martedì 15 febbraio 2022

Equilibri

Che negli anni della pandemia l’immunizzazione sia diventata il baricentro dell’intera esperienza contemporanea è ormai sotto gli occhi di tutti. Dalla medicalizzazione della politica al disciplinamento degli individui, dal confinamento sociale al controllo della popolazione, le società contemporanee sembrano preda di una vera sindrome immunitaria. Per comprendere gli effetti ambivalenti di questo fenomeno bisogna risalire alla sua genesi moderna, allorché i linguaggi del diritto, della politica e della medicina cominciano a saldarsi nell’orizzonte biopolitico in cui da tempo viviamo. La stessa democrazia ne risulta profondamente modificata nelle sue procedure e nei suoi presupposti. Questo processo, preconizzato venti anni orsono da Roberto Esposito in Immunitas, è oggi al centro del dibattito filosofico internazionale. Le tensioni drammatiche che sperimentiamo in questi anni tra sicurezza e libertà, norma ed eccezione, potere ed esistenza, rimandano tutte al rapporto complesso tra comunità e immunità, che questo libro ricostruisce nei suoi snodi decisivi. A venire illuminate da uno sguardo rigoroso e originale sono le dinamiche sociali, politiche, antropologiche del nostro tempo. Ma anche ciò che si affaccia ai suoi confini esterni.

(dal risvolto di copertina di: "Immunità comune. Biopolitica all’epoca della pandemia" di Roberto Esposito. Einaudi, pagg.200, euro 20)

La politica sopraffatta dalla pandemia
- Roberto Esposito affronta il conflitto tra sicurezza e socialità, Con rapporti di forza mutati e le istituzioni subalterne alla scienza -
di Michela Marzano

«I concetti di comunità e di immunità sono talmente inscindibili da non poter essere pensati separatamente. Comunità e immunità costituiscono i due lati di un unico blocco semantico che assume senso precisamente dalla loro tensione». Ripercorrendo la storia del paradigma immunitario, dall’invenzione del vaccino nell’Ottocento fino all’epoca odierna, il nuovo libro di Roberto Esposito, Immunità comune. Biopolitica all’epoca della pandemia, affronta in maniera originale e profonda il conflitto, di cui si parla tanto oggi, tra vita e libertà, sicurezza e socialità. A differenza di coloro che occupano (spesso inutilmente) la scena mediatica confondendo spirito critico e polemica, Roberto Esposito – docente di filosofia teoretica alla Scuola Normale Superiore di Pisa – non si accontenta dei luoghi comuni, scava nella storia della filosofia, riprende in mano i testi di Foucault, Nietzsche, Derrida, Girard e Sloterdijk, e trova nell’idea di immunità la chiave interpretativa dell’epoca contemporanea.
Pur criticando la mancanza di discernimento e di distinzione tra modalità protettive e modalità costrittive della vita individuale e collettiva che ha caratterizzato in questi ultimi anni la politica dei governi, l’intento di Roberto Esposito non è polemico. Lo scopo di Immunità comune. Biopolitica all’epoca della pandemia è soprattutto quello di ricondurre le principali questioni che si sono poste da quando è scoppiata la pandemia (esiste davvero un conflitto tra diritto alla vita e diritto alla libertà? Che relazione c’è tra stato di eccezione e stato di emergenza? Come pensare il rapporto tra scienza, tecnica e politica?) all’interno di quel paradigma immunitario che ne costituisce l’orizzonte di senso.
Il problema, per il filosofo, non è tanto l’esistenza di dispositivi immunitari – ogni società ne è dotata, altrimenti non potrebbe sussistere come comunità – quanto la difficoltà a trovare un equilibrio tra la necessaria protezione della società e il rischio costante di scivolare verso una forma di totalitarismo. Anche semplicemente perché, come spiega bene Roberto Esposito, c’è sempre una soglia oltre la quale la procedura immunitaria «dà luogo a qualcosa di simile a una malattia autoimmune». Come il corpo umano, che per sopravvivere ha bisogno di un sistema immunitario valido, così il corpo politico, per perdurare, ha bisogno di proteggersi dalle minacce che lo insidiano dall’esterno: più che un’opzione soggettiva, l’immunizzazione è un dato strutturale di ogni organismo politico-sociale. Al tempo stesso, però, quest’immunizzazione «taglia la comunità secondo linee di inclusione e di esclusione che, qualificandoli socialmente e politicamente, rendono gli uni diversi dagli altri». E ripropone quindi alcune delle questioni sollevate da Foucault quando il filosofo francese elaborò il concetto di biopolitica.
Sbarazzandosi delle critiche mosse nei confronti di Foucault da parte di Jacques Derrida, Jean-Luc Nancy e Paolo Flores d’Arcais, il professor Esposito si concentra sulle nozioni di medicalizzazione della società, controllo degli individui e generalizzazione dei dispositivi immunitari.  Da un lato, riconosce l’estrema attualità del pensiero e delle analisi del filosofo francese. Dall’altro, sottolinea come Foucault abbia forse elaborato in maniera insufficiente il concetto di istituzione, trascurando soprattutto la questione delle disuguaglianze. Questione che, oggi, risulta invece centrale, soprattutto nel momento in cui si pone il problema della vaccinazione dell’intera umanità.
In un periodo come l’attuale, i problemi che possono emergere in ragione delle disuguaglianze sono d’altronde molteplici, a cominciare dalla netta contrapposizione tra coloro che sono in grado di produrre e diffondere i vaccini e coloro che, purtroppo, non ne hanno la capacità vuoi per motivi economici, vuoi per mancanza di tecnologie adeguate. Ma come si fa ad affrontare questo tipo di problematiche se la politica continua a occupare una posizione subalterna rispetto alla scienza e alla tecnica? Per Esposito, esiste una relazione evidente tra immunizzazione e tecnicizzazione. Ma la pandemia ha talmente stravolto il rapporto di forza esistente tra politica e scienza che, ormai, non è più possibile evitare di confrontarsi sulle finalità da perseguire. La politica deve tornare a essere egemonica. È questo l’unico modo, conclude giustamente il filosofo, per proteggere e sviluppare non solo la vita delle singole popolazioni, ma anche la sopravvivenza del genere umano nel suo complesso: «Quando comunità e immunità ritrovano un’estrema linea di tangenza, la vita di ciascuno è protetta solo da quella di tutti».

- Michela Marzano - Pubblicato su Repubblica del 17/1/2022 -

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