L'abisso che Magris trova nella letteratura walseriana è lo stesso abisso che Walser, a sua volta, aveva incontrato nell'opera di Nietzsche (per quanto non lo avesse letto direttamente, aveva vissuto, con la sua generazione, gli echi e i riverberi della sua figura e dei suoi scritti), soprattutto quel famoso abisso che appare nell'aforisma 146 di "Al di là del bene e del male", pubblicato nel 1886: «Chi ha da lottare con i mostri deve star bene attento di non diventare un mostro lui pure. E se tu guarderai troppo a lungo in un abisso, l’abisso finirà per voler vedere dentro a te ».
Ed è in parte di questo "nichilismo" che Magris parla nel suo libro: una tendenza a immaginare il peggio, una predisposizione al peggiore scenario possibile in ogni situazione, una fiducia nella capacità umana di mostrare sempre il suo lato oscuro (qualcosa che Flaubert stava indagando facendo uso del pregiudizio della "stupidità", una stupidità che riteneva fosse spesso contagiosa - la documentazione maniacale per "Salammbô" (1862) vista come una sorta di antidoto all'immersione nella vita meschina e limitata di Madame Bovary (1857), che lo inghiottiva come un abisso).
Il gioco di specchi che impegna e coinvolge colui che combatte i mostri fino a poi diventare egli stesso un mostro: «Il tema del traditore e dell'eroe», un racconto che Borges pubblica prima nella rivista Sur e poi, nel 1944, in un libro. Borges racconta la storia di un traditore che si trasforma in eroe in nome di una «causa rivoluzionaria», scandendo però questa trasformazione, da un estremo all'altro, per mezzo di una serie di riferimenti letterari (è a partire da questi riferimenti - "Giulio Cesare" e il "Macbeth" di Shakespeare - che la farsa viene poi letta e decifrata, molto più tardi).
fonte: Um túnel no fim da luz
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