venerdì 22 ottobre 2021

L’isola che non c’è più !!

Ci sono nazioni scomparse per ragioni politiche, come la Jugoslavia o la Repubblica Democratica Tedesca. Ma la Storia e` anche ricca di paesi dissoltisi per eventi bizzarri, imprevedibili, tragici e, spesso, ridicoli: proprio quelli che Gideon Defoe presenta in questo Atlante dei paesi che non esistono piu`, di confini ormai sfumati, di antiche ambizioni e di pessime idee (per esempio, insultare gli ambasciatori di Gengis Khan e pensare di farla franca insieme al proprio piccolo regno). Guerre e trattati di pace sono state occasioni per ridisegnare le mappe e, complice qualche errore qua e la`, creare zone franche i cui abitanti subito si dichiaravano indipendenti. Ricchi occidentali annoiati o avventurieri con pochi scrupoli fondavano una propria nazione ignorando i confini preesistenti e gli abitanti autoctoni, che magari volevano solo essere lasciati in pace. Aspiranti coloni si facevano fregare da descrizioni di terre meravigliose e fertilissime che, curiosamente, nessuno abitava ancora e che potevano essere ac- quistate con un modesto contributo. Ripercorrete le vicende della Repubblica di Cospaia, del Regno celeste della grande pace, della Grande Repubblica di Rough & Ready, del Regno dorato di Silla, del Libero stato del collo di bottiglia. E se volete fondare la vostra nazione seguite le regole auree per prosperare: non dichiarate guerra ai vicini se sono piu` grossi di voi e scegliete un nome breve (non come la Repubblica sovietica dei soldati e costruttori di fortezze di Naissaar).
«I paesi muoiono. A volte e` un omicidio. A volte e` un incidente. A volte e` perche´ erano troppo ridicoli per continuare a esistere.»

(dal risvolto di copertina di: "Atlante dei paesi che non esistono più", di Gideon Defoe. Il Saggiatore, pagg. 263, € 29)

C’era una volta un paese ridicolo
- Mappe strampalate. Dal Regno di Sedang, dove l’inno nazionale era il can can, al Regno celeste della grande pace fondato da uno squinternato «figlio» di Gesù: Gideon Defoe ripercorre la storia di 48 Stati scomparsi -
di Paolo Albani

Nell’introduzione al suo Atlante dei Paesi che non esistono più, lo storico e scrittore inglese Gideon Defoe (autore anche di una serie umoristica di grande successo sui pirati, nel solco del suo quasi omonimo settecentesco che fece rapire Robinson Crusoe dai pirati in un viaggio al largo delle coste del Maghreb), premette che definire un paese non è cosa facile, la definizione cambia «se siamo alle Nazioni Unite, a una partita di calcio, se stiamo concorrendo con una canzone all’Eurovision o comprando un formaggio». Defoe precisa inoltre che ha evitato di scavare troppo a fondo nel passato essendo insensato parlare di «stati nazione» a proposito di luoghi antichi. Inoltre ha ignorato, per quanto possibile, imperi, colonie e quei posti che hanno cambiato nome ma non forma sulla mappa.
L’Atlante di Defoe, ricco di bellissime illustrazioni a colori degli «zombi geografici» esaminati, è una collezione di paesi scomparsi dalla faccia della terra per vari motivi, a volte ridicoli, stupidi, eventi bizzarri, imprevedibili e tragici (di sicuro questo Atlante sarebbe piaciuto a Giorgio Manganelli che, nella quarta di copertina di un suo libro, si autodefinì «assai competente in fatto di Cose che non esistono»). La singola scheda riassuntiva di ogni paese dissoltosi, sparito nel nulla, riporta all’inizio informazioni basilari: il periodo storico della sua permanenza, l’entità della popolazione, la capitale, le lingue parlate, la valuta, la causa della morte e infine l’«oggi», ovvero dove si trova ai tempi nostri. Dopo di che, in una scrittura brillante Defoe racconta le vicissitudini del paese scomparso, fornendo ricostruzioni dettagliate sul piano storico.
Il profilo psicologico che accomuna i Tizi Che Fondano Paesi – scrive Defoe – comprende: «orfani di padre, cresciuti da una madre amorevole, infedeli cronici, un periodo nell’esercito o nella marina, scrittori o giornalisti, inaffidabili con il denaro». Dalle schede compilate da Defoe (48, divise in 4 capitoli) per il suo Atlante, scopriamo ad esempio (per chi lo ignori) che Ludovico II, quarto re del Regno di Baviera, attivo dal 1805 al 1918, ha l’abitudine di rovesciare una catinella addosso al servo che fissa lui e i suoi capelli troppo a lungo. Se non proprio pazzo, Ludovico II diviene «un po’ coglione» (testuali parole di Defoe), condannando a morte le persone per aver starnutito (condanne per altro mai eseguite).
Un altro matto – almeno tale lo ritengono una corte francese e le autorità cilene – è l’avvocato Orélie-Antoine de Tounens che per due anni, dal 1860 al 1862, è presidente del Regno di Araucanía e Patagonia, in cui vive la popolazione indigena dei Mapuche.
Dal 1851 al 1864, in Cina, prospera il Regno celeste della grande pace, capitale l’odierna Nanchino, fondato da un certo Hong Xiuquan (un altro squinternato) che, dopo aver letto un opuscolo cristiano, si mette in testa di essere il fratello minore di Gesù e di avere la missione di liberare il mondo dai demoni. Attorno a lui nasce un culto religioso noto come gli Adoratori di Dio. Il Regno è distrutto dopo una «guerra totale» contro i Qing che costa la vita a 20 milioni di persone (alcune fonti parlano di 100 milioni).
Il Regno di Sedang, presente dal 1888 al 1890 nell’attuale Vietnam, è opera di Marie-Charles David de Mayréna che si avventura in oriente dopo essere stato accusato di “raggiro” in patria. Per il suo regno s’inventa un inno nazionale, basato sulla musica del can can, e, nonostante dichiari il cattolicesimo religione di stato, per sé adotta l’Islam, poiché gli consente di avere più mogli. Sembra possieda «doti di prestidigitatore», cioè sa fare trucchi di magia.
Nel capitolo finale dell’Atlante, Defoe si occupa di alcune esperienze storiche ben conosciute, fra cui la Repubblica di Salò, la Repubblica democratica Tedesca, la Repubblica di Crimea e la Jugoslavia.
A proposito dello Stato Libero del Congo, operante dal 1885 al 1908, Defoe spiega che il nome è fuorviante e sbagliato perché si tratta in realtà di uno stato schiavista su scala industriale, creato da Lepoldo II del Belgio, che lo storico inglese chiama senza mezzi termini un «grandissimo bastardo». Leopoldo II (che non ha mai visitato il suo possedimento) ne sfrutta le risorse naturali, in particolare l’avorio e la gomma. Quando lo Stato Libero del Congo cade, sono morti oltre 10 milioni di persone.

- Paolo Albani - Pubblicato su La Domenica del 17/10/2021 -

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