Ho continuato a pensarci sopra, e mentre lo facevo, senza nemmeno sapere troppo bene il perché, hanno cominciato a riaffiorare i ricordi legati alle mie proprie vecchie manie del «proseguimento», della «continuazione» di quelle che allora ancora non sapevo nemmeno che fossero delle... «serie». Certo, ricordo bene come ci sia stato, e continui ad esserci chi sostiene che anche la tragedia greca - con, ad esempio, i suoi «diversi» Edipo - in fondo stesse praticando qualcosa che preludeva all'«arte della serie». Allo stesso modo dei proseguimenti dei moschettieri, fatti da Dumas, e di quelli del conte di Montecristo fatto dagli epigoni. Tralasciamo e lasciamo perdere Salgari - che sarebbe come rubare le caramelle ai bambini. Fatto sta che, da bambino, nella mia smania, me li andavo a cercare con tutti i mezzi a mia disposizione pur di potermeli procurare. E leggerli. Per cui, bando alle ciance, la cosiddetta «quinta» stagione della Casa di Carta me la sto godendo, come se fosse «la Morte di D'Artagnan»!
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