Fascismo continua a essere ... «costringere a dire» !
Fascismo contro la democrazia, e fascismo nella democrazia
In una nota conferenza di Theodor Adorno del 1959 - tenuta davanti a un Consiglio che coordinava i lavori dei cristiani e degli ebrei, e che tradotta suona come «Cosa significa rinnovare il passato?» - il «teorico critico» di Francoforte, nel suo caratteristico stile cupo, considerava che «il nazionalsocialismo sussiste, e fino ad oggi non sappiamo se lo fa solamente come se fosse uno spettro della mostruosità passata - che non è riuscito a scomparire da sé solo - o se oppure non è ancora morto; o se rimane tra gli uomini in quanto disposizione all'indicibile, nelle relazioni che questo provoca». Subito dopo, introduce una distinzione assai importante quando dice al suo pubblico che non si qui non si sta riferendo alla «questione delle organizzazioni neonaziste»; ciò poiché egli ritiene che «la persistenza del nazionalsocialismo nella democrazia è potenzialmente più pericolosa della persistenza delle tendenze fasciste che si oppongono alla democrazia». I cambiamenti sotterranei indicano sempre qualcosa di oggettivo; da questo ne deriva che, quando le circostanze sono favorevoli a tali cambiamenti, ci vengono restituite delle figure ambigue. Parola di Teddy!
Ora, se analizziamo il frammento, vediamo che il professor Adorno ci sta facendo notare, un decennio e mezzo dopo la fine della seconda guerra mondiale e la proclamata «sconfitta del fascismo/nazismo», che esso (il nazionalsocialismo in Germania) non è morto, ma piuttosto è passato a un livello sotterraneo, dal quale, al momento opportuno, potrebbe riemergere...
A partire dal 1959, e fino ad oggi, con la fine della guerra fredda con la «caduta del muro di Berlino» nel 1989, e dopo l'attacco alle Torri Gemelle che ha segnato l'inizio del nuovo millennio, gran parte dell'attenzione degli "antifascisti" si è concentrata su quali sono le espressioni sotterranee del nazifascismo che esistono, quanto esse sono pericolose, e quali possibilità hanno di svilupparsi nuovamente come fenomeni di massa.
Tuttavia, però, Adorno mette in evidenza un altro elemento che ci indica un filone di analisi assai diverso: non il fascismo organizzato intorno a gruppi e partiti "neonazisti" (i quali hanno infestato l'immaginario "antifa" per decenni), ma quegli stessi elementi del fascismo che invece sussistono nelle, o all'interno delle, democrazie contemporanee. Vale a dire, i modi in cui la stessa istituzionalità democratica dei paesi che si suppone abbiano sconfitto o superato il fascismo sia rimasta fascista. Si tratta di un tema di cui, ad esempio, si è parlato molto in Cile, fermo restando che la maggior parte della sinistra non mette in dubbio la caratterizzazione della dittatura di Pinochet come "fascista", e quindi indica qualsiasi vestigia di essa, nell'istituzionalismo ancora in vigore, come parte dell'«eredità fascista» della dittatura. In ogni caso, la distinzione di Adorno sembra invitare ad andare oltre, e identificare le forme d'ispirazione propriamente "fasciste" che lo stato/capitale adotta oggi attraverso i suoi apparati repressivi e figure "legali", come lo stato d'eccezione e/o i controlli preventivi dell'identità.
Fascismo sociale, politico e culturale
In un'altra conferenza del 1967 - questa però tenuta davanti agli studenti socialisti di Vienna - Adorno approfondisce ulteriormente le distinzioni fatte, parlando di un fascismo politico e di un fascismo sociale. In questa occasione, a spingere le sue riflessioni, è stata la relativa ascesa elettorale, avvenuta dal 1966 in poi, dell'ancora esistente Partito Democratico Nazionale della Germania (NPD), descritto come «il più grande partito nazista post-1945», fondato nel 1964 sulla base del Partito dell'Impero Tedesco.
Questa conferenza molto interessante è stata recentemente pubblicata con il titolo "Aspetti del nuovo radicalismo di destra" (edizione tedesca 2019 e italiana 2020, per Marsilio). Adorno, ricordando la sua conferenza del 1959, afferma che «il potenziale di un radicalismo di questo genere, può essere spiegato con il fatto che, oggi come allora, continuano a sussistere le premesse sociali del fascismo.», condizioni che «nonostante il loro crollo, le premesse dei movimenti fascisti continuano a sussistere sul piano sociale, se non anche su quello direttamente politico».
Anche se i movimenti fascisti dapprima «sono in linea di principio solo tecniche di potere e non derivano affatto da teorie ben articolate», Adorno dice che «non bisogna sottovalutare questi movimenti per via del loro basso livello spirituale o per l’assenza di una teoria vera e propria», e che «sarebbe politicamente miope considerarli destinati all’insuccesso per questo motivo».
Nell'analizzare l'ideologia della NPD, Adorno sottolinea come essa consista fondamentalmente in rimaneggiamenti della vecchia ideologia nazista, ma che però viene espressa in un contesto in cui l'ideologia nazista e l'antisemitismo sono stati formalmente messi fuori legge, cosicché questi elementi sono ora mascherati e il discorso viene riciclato in "europeismo" e "antiamericanismo". Inoltre, tali gruppi adesso «si richiama[no] sempre alla vera democrazia e si accusano gli altri di essere antidemocratici».
Adorno insiste sul fatto che «nel fascismo non vi fu mai un’ideologia in senso proprio e che resta sempre sottinteso che in esso la questione fosse quella del potere, di una prassi a-concettuale», e questo è ciò che «ha conferito a tali movimenti sul piano ideologico quella flessibilità che è facile osservare». Inoltre, invita a tener presente che in queste ideologie non tutti gli elementi sono semplicemente falsi, ma che in esse «la difficoltà del lavoro di resistenza sta essenzialmente anche nel cogliere il modo in cui la non-verità abusa della verità nell’opporvisi.»
A partire da questa visione, ciò che dovrebbe interessarci è l'analisi degli elementi ideologici presenti a livello sociale, i quali potrebbero essere utilizzati, e prestarsi a una transizione di successo dal socialfascismo sul piano politico, come si è visto in passato nei movimenti e nelle esperienze "post-fasciste" di maggior successo del XXI secolo. Ci si può solo chiedere se sia necessario aggiungere una dimensione culturale all'analisi delle dimensioni sociali e politiche del fascismo/post-fascismo, in cui, da un lato, si nota un «uso culturale» molto espansivo del concetto di fascismo, ormai quasi dissociato dal «fascismo storico».
Del resto, è proprio sul piano culturale che possiamo notare fenomeni, segni ed elementi rilevanti ai fini di una potenziale transizione dal fascismo sociale a quello politico, e dove l'egemonia del «politicamente corretto» tende a generare una reazione di "fascistizzazione" che rende più facile alla nuova estrema destra presentarsi come "ribelle" e persino come "antisistema" (una caratteristica questa, che condivide con il fascismo storico e lo differenzia dalla destra tradizionale, che è semplicemente reazionaria o conservatrice).
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