Come ritrovare la gioia perduta
di Todd McGowan [*1]
Marx sottolinea in che maniera il modo di produzione capitalista catturi e trasformi la forza pulsionale dell'attività umana, e lo fa vedendo nel comunismo una sorta di rimedio implicito per questa distorsione. Nella sua visione critica, l'impulso ad accumulare non è una spinta inerente alla soggettività umana di per sé, e pertanto un'alternativa appare come possibile. Nel secondo volume del Capitale, Marx enuncia quella che è essenzialmente la posizione della politica emancipatrice, che proviene dalla psicoanalisi, quando dice: «il capitalismo viene soppresso fin dalle fondamenta se si postula che che la soddisfazione è il motivo principale dell'azione umana è il godimento, e non più l'arricchimento fine a se stesso». Qui, la distinzione tra godimento e arricchimento, in quanto motivazione di azione, separa il capitalismo dagli altri sistemi economici, perfino quelli che non vengono menzionati. L'alternativa all'accumulazione è la soddisfazione; o, più esattamente, il riconoscimento della soddisfazione.
Il problema fondamentale del capitalismo consiste nel fatto che non permette il riconoscimento del godimento, e non riesce nemmeno a comprendere il godimento come ciò che muove le persone. Non è che il capitalismo privi l'individuo della soddisfazione di pensare, amare, teorizzare, cantare, dipingere e tirare di scherma - tanto per usare gli stessi esempi portati da Marx - tuttavia non permette alle persone di vedere la soddisfazione come un possibile motivo delle loro azioni. Si può pensare alla pulsione al godimento, o a una pulsione centrata sul godimento come una possibilità che esiste al di là del sistema capitalista. Al di fuori di essa, questa pulsione - pulsione di morte [*2] - non avrebbe altro scopo che il godimento, cioè opererebbe in opposizione alla logica accumulativa della pulsione capitalista. La pulsione capitalista di accumulazione rappresenta una distorsione della pulsione di morte, una sua riscrittura che ne cambia la struttura.
La lotta politica non è semplicemente una lotta per il diritto a usufruire di certi beni, e per una migliore distribuzione di questo diritto. È anche - e soprattutto - una lotta su come identificare e localizzare il modo in cui essere soddisfatti. Oggi, l'ideologia capitalista è trionfante poiché nel passato ha vinto questa lotta. In quanto soggetti sottomessi al capitalismo, le persone definiscono il godimento in termini di accumulazione: si gode nella misura in cui si accumulano gli oggetti desiderati. E questa definizione è diventata imperante: secondo la logica oggi prevalente, anche la soddisfazione che deriva sentimentalmente dal romanticismo deriva dall'acquisizione di un oggetto desiderato. Ma questo non è l'unico modo di pensare alla soddisfazione. Per la politica emancipatrice, uno dei compiti più importanti oggi consiste nel trasformare il solito modo di pensare il godimento - attuando una rottura con il legame tra accumulazione e godimento, che è stato stabilito dall'ideologia capitalista.
Ma l'impulso capitalista ad accumulare non si limita solo a eliminare la soddisfazione. Per quanto possa essere riscritta, questa pulsione continua a offrire una qualche soddisfazione abituale. Però, quella che è la pulsione dominante che spinge ad accumulare, rende più difficile ai soggetti identificare il divertimento. L'adesione personale al capitalismo non avviene a causa di una completa negligenza rispetto all'autosoddisfazione, perché, in realtà, questa dipende in modo fondamentale dalla capacità di trarre soddisfazione da quel sistema. Se i sudditi capitalisti stessero divertendosi davvero, non continuerebbero a essere sudditi capitalisti. Nel mondo capitalista, la gente si diverte realmente- la pulsione di morte continua a funzionare - ma non si diverte nel modo in cui l'ideologia capitalista lo interpreta secondo la sua logica economica.
In ogni momento, l'ideologia capitalista lavora per persuadere i soggetti che il loro piacere deriva dall'acquisizione e dal possesso di oggetti di desiderio. Di conseguenza, le fantasie delle persone si concentrano in gran parte su quei momenti in cui i soggetti ottengono tali oggetti di consumo. Invece di sottolineare i momenti in cui una coppia lotta per superare i problemi quotidiani della loro relazione, la tipica storia d'amore di Hollywood si concentra sul momento in cui avviene l'unione della coppia.
Il film "Insonnia d'amore" (Nora Ephron, 1993) raggiunge il suo culmine quando avviene l'abbraccio della coppia; e questo abbraccio, secondo la logica del film, fornisce agli spettatori la massima soddisfazione. L'abbraccio finale è il punto più alto (il momento in cui ogni amante ottiene il suo oggetto d'amore per sé). Inoltre, si esce dal cinema convinti che questo abbraccio, questa unione, sia la fonte della nostra gioia. In questo modo, la struttura stessa delle fantasie che circolano oggi sottolinea il legame tra acquisizione e godimento.
Il problema di porre una tale enfasi sulla soddisfazione procurata dall'accumulazione, non è semplicemente dovuto al fatto che ciò tende a produrre una società distruttiva formata da soggetti egoisti (cosa che certamente fa), ma che non è veramente efficace. Infatti, quando si guarda un film come "Insonnia d'amore", la gioia provata - se si manifesta - non deriva dal momento in cui gli amanti ottengono i loro oggetti d'amore.
Per riuscire a capire dove, nel film, si colloca la fonte del godimento, bisogna rilevare la stretta distinzione esistente tra godimento e piacere. Il piacere si verifica, per Freud, con una liberazione dell'eccitazione, quando si è in grado di superare le barriere che si trovano frapposte lungo il cammino, realizzando il desiderio liberatorio. Mentre il piacere procura una buona sensazione e un senso di benessere, il godimento ci sradica e sconvolge il nostro benessere. Si prova piacere, ma è il godimento, in un certo senso, a possedere i soggetti.
Anche se lo spettatore prova chiaramente piacere alla conclusione di "Insonnia d'amore", non ne trae alcuna soddisfazione. Piuttosto, si tratta del momento in cui il vero godimento si dissipa. Si apprezzano gli eventi che portano all'epilogo - le lotte di ogni personaggio di fronte all'assenza dell'oggetto - ma non si ama l'acquisizione dell'oggetto stesso, quando essa avviene. Il momento dell'acquisizione dell'oggetto rappresenta la fine, non l'inizio, della soddisfazione, per quanto segni il punto in cui si prova il maggior piacere.
Esiste una correlazione tra la concezione che ha Freud del principio del piacere, visto come forza motivante dell'attività umana, e la spinta capitalista ad accumulare. In entrambi i casi, l'attenzione si sofferma sul momento finale - quello in cui la psiche si libera dello stimolo e raggiunge il piacere. Ora, questo si verifica allorché il soggetto ottiene delle merci, o più capitali, acquisendo delle cose di cui potrà godere senza apparentemente preoccuparsene. Ma a distinguerli, invece, sono i loro diversi modi di intravedere e allucinare il momento finale: secondo la logica del principio di piacere, il soggetto lavora per eliminare l'eccitazione, mentre secondo la pulsione capitalista il soggetto cerca di accrescere l'eccitazione e lo fa acquisendo sempre più merci ancora. È possibile conciliare le due posizioni pensando, all'acquisizione come un modo per calmare l'eccitazione psichica e, simultaneamente, aumentare le possibilità di eccitazione fisica. Se uno ha abbastanza capitale, può evitare i pensieri inquietanti circa la possibilità di perderlo. Ma quando si passa dal principio di piacere alla pulsione di morte come categoria psicoanalitica fondamentale, allora sostenere l'omologia tra la concezione psicoanalitica della motivazione e la pulsione di accumulo diventa impossibile. Prima del 1920, Freud identificava il godimento con il piacere; vedeva il godimento come il prodotto dell'attività guidata dal principio del piacere. Come ha sostenuto in "Triebe und Triebschicksale" [L'istinto e le sue vicissitudini], scritto nel 1915, «il fine [Zeil] di un istinto, in ogni caso, è la soddisfazione, e questa può essere ottenuta solo rimuovendo lo stato di eccitazione che ha colpito l'istinto». Il piacere o la soddisfazione piacevole derivano dall'eliminazione dello stimolo, e ciò è precisamente ciò che esige il principio di piacere. Tuttavia, dopo aver scritto "Jenseits des Lustprinzips" [Al di là del principio di piacere], Freud smise di considerare il principio del piacere come se fosse la principale categoria esplicativa dell'attività umana. Ha mantenuto il piacere come categoria, ma la pulsione di morte lo ha detronizzato dal suo posto fondamentale! Anziché spiegare l'attività umana stessa, il principio del piacere ha cominciato a funzionare come un complemento della pulsione di morte, come una categoria esplicativa.
Il piacere completa la pulsione di morte fornendo ad essa uno stimolo per la coscienza. Il soggetto assume in maniera attiva l'offerta che gli proviene dalla pulsione di morte - un impulso che si serve del soggetto e produce piacere al costo del suo benessere o del proprio - poiché i momenti di piacere così forniti sono sopportabili, e persino attraenti. Ma questo piacere non può essere che immaginario: si tratta più dell'immagine di un piacere futuro da ottenere, che di un piacere realmente vissuto. Questo è il problema fondamentale posto dalla logica dell'accumulazione e dal presunto piacere che deriva dall'arricchimento.
Ogni soggetto capitalista ha sperimentato l'insoddisfazione che inevitabilmente ne consegue dopo aver ottenuto la merce desiderata. In quanto oggetto assente, all'inizio, l'oggetto del desiderio sembra procurare un piacere incredibile, ma quando questo oggetto diventa presente, ecco che esso si trasforma in una cosa ordinaria. Nell'ottenere l'oggetto del desiderio, quell'oggetto perde immediatamente la propria desiderabilità. Il piacere incarnato nell'oggetto esiste solo nella misura in cui rimane al di fuori della portata del soggetto. Poiché quello che si desidera è un oggetto perduto [*3], un oggetto che è assente, ottenerlo effettivamente causa disappunto, più che piacere. Per quanto possa essere piacevole la presenza dell'oggetto, tale presenza non potrà mai fornire ciò che si desidera veramente al di là della sua presenza. La grande menzogna dell'ideologia capitalista risiede nel suo insistente messaggio, secondo cui si potrebbe godere dell'atto stesso dell'accumulazione. Ma inevitabilmente questo atto finisce per produrre nel soggetto, che lo assume come obiettivo, una delusione. E questa delusione non è mai altrettanto intensa dell'acquisizione che doveva essere attuata, la quale sembrava prima la più soddisfacente di tutte.
Per i sudditi del capitale, la delusione che fa seguito all'acquisizione di una merce di grande valore non è mai una ragione per abbandonare il processo di accumulazione. In realtà, tutto questo suggerisce ai soggetti che essi, semplicemente, non sono riusciti a spingere abbastanza in là l'accumulazione, e perciò hanno solo bisogno di andare ancora più lontano. Così facendo, l'ideologia capitalista si nutre dell'inganno che essa stessa produce. Se riuscisse davvero a produrre il godimento finale promesso ai soggetti, a quel punto questi ultimi non si sentirebbero più obbligati a entrare nel processo di accumulazione. Dopo aver messo in atto una piccola accumulazione, i sudditi sarebbero soddisfatti, e perciò smetterebbero di essere sudditi capitalisti. Il capitalismo ha bisogno di soggetti insoddisfatti, ma ha anche bisogno di soggetti che confidano in quelle soddisfazioni finali che il capitale può eventualmente fornire loro. Ciò avviene perché la soddisfazione finale rimane collegata all'atto dell'accumulazione.
I soggetti adottano l'ideologia capitalista perché accettano come proprio il programma di intrattenimento che il sistema offre loro. La chiave per combattere questa ideologia non consiste nel minare le fantasie che esso evoca, ma consiste piuttosto nel rivelare dove si trova il piacere, offrendo quindi un'alternativa diversa. Anziché godere del processo di accumulazione in sé, occorre apprezzare l'esperienza della perdita - la perdita dell'oggetto privilegiato. L'accumulazione permette di avere degli oggetti, ma non permette di avere l'oggetto in sua assenza. È per questo che l'accumulazione non porta a essere soddisfatti di ciò che si ha, poiché produce il desiderio di accumulare sempre e ancora di più. La perdita, al contrario, permette alle persone di sperimentare l'oggetto in quanto tale. Attraverso l'atto di perdere l'oggetto prediletto, si fa effettivamente emergere quell'oggetto prediletto. Prima della sua perdita, non esiste alcun oggetto prediletto. Intesa in questo modo, la perdita diventa un atto creativo. La perdita dell'oggetto diventa la base del nostro piacere proprio perché questo atto eleva un oggetto al di sopra del resto del mondo, e incorpora in quell'oggetto il potere di generare soddisfazione. Grazie alla perdita dell'oggetto, siamo in grado di godere dell'oggetto in sua assenza; ora, è questo l'unico modo in cui l'oggetto può motivare il desiderio umano. Quando si gode in questo modo, si gode di nulla. Una cosa del genere sembrerebbe offrire, a prima vista, un modo di godimento inferiore. Perché mai qualcuno dovrebbe accontentarsi del godimento di un oggetto assente, piuttosto che di un oggetto presente? Perché questo tipo di godimento - il godimento dell'assenza - è l'unico tipo di godimento veramente disponibile per gli esseri umani desideranti.
Quando uno possiede effettivamente l'oggetto, questo perde la qualità che lo rende godibile. Si può usare l'oggetto, ma lo si può effettivamente apprezzare solo attraverso la sua assenza. Il soggetto che riconosce tale legame tra l'assenza dell'oggetto e il godimento - nel momento stesso di questo riconoscimento - cessa di essere un soggetto subordinato all'ideologia capitalista. Questa ideologia mantiene il dominio sugli esseri umani solo nella misura in cui essi credono nell'immagine del godimento finale associato all'accumulazione. Ciò non significa che i soggetti che riconoscono di dipendere dal piacere della perdita diventano in tal modo degli esseri completamente ascetici. I soggetti che si godono i tablet, i televisori wide-screen e le auto di lusso che non possiedono. Al contrario, essi intratterranno una relazione diversa con i loro oggetti di desiderio; questi saranno piacevoli grazie alla perdita e al sacrificio che incarnano. Non si possono accumulare tali oggetti, poiché essi non hanno un valore positivo. Arrivano senza recare in sé la promessa di un futuro godimento finale e, in tal senso, non funzionano come merci. La merce dipende dall'invisibilità del lavoro che la produce. Ora, il soggetto che riconosce nell'oggetto la perdita rende visibile il lavoro; che a sua volta costituisce quella perdita che dà valore all'oggetto. Chi può localizzare il suo godimento nella perdita, valorizza ipso facto il sacrificio dei produttori a beneficio della società, e si allinea politicamente con questo gruppo. Una simile trasformazione, non deriva tanto da un cambiamento di attività, quanto piuttosto da un cambiamento di prospettiva.
Possiamo pensare a questo cambiamento di prospettiva negli stessi termini secondo i quali gli atleti e i fan vedono la propria devozione allo sport. La crescente importanza dello sport nel mondo contemporaneo testimonia, in un certo senso, il dominio della logica della merce e il suo effetto narcotizzante. Le stelle dello sport e i loro fan associano il piacere finale alla vittoria. Il loro focalizzarsi sulla vittoria fornisce una fuga da quella insoddisfazione che è inerente alla vita quotidiana sotto il capitalismo. Ma il focus sulla vittoria serve a nascondere dove si trova la vera gioia, sia per gli stessi atleti stessi che per i loro fan. Sebbene si possa trovare nella vittoria un piacere passeggero, la gioia deriva dal sacrificio del proprio tempo e dallo sforzo per rendere possibile la vittoria. Sia l'atleta che il fan compiono questo sacrificio in misura diversa - l'atleta attraverso lunghe ore di duro allenamento e il fan attraverso la rinuncia al proprio tempo libero, per seguire la traiettoria di ciascun atleta e/o squadra - anche se la prevalente logica merceologica oscura il ruolo che, in entrambi i casi, questo sacrificio svolge, come fonte di soddisfazione. Secondo questa logica, il piacere della vittoria giustifica il sacrificio, mentre in realtà è il piacere che funziona come alibi per il godimento del sacrificio. La psicoanalisi ci permette di ribaltare la logica della merce e di mettere l'accento sull'atto del sacrificio. Si lotta per la vittoria solo al fine di sopportare il sacrificio che la rende possibile. Questo spostamento di enfasi, rappresenta una trasformazione radicale che deriva dal riconoscimento di come si gode, qualcosa di diverso dal comprendere la natura del piacere.
Mentre l'ideologia capitalista focalizza l'attenzione dei soggetti sul processo di possedere l'oggetto e sull'accumulare, piuttosto che esperirlo come perduto, il capitalismo, come modo di produzione, costringe continuamente i soggetti a subire l'oggetto nella sua assenza. In questo senso, l'ideologia capitalista e la pratica del capitalismo si trovano a essere completamente in conflitto tra di loro, e per il funzionamento del capitalismo questa discrepanza è fondamentale. La logica accumulativa non consente al soggetto di riconoscersi come soggetto della perdita, né gli permette di identificare il godimento con l'assenza dell'oggetto. Ciò nonostante, il capitalismo procura piacere al soggetto per mezzo di un processo che assicura questa assenza. Questa contraddizione è fondamentale ai fini della riproduzione dei rapporti di produzione capitalistici. La soddisfazione che il capitalismo offre, serve a sostenere i soggetti, mentre il desiderio che l'ideologia capitalista provoca, li spinge a espandere il sistema, che poi è ciò di cui esso ha bisogno per poter sopravvivere. Dal momento che il capitalismo costringe i soggetti a sopportare perpetuamente l'assenza dell'oggetto prediletto, offre allora piacere a quei soggetti che si abbandonano alla sua ideologia. Tuttavia, questa ideologia non permette mai a quei soggetti di riuscire a individuare la vera fonte della loro soddisfazione. Con l'atto di ricollocare il piacere - di esporre il legame tra soddisfazione e perdita o assenza - la capacità dell'ideologia capitalista di sedurre i soggetti contemporanei ne viene minata.
- Todd McGowan - Pubblicato su Economia e Complexidade il 9/1/2022 -
Note:
[*1] - Todd McGowan è professore assistente di inglese all'Università del Vermont. Ha pubblicato diversi libri, tra cui "Enjoying what we don't have - The political project of psychoanalysis". University of Nebraska Press, 2013; "La fine dell'insoddisfazione? - Jacques Lacan e la società emergente del godimento", State University of New York Press, 2004.
[*2] - N.T.: L'espressione "pulsione di morte" è causa di molta confusione. Come è noto, per arrivarci, Freud generalizzò, a partire da casi osservati in situazioni cliniche, ma anche dalla prospettiva della psicoanalisi in generale. Ora, come altri autori hanno sottolineato, ciò che sembra muovere l'essere umano è la pulsione di morte; sarebbe meglio dire che dovrebbe essere considerata come una pulsione a vivere di più, a vivere più intensamente. Se così fosse, il concetto funzionerebbe meglio come contributo alla scienza sociale, guidata dalla critica del capitalismo.
[*3] - L'oggetto perduto è un oggetto immaginario che appare con una perdita traumatica, e che accompagna l'essere umano durante tutta la sua vita. E questa perdita avviene nel momento in cui il bambino si separa dalla madre e si riconosce come una persona distinta capace di usare il linguaggio per esprimersi.
Fonte: Economia e Complexidade
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