mercoledì 22 settembre 2021

Persone come si deve …


Il diritto a uno zio
di Anselm Jappe

[In Francia], il Senato ha appena rifiutato di ratificare la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA, visto che nel mondo del progresso tutto si riassume in acronimi) per tutti. A quanto pare, l'Assemblea Nazionale la ripristinerà, dal momento che era una promessa del presidente Hollande - oppure forse non la ripristinerà, poiché è necessario compiacere la destra...  Nel frattempo, manifestazioni di orientamento opposto, ma sempre con partecipanti assai arrabbiati, si danno il cambio davanti ai luoghi del potere. In effetti, le poste in gioco sono numerose e della massima importanza: la PMA solo per le coppie sposate, o anche per quelle che sono in regime di comunione; per gli omosessuali o no; per le donne sole o no; rimborsata dal sistema sanitario o a spese del cliente; con selezione prenatale degli embrioni o meno; sapendo quanti embrioni "soprannumerari" si creano; con congelamento degli embrioni soprannumerari (e per quale uso) o con la loro distruzione; con un donatore anonimo o meno; con un utero esterno o no; post mortem o no; con modifica del genoma o no; ecc. Ognuna di queste domande solleva dibattiti appassionati, persino odiosi. Però c'è una domanda che non viene quasi mai posta: quella che chiede se dovrebbe esistere una qualsiasi forma di PMA, o se invece sarebbe meglio che non esistesse affatto. Quasi tutte le forze coinvolte - partiti politici, associazioni di ogni tipo, manifestanti nelle strade, media generali e specializzati - discutono solo circa i dettagli dell'applicazione della PMA: non sul principio. Perfino la destra "dura", la "Manif pour tous", i fondamentalisti cattolici raramente osano criticarla in quanto tale. In generale, intendono semplicemente sottoporre il suo uso a quelli che sono criteri della loro propria moralità, che invece sembra irrimediabilmente superata per tutto il resto della popolazione. Ma se è la coppia tradizionale che vuole usarla, la maggior parte di loro sembra non avere alcuna obiezione. Non possiamo che stupirci di fronte all'acquiescenza degli "oscurantisti" e dei "reazionari" nei confronti dell'ultima tecnoscienza.
Ma cosa ancora più sorprendente - o almeno dovrebbe esserlo - è che "a sinistra" ci sia un entusiasmo quasi unanime per questo nuovo diritto umano reso possibile dalla tecnoscienza. Il sostegno si estende persino al campo ecologista, libertario e femminista radicale. Si potrebbe pensare che la PMA, in tutte le sue varianti, dalla "semplice" inseminazione artificiale all'impianto di un embrione geneticamente modificato in un utero "in affitto" (maternità surrogata), ai trapianti di utero, e persino all'utero artificiale - variante che è ancora in fase di sviluppo - appartenga allo stesso mondo delle centrali nucleari e dei pesticidi, della clonazione animale e dell'amianto, della diossina nei polli e della plastica negli oceani: vale a dire, una violenta invasione di prodotti tecnologici molto recenti nei confronti dei cicli biologici, con conseguenze incalcolabili. È assolutamente incomprensibile il fatto che le persone che si pongono in maniera sincera contro queste invenzioni, mortali possano improvvisamente accettare quello che appare come uno dei suoi sviluppi più invasivi. Ci tengono talmente tanto che arrivano ad attaccare violentemente le opinioni opposte (per esempio, impedendo le conferenze di persone contro la PMA, come Alexis Escudero o Sylvaine Agacinski) e riescono a mettere a tacere le tante voci (certamente più numerose delle loro) che non condividono il loro entusiasmo, etichettando qualsiasi avversario, anche le femministe storiche, come omofobo, misogino, trans-fobico, reazionario, lepenista, fascista, e usando le strategie che, a sinistra, ci fanno tornare alla mente la presa di potere dello stalinismo avvenuto nel periodo tra le due guerre mondiali, con il pretesto del "antifascismo". C'è persino una curiosa convergenza tra gli interessi di multinazionali come la Monsanto [*1], o quelle delle mafie che organizzano la maternità surrogata nei paesi poveri, e i pro-PMA di sinistra: una convergenza che probabilmente non si spiega con un trasferimento di fondi, o con oscure trame, bensì con l'ennesimo espediente della non-ragione, in questo caso la non-ragione del soggetto-forma borghese.
Non si tratta solo di una questione di conseguenze per la salute (e un altro mistero consiste nel perché mai le donne e le femministe si affrettino a offrirsi come cavie per la scienza, o accettino tacitamente la schiavitù delle "madri surrogate" che si trovano nei paesi poveri). La PMA è anche una sorta di culmine del secolare processo di espropriazione di tutta la nostra «dotazione originale». La terra (nel processo noto come enclosures), l'acqua, la conoscenza, la comunicazione, la cultura, la riproduzione domestica - tutto questo è stato sequestrato, poco a poco, dal capitale, e non solo dal capitale economico, ma anche dalla tecnoscienza. Non possiamo più muoverci o nutrirci, riscaldarci o educarci senza l'aiuto della mega-macchina. Nessuna autonomia da nessuna parte. Molti dei nostri contemporanei hanno addirittura perso la capacità di attraversare la strada senza l'aiuto del loro GPS. Già prima, la capacità di sommare 5+3 senza l'uso di una calcolatrice era diventata merce rara [*2].

L'elenco potrebbe continuare quasi all'infinito. Le diverse persone appartengono sempre a diversi gruppi sociali, a diverse etnie o religioni, vivono in diverse parti del mondo, sono analfabeti o colti, rifugiati o ricchi: ma quasi tutti vivono nella medesima dipendenza dal biberon tecnologico. In Somalia come in California. Tutti si lamentano del rispetto che non ricevono, della discriminazione o dell'emarginazione o della mancanza di riconoscimento che subiscono, e insistono per l'empowerment a cui hanno diritto: ma nessuno sembra trovare umiliante il fatto di non poter più vivere un giorno senza il proprio smartphone, uno strumento di cui fino a poco tempo fa si poteva benissimo vivere senza - dacché non esisteva - e che è gestito da delle aziende private le quali perseguono esclusivamente i propri interessi. Persino i più poveri hanno pur sempre, tuttavia, posseduto almeno qualcosa che fosse loro. Come veniva chiamata la classe più bassa e povera di cittadini nell'antica Roma? Proletari: non possedevano altro che i loro "proles". I figli erano il grado zero della proprietà, ciò che tutti possono avere e attraverso il quale, in mancanza di qualsiasi altro mezzo, si può essere membri della comunità. Nessuna espropriazione subita per altri motivi avrebbe potuto togliere ai poveri la facoltà più fondamentale, quella di riprodursi e inserirsi nella comunità attraverso la "filiazione", senza aiuto di nessuno, senza dover chiedere un permesso. Ora, la PMA ci spoglia di questa nostra ultima facoltà, quella di cui il potere fino ad ora non poteva appropriarsi: la filiazione biologica. La PMA ci rende letteralmente sottoproletari, meno che-proletari: quelli che non hanno nemmeno più la loro prole, perché hanno accettato di delegare questo ultimo residuo di autonomia alla tecnoscienza del capitale (e oggi non c'è altro che questo)[*3]. Gli argomenti a favore della PAM sono ben noti. Cosa si dovrebbe offrire alle persone che vogliono avere figli e che non possono? È stato proclamato il «diritto al figlio». Che idea bizzarra! Esiste il diritto di avere uno zio?!? Posso chiedere alla tecnoscienza di crearmi uno zio, perché la natura non me ne ha dato uno, e la mia vita così è incompleta senza? E un altro essere umano, può essere un "diritto" per me?

Le persone senza figli devono rassegnarsi al loro destino infelice? La verità è che tutte le culture umane offrivano soluzioni a un simile problema, ma nessuna di esse ha mai avuto l'idea di usare la PMA. La soluzione, ovviamente, consisteva nelle varie forme di adozione. Non è sufficiente per coloro che non possono, o che non vogliono ricorrere alla procreazione biologica? Sappiamo che attualmente è abbastanza difficile e costoso adottare un bambino. Ma non sarebbe più facile cambiare le leggi umane piuttosto che quelle biologiche? Sembra che la preferenza per la PMA, piuttosto che per l'adozione nasconda un desiderio molto arcaico, molto "essenzialista" o "naturalista": quello di avere un figlio «del proprio sangue», con il proprio DNA. È strano che le persone che costantemente si scagliano contro la mentalità "retrograda" o "tradizionalista" dei loro avversari, alla fine pratichino esse stesse un atteggiamento che più borghese e "biologico" non si può. Non mi interessa un bambino che non sia il mio sperma o i miei ovociti...
In effetti, diverse culture hanno sviluppato spesso delle risposte perfino sorprendenti ai problemi della filiazione. L'antropologa Françoise Héritier ricorda, tra gli altri, questo caso particolarmente eclatante: tra i Nuer del Sudan, una donna che dopo il matrimonio non partorisce (la sterilità viene automaticamente attribuita alla donna!) viene rimandata dal marito alla sua famiglia d'origine, dove lei può - se ne ha i mezzi - "comprare" una o più spose, che poi fa mettere incinta da uno dei suoi mandriani, tenendo infine così i figli come propri. Se ne può trarre la conclusione - e molti "esperti" di "comitati etici" lo fanno - che la classica famiglia occidentale è tutt'altro che "naturale", e che a priori non si riesce a vedere perché mai uscire da questo quadro dovrebbe causare dei traumi ai bambini che vi crescono. Ma possiamo anche concludere che il ricorso a soluzioni mediche dimostra, a dir poco, una terribile mancanza di immaginazione: piuttosto che ricorrere al simbolico - ossia, a bambini accettati come "figli" anche se geneticamente non lo sono - si pratica la zoologia medicalmente assistita. Una «zoologia applicata»: gli esseri umani vengono così ridotti, come una mandria, alle loro caratteristiche biologiche, le quali devono essere trasmesse. Si tratta del principio fondamentale dell'allevamento, la cui ricomparsa tra persone che passano la vita a tuonare contro lo "essenzialismo" e il "naturalismo", mentre simultaneamente sostengono la "decostruzione", è a dir poco sorprendente...

In una società governata dall'«individualismo gregario» la prima domanda è: se l'individuo lo vuole, chi mai ha il diritto di opporvisi? Sempre che questo desiderio non danneggi altri individui. Questo è un argomento perfettamente "liberale", ed è abbastanza curioso che vi ricorrano quelle stesse persone che in tutti gli altri campi criticano giustamente la «libertà dell'individuo» di muoversi con tutti i mezzi, di consumare senza ritegno, di dire «io, io, io». Pretendere di capovolgere la biologia per avere il proprio "vero" figlio: non è forse il massimo del narcisismo, che misura il mondo intero secondo il metro dei propri capricci? Non è forse il trionfo del liberalismo e dell'«ognuno per sé»?
Così arriviamo all'argomento definitivo, che appare inconfutabile: chi è contro la PMA deve per forza essere "omofobo". Sei sicuro? Questo argomento è più o meno identico all'affermazione secondo cui chiunque critichi l'uso dei pesticidi è «contro gli agricoltori»; un'affermazione che ha già prodotto la «cellula Demeter» della polizia, per combattere l'agro-bashing, un nome che serve a definire qualsiasi critica all'agricoltura industriale. Lo stesso vale per l'affermazione per cui chiunque chieda la chiusura delle fabbriche più inquinanti o delle centrali nucleari è «contro i lavoratori».
Insieme al nazismo, anche l'eugenetica sembrava essere scomparsa dal mondo che aveva rivelato la verità di questa "scienza", e che prima aveva sedotto persino certi ambienti di sinistra (da Trotsky a Salvador Allende, tra gli altri). Ma l'applicazione diretta della tecnoscienza alla biologia umana e alla sua trasmissione ereditaria è troppo «in fase» con il progresso in generale per poter scomparire a causa di un uso episodico "malizioso"... L'eugenetica ha perciò fatto un grande ritorno a partire dagli anni '80, questa volta in veste liberale: nessuno è obbligato a farla. Invece dell'eugenetica "negativa" (evitare la propagazione dei geni cattivi attraverso la sterilizzazione forzata, la prevenzione della procreazione o la vera e propria eliminazione fisica), siamo passati all'eugenetica "positiva". I portatori del miglior materiale genetico vengono incoraggiati a riprodursi, e soprattutto, così si migliora direttamente il patrimonio genetico: selezione prenatale degli embrioni, scelta di spermatozoi e ovociti da un catalogo, intervento diretto sul DNA, creazione (in futuro?!?) di geni sintetici.
Il film di Andrew Niccol,"Welcome to Gattaca" (1997), è stato in grado di mostrare a un vasto pubblico come sarebbe una società di caste basate sulla genetica, nella quale i ricchi possono permettersi prole che appartenga automaticamente alle classi superiori, mentre quelli nati senza l'aiuto della scienza sono destinati a essere i servi dei "migliori". La letteratura e il cinema hanno proposto altri approcci; ma quasi tutto l'essenziale dell'eugenetica è già stato detto in "Brave New World" di Aldous Huxley (il cui fratello Julian era uno dei principali esponenti dell'eugenetica). Con due differenze: nel 1932 non si conosceva ancora la struttura del DNA, quindi la manipolazione degli embrioni in "Brave New World" veniva effettuata attraverso la chimica. E soprattutto, era organizzata dai poteri pubblici, rompendo così ogni legame di filiazione: tutti i "donatori" erano anonimi. Chiamare qualcuno "padre" o "madre" era un insulto osceno. Nel migliore dei mondi postmoderni, invece, la famiglia tradizionale sopravvive, e la gente paga molto per avere discendenti con un futuro sicuro. Il mondo di Gattaca aiuta anche a chiarire un'altra questione: la PMA non sarà mai la regola, non sarà mai maggioritaria, perché la maggior parte delle persone preferisce, e probabilmente sempre preferirà, il buon vecchio modo di fare figli, e perché le varianti più sofisticate - con miglioramento - sono troppo costose. Così sia. Ma non è necessario che un fenomeno sociale sia praticato dalla maggioranza della popolazione per diventare un parametro, un ideale di vita, una norma di desiderabilità, e per stabilire gerarchie sociali. Anche in Europa, la maggior parte delle persone non può andare in vacanza alle isole Seychelles, vestirsi con Prada e mostrare l'ultimo I-Phone: ma quelli che possono farlo danno il tono a tutta la società, e dicono agli altri cosa serve per essere una persona «come si deve». Allo stesso modo, la maggioranza che non usa la tecnoscienza per procreare, verrà chiamata sia a sentirsi colpevole verso i propri figli, sia inferiore verso la società. Già ora, chi non si sottopone a esami prenatali e poi dà alla luce un bambino disabile viene considerato irresponsabile (e costoso per la società). Certo, non mancheranno le anime buone di sinistra che chiederanno, in nome della"uguaglianza", che ogni cittadino abbia lo stesso accesso alle tecnologie riproduttive, anche alle più costose. Inoltre, una gestione "democratica" o "popolare" di queste tecniche non sarebbe affatto preferibile. Qualche anno fa è stato proposto il "bio-hacking" (chiamato anche "Do-it-yourself-biology" o "biologia partecipativa"): sotto forma di kit inviati a casa, open source, o in "bio-café" progettati in analogia con i cyber-cafè, ognuno può accedere alle tecnologie e ai consigli necessari per realizzare il proprio piccolo mostro, almeno sotto forma di mosca. Questa iscrizione della gerarchia sociale nei geni stessi viene giustamente considerata da molti anticapitalisti come l'orrore assoluto. Tuttavia, nulla e nessuno può fermare i suoi promotori; l'eugenetica positiva ha dato origine abbastanza naturalmente al "transumanesimo". I suoi apostoli più convinti, per il momento, non sono gli stati totalitari, ma Google e i libertari californiani. È impossibile vedere come, nelle condizioni attuali, potremmo avere una PMA senza rafforzare la spinta verso l'uomo geneticamente aumentato e, di conseguenza, rafforzare il potere di coloro che ne detengono le chiavi. Ma quelli che pensano solo al loro «diritto a un figlio» ne sono talmente ossessionati da gettare a mare tutti i loro principi abituali, senza esitazione alcuna. Delle femministe, soprattutto negli anni '80 e '90, hanno denunciato le tecnologie riproduttive come un'espropriazione del corpo delle donne da parte di una tecnoscienza maschile. Sono state "invisibilizzate" dai fanatici della PMA?

- Ansem Jappe - 20 aprile 2021, pubblicato su https://blogs.mediapart.fr/anselm-jappe/blog -

NOTE:

[*1] - «Così come la Monsanto ha fatto la sua fortuna sterilizzando i semi per poterli vendere ogni anno, i tentativi di banalizzare l'eteronomia riproduttiva sembrano un tentativo di costringerci a comprare i nostri figli», ha commentato una persona competente.

[*2] - In 1984 di Orwell, O'Brian tortura Winston per costringerlo ad ammettere che 2 + 2 = 5. La prima volta che O'Brian gli chiede quanto fa 2 + 2, Winston risponde spontaneamente: "4". Oggi, è molto probabile che avrebbe chiesto di usare una calcolatrice.

[*3] -  A scanso di equivoci: qui non stiamo parlando delle moderne famiglie "proletarie" e del ruolo che le donne vi svolgono, ma dell'antica categoria giuridica romana. Poter avere figli era una condizione sufficiente per essere cittadini. E questa condizione era automaticamente attribuita ad ogni uomo libero: era ciò che nessuno poteva perdere. Ovviamente, questa non è una situazione desiderabile in quanto tale: questa forma di cittadinanza era riservata agli uomini, e agli uomini liberi. Inoltre, serviva alle esigenze militari. Ma a livello metaforico si può dire che perdere l'autonomia riproduttiva significa cadere ancora più in basso degli antichi proletari.

Fonte: Blog Médiapart de l'auteur

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