO, ma il vero problema di fondo è la richiesta russa di una revisione delle "perdite" e delle "limitazioni" che le sono state imposte dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica. Dopo il 1991, la Russia ha perso 5 milioni di chilometri quadrati e 140 milioni di abitanti, ma ora si propone di ridurre queste perdite espandendo la sua influenza nei suoi dintorni strategici e rimuovendo la minaccia al suo territorio costituita dalla NATO e dagli Stati Uniti. Questo ultimatum era perfettamente prevedibile, ed è stato annunciato da molto tempo, almeno dalla "guerra georgiana" del 2008. La grande novità di ora, è che la proposta revisionista dei russi avrebbe dovuto procedere senza guerra, grazie a una partita a scacchi estremamente complessa, nella quale vengono accumulate minacce militari ed economiche, ma dove non dovrebbe esserci uno scontro diretto, nonostante la propaganda e l'isteria psicologica provocata dai successivi annunci dell'«invasione che non c'è stata», soprattutto da parte degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. La Russia ha ottenuto una vittoria immediata riuscendo a portare tutti gli altri attori coinvolti intorno a un tavolo, per discutere i termini della sua proposta. Ed è molto probabile che le sue principali richieste verranno soddisfatte, senza invasione né guerra. Oltre a tutto questo, le discussioni hanno mostrato la divisione tra le potenze occidentali e la mancanza di iniziativa e di leadership da parte del governo nordamericano, il quale si è limitato a ripetere la stessa minaccia di sempre: che avrebbe imposto nuove sanzioni economiche ai russi, nel caso l'invasione fosse avvenuta; cosa che è stata ripetutamente negata dagli stessi russi, mentre l'iniziativa diplomatica è passata quasi interamente nelle mani degli europei. Gli Stati Uniti non hanno ricevuto il sostegno che si aspettavano dai loro vecchi alleati in Medio Oriente (neppure Israele), in Asia (nemmeno l'India), e anche in America Latina (neanche il Brasile). E quel che è peggio, per gli anglosassoni, tutto indica che la Germania giocherà un ruolo fondamentale nella mediazione diplomatica del conflitto, cosa che comporterebbe un riavvicinamento tra tedeschi e russi, con la liberazione immediata del Gasdotto Baltico, che è sempre stato osteggiato dagli americani. Oltre al fatto che un eventuale successo diplomatico tedesco in questo conflitto darebbe alla Germania una centralità geopolitica in Europa, cosa che accelererebbe il declino dell'influenza degli Stati Uniti tra i suoi alleati europei. In questo senso, un accordo diplomatico "intra-europeo" sarebbe anche una sconfitta per gli Stati Uniti, ma allo stesso tempo è impossibile immaginare come un simile accordo possa avere successo senza il sostegno degli stessi Stati Uniti e della NATO, che è in pratica un «braccio armato nordamericano».
Nel caso, invece, del documento presentato alla «comunità internazionale», da Russia e Cina il 7 febbraio, le rivendicazioni specifiche e locali dei due paesi sono ben note e in questo contesto non hanno importanza maggiore. L'importanza del documento va ben oltre, perché si tratta in realtà di una vera e propria «carta dei princìpi» proposta all'apprezzamento di tutti i popoli del mondo, contenente alcune idee e concetti fondamentali per una "rifondazione" del sistema internazionale creato dagli europei quattro secoli fa. È un documento che richiede un'attenta lettura e una seria riflessione, soprattutto in questo momento di destrutturazione del "blocco occidentale" e di divisione interna e indebolimento degli stessi Stati Uniti.
Il primo aspetto che richiama l'attenzione in questo documento apparentemente insolito, è la sua difesa di alcuni valori molto cari al «sistema della Westfalia», come avviene nella sua intransigente difesa della sovranità nazionale e del diritto di ogni popolo a decidere del proprio destino, purché si rispettino gli stessi diritti di tutti gli altri popoli. Allo stesso tempo, il documento difende anche alcune delle idee più importanti del "liberal-internazionalismo" contemporaneo, come la sua difesa di un ordine internazionale basato sulle leggi, il suo entusiasmo per la globalizzazione economica e il multilateralismo, la sua difesa della "causa climatica" e dello sviluppo sostenibile, e il suo sostegno illimitato alla cooperazione internazionale nei campi della salute, delle infrastrutture, dello sviluppo scientifico e tecnologico, dell'uso pacifico dello spazio e della lotta al terrorismo. Da un punto di vista accademico e occidentale, inoltre, questo «documento russo-cinese» ricorda spesso l'idealismo internazionalista di un Woodrow Wilson, tanto quanto ricorda, altre volte, l'idealismo nazionalista di un Charles de Gaulle.
Ma la sorprendente originalità di questo documento aumenta ulteriormente grazie alla sua difesa universale e illimitata di valori quali la libertà, l'uguaglianza, la giustizia, i diritti umani e la democrazia. Soprattutto quando assume la difesa della democrazia in quanto valore universale, e non come privilegio di qualche popolo particolare o come responsabilità congiunta di tutta la comunità internazionale, con il contemporaneo riconoscimento del fatto che non esiste una sola forma di democrazia, né alcun «popolo eletto» che possa o debba imporre agli altri un qualche modello superiore di democrazia, come se si trattasse di una «verità rivelata» da Dio. Ed è a questo punto che si esplicita la proposta veramente rivoluzionaria di questo documento: che si debba accettare una volta per tutte che, almeno dalla fine del XX secolo, il sistema interstatale non è più un monopolio degli europei e di alcune delle loro ex colonie, poiché esso è oramai formato da varie culture e civiltà, e che nessuna di esse è superiore alle altre; e tanto meno ha il monopolio della verità e della moralità. In altre parole, questa proposta eurasiatica per un nuovo ordine mondiale rifiuta qualsiasi tipo di «universalismo espansivo» o «catechistico», ma tuttavia, simultaneamente, accetta l'esistenza di valori universali.
In tutto ciò, non ci sarebbe nulla di originale se, per esempio, tali idee facessero parte di un testo accademico o di una riflessione filosofica postmoderna. Ciò che fa la differenza in questo documento non è il suo multiculturalismo; ma il fatto che questo multiculturalismo appare qui come una rivendicazione e una proposta universale presentata e sostenuta dalla seconda potenza atomica del mondo, e dalla seconda economia di mercato del mondo. Per di più, è una proposta sostenuta da un potere che fa parte dell'albero genealogico della civiltà occidentale e, allo stesso tempo, da quella che è una potenza e una civiltà che non appartiene a questa stessa matrice, né ha mai avuto alcun tipo di vocazione catechistica. Sì, perché la Cina si è staccata dal suo millenario impero ed è diventata uno stato nazionale solo all'inizio del XX secolo; ed è stato solo alla fine del XX secolo che si è pienamente integrata nel sistema interstatale, incorporandosi nell'economia capitalista mondiale con una velocità e un successo straordinario. Da allora, lo stato nazionale cinese si comporta come tutti gli altri stati europei, ma la Cina, però, non ha mai avuto alcun tipo di religione ufficiale, e non si è mai proposta di essere un modello economico, politico o etico universale - e quindi non si è mai nemmeno proposta di catechizzare il resto del mondo. Al contrario, sembra che la Cina si proponga di relazionarsi con tutti i popoli del mondo, indipendentemente dai regimi politici, dalle religioni o dalle ideologie, perfino quando appare assolutamente inflessibile circa la difesa nazionale dei suoi valori tradizionali e degli interessi della sua civiltà millenaria. Pertanto, di conseguenza, sebbene sia il caso di speculare sul futuro di questa «nuova era» che sta nascendo, è anche necessario essere chiari sul fatto che la Cina non si propone di sostituire gli Stati Uniti come centro di articolazione di una sorta di nuovo «progetto etico universale». Tutto ci indica che l'avanzata di questa nuova «era multi-civilizzatrice» non può più essere invertita, né c'è modo di riportare il sistema mondiale alla sua precedente situazione di completa supremazia eurocentrica.
«E per quanto l'asse del sistema mondiale non si sia ancora spostato interamente verso l'Asia, quel che è certo è che si è già stabilito un nuovo "equilibrio di potere", il quale ha soppiantato la precedente egemonia, quella del progetto universale e del "espansionismo catechistico" di tradizione greco-romana e giudaico-cristiana.»
- José Luis Fiori - Pubblicato il 24/02/2022 su Blog da Boitempo -
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