La normalizzazione dei Talebani
- I centri del sistema mondiale scoprono l'islamofascismo come strumento repressivo di gestione delle crisi nella periferia -
di Tomasz Konicz
Parlare con i talebani? La signora Merkel non può perdere tempo a questo proposito. Mentre la gente in preda al panico precipita verso la morte all'aeroporto di Kabul, aggrappandosi agli aerei in decollo, mentre gli islamisti dello Stato Islamico fanno saltare in aria decine di persone in fuga per mezzo di attacchi suicidi, la cancelliera ha dichiarato il dominio talebano in Afghanistan essere una nuova realtà, che è «amara» ma con la quale dobbiamo «fare i conti». Questo significa, soprattutto, tenere colloqui con gli islamisti dell'età della pietra «al fine di poter conservare qualcosa di cui che ha beneficiato il popolo dell'Afghanistan negli ultimi 20 anni» (si può solo sperare che il cancelliere dicendo questo non si riferisca, per esempio, ai massicci raid aerei tedeschi, che hanno portato un colonnello Klein al grado di generale) [*1]. Secondo la Merkel, il governo tedesco sta già mettendo a disposizione 500 milioni di euro per scopi umanitari. Con questo si spera di «continuare a proteggere le persone» in Afghanistan,anche dopo l'evacuazione che terminerà tra «pochi giorni» [*2].
Detto in parole povere: Berlino vuole continuare ad avere dei colloqui con i talebani su come gli afghani potranno continuare ad essere mantenuti - pardon, «protetti» - in Afghanistan, a prescindere dal loro regno del terrore islamico. Dal momento che è stata effettivamente questa la preoccupazione centrale tedesca, nel corso del collasso simulato dello stato afgano, avvenuto nelle ultime settimane: la paura che ci possano essere ulteriori flussi di fuga dall'Afghanistan al collasso, i quali potrebbero dare un'ulteriore spinta alla nuova destra nella RFT, si è manifestata proprio nello slogan «il 2015 non deve ripetersi». E in ogni caso, il New York Times, dopo una prima intervista, è arrivato a concludere che i nuovi talebani difficilmente possono essere paragonati ai vecchi islamisti dell'età della pietra [*3]. Almeno questo è quello che hanno detto i talebani. Il loro portavoce, Zabihullah Mujahid, ha persino sottolineato che, «nel lungo periodo», le donne potrebbero anche «riprendere la loro normale attività» sotto i talebani.
Dopo tutto, sembrerebbe che le relazioni pubbliche dei talebani siano state modernizzate, visto che il signor Mujahid sembrava sapere esattamente ciò che i suoi intervistati occidentali volevano sentirsi dire. Nonostante la «situazione tesa» all'aeroporto, i talebani speravano di costruire delle buone relazioni con la «comunità internazionale». Come potenziali terreni di cooperazione, il portavoce talebano ha nominato la lotta contro il terrore (al-Qaeda è ora stata sostituita dallo Stato Islamico), l'eradicazione della produzione di oppio in Afghanistan, che è una delle più importanti fonti di reddito dei talebani, e la «diminuzione dei rifugiati» che vogliono andare in Occidente. I talebani si offrono così di fatto all'Occidente come un «fattore d'ordine», in qualità di guardie carcerarie di una regione socio-economica al collasso che - come la regione post-statale della Libia - in realtà si chiama Afghanistan solo a metà. Il portavoce dei talebani ha fatto di tutto per dipingere il quadro di un movimento islamista abbastanza «tollerante» il quale ha rotto con il passato, secondo il Times. Così l'Occidente dovrebbe ancora tollerare le idiosincrasie dell'estremismo talebano, come il divieto della musica, che il signor Mujahid ha esplicitamente confermato - o le notizie che parlano di donne bruciate vive dai talebani per non aver gradito il loro cibo [*4].
L'idea di assegnare all'estremismo islamico un ruolo di primo piano e di direzione nel controllo dei rifugiati, di lasciare che le corrispondenti dittature, milizie e bande svolgano il ruolo di guardiani dei campi di concentramento in quella che è oramai terra bruciata economica, per trasformarla, per così dire, in prigione a cielo aperto, non è del tutto nuova. Per Berlino, è stato lo slogan della politica della Turchia di Erdogan dalla crisi dei rifugiati del 2015, quello che deve essere evitato a tutti i costi. Lo Stato tedesco continua a pagare miliardi al regime di Erdogan per garantire che ai confini dell'UE prevalga la calma. L'islamofascismo turco - già sotto crescente pressione socio-economica a causa della crisi - si è espanso nelle zone di guerra civile e di collasso del nord della Siria, dove le milizie islamiste finanziate dai turchi sono riuscite, per mezzo di bande, a ottenere un dominio caratterizzato da scontri permanenti. I rifugiati siriani della guerra civile, sempre più esposti ai pogrom in Turchia, dovrebbero ora essere mandati lì: è questa la prospettiva (al-Qaeda, nella città di Idlib controllata dai turchi, ha festeggiato la vittoria dei talebani con un corteo di auto) [*5].
La guerra portata avanti dall'islamismo, che è in realtà un'ideologia di crisi post-moderna [*6], è principalmente rivolta ai controprogetti progressisti. Le aggressioni della milizia turco-islamica contro il Rojava, contro l'auto-amministrazione nel nord della Siria, non sono servite solo alla pulizia etnica dei curdi di questa regione confinante con la Turchia; l'obiettivo è anche quello di schiacciare un contro-modello, concorrente ed emancipatore, all'islamofascismo turco nella regione. Berlino ha sostenuto queste aggressioni turche finanziariamente e politicamente - la repressione dei movimenti dei rifugiati con l'aiuto dell'islamismo sembra essersi radicata come ragione di stato, mentre l'alternativa emancipatrice viene combattuta quasi con passione dall'apparato statale tedesco.
L'islamofascismo sembra ora essere in crescita in tutta la regione. In coincidenza con il collasso di uno «Stato fallito» incarnato nello Stato simulato dell'Afghanistan finanziato dall'Occidente, la Turchia ha esteso i suoi attacchi al movimento curdo in Siria e in Iraq. Sotto la copertura del disastro dell'Afghanistan, il risveglio emancipatore in Rojava verrà finalmente liquidato [*7]. Per lo meno gli islamisti di Ankara sono ora ben consapevoli che la loro crescita, in seguito al processo di crisi in corso a livello globale, non è senza alternative - come dimostrato dalla guerra civile in Siria. Il collasso della Siria - simile alla situazione ancora più drammatica dell'Afghanistan - ha avuto cause socio-economiche ed ecologiche. La guerra civile è scoppiata a causa dell'impoverimento avanzato di una popolazione in gran parte economicamente superflua, così come dovuta a una siccità prolungata nel nord-est agrario del paese. Nel corso della guerra civile - in cui lo stato siriano, che era degenerato fino a diventare un negozio self-service del clan Assad, avrebbe potuto evitare l'implosione solo grazie a un massiccio intervento russo - ciò che è emerso è stato, non solo lo stato islamico genocida in quanto forza determinante, ma anche l'autogoverno nel nord della Siria, il quale è stato ampiamente sostenuto dal movimento di liberazione curdo.
Il modello Rojava, che cerca di realizzare una rivendicazione emancipatrice, costituisce - finché esiste - una minaccia per l'islamismo nella regione, poiché mostra di essere un'alternativa al dominio terroristico di queste ideologie clerico-fasciste di crisi. L'islamismo dello Stato Islamico, dei Talebani e di al-Qaeda rappresenta, per così dire, un estremismo fascista di centro [*8], che utilizza la religione, l'identità religiosa centrale nella sfera culturale islamica, come cassa di risonanza per spingerla fino ad un estremo ideologico, perfino genocida, in quella che è un'interazione con i focolai di crisi; questa ideologia di crisi ha quindi ben poco a che fare con le tradizioni tolleranti dell'Islam originale, al quale gli ideologi islamisti fanno riferimento.
La crisi del sistema globale capitalista, economicamente, produce terra bruciata alla sua periferia, cioè regioni dove non c'è quasi nessuna valorizzazione del capitale e dove quindi si creano strati di popolazione economicamente superflui, il che porta a una crescente instabilità politica la quale alla fine può portare al collasso dello Stato. È questa la causa principale del rapido collasso dello Stato in Afghanistan [*9], così come di processi simili in Libia, o delle guerre civili in Iraq e Siria.
La Siria, tuttavia, è un'anomalia, perché qui, con il Rojava, esiste davvero un'alternativa progressista ed emancipatrice, rispetto alla deriva indotta dalla crisi verso la barbarie islamista. In Siria, almeno nella lotta contro le milizie genocide dello «Stato Islamico» sostenuto dai turchi, l'Occidente aveva la possibilità di scegliere un'alternativa progressista. È significativo che - dopo la vittoria ufficiale sullo Stato Islamico - sia gli Stati Uniti che la Russia abbiano proceduto a vendere gradualmente il Rojava alla Turchia di Erdogan, che ha saputo sfruttare la competizione imperialista tra le due grandi potenze. Per Washington e per Mosca, gli islamisti di Ankara e Idlib si sono rivelati più importanti del risveglio emancipatore nel nord della Siria, ciò a causa del maggior peso geopolitico della Turchia.
Gli attuali attacchi aerei e di artiglieria della Turchia nel nord della Siria [*10] e dell'Iraq [*11], non sarebbero possibili senza l'apertura dello spazio aereo da parte degli Stati Uniti, e senza il consenso di Mosca per quel che riguarda la sua zona di influenza nel nord della Siria. Attualmente, l'Occidente sta capitolando di fronte all'islamofascismo, che - storicamente e socio-economicamente parlando - si è sviluppato sotto due forme. Da un lato, sono stati i tanti miliardi di dollari occidentali e sauditi che sono fluiti nelle tasche dei predecessori dei talebani - i mujaheddin afgani che hanno combattuto le truppe sovietiche nella fase finale della guerra fredda - a dare un enorme impulso all'islamismo militante (Osama Bin Laden ha combattuto in Afghanistan). I Talebani si formarono concretamente nei campi profughi e nelle madrase che sorsero - finanziate dai sauditi - in Pakistan-Afghanistan durante la guerra contro i sovietici per indottrinare i bambini alla nascente ideologia islamista.
Simultaneamente, la crisi mondiale del capitale che sta soffocando nella sua produttività - la quale, proprio dovuta alla crescente intensità di capitale della produzione di merci nei centri, ha colpito per prima e innanzitutto le regioni periferiche del mercato mondiale, deboli di capitale - ha creato le basi socio-economiche per l'ascesa di movimenti estremisti nella periferia in collasso. L'islamismo rappresenta pertanto - come fa il fascismo europeo su base nazionale e razziale - una forma terroristica di crisi del dominio capitalista, che prende slancio ovunque il corso della crisi sia sufficientemente progredito, e le basi culturali corrispondenti siano in vigore.
La lotta ventennale delle truppe americane e della NATO contro i talebani, assomigliava quindi a una futile lotta contro i mulini a vento, e questo nel momento in cui l'Occidente combatteva i fantasmi della crisi che esso stesso aveva direttamente e indirettamente prodotto. La macchina militare altamente sviluppata del tardo capitalismo ha combattuto - con metodi barbari - sulla terra economicamente bruciata contro i barbari prodotti finali della crisi del capitale. Gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO volevano finanziare la sovrastruttura di uno stato capitalista con miliardi di sussidi, e farlo venire letteralmente alle mani, senza rendersi conto che non c'era alcuna base economica per questo. Probabilmente, l'Afghanistan rimarrà per il momento l'ultimo tentativo di nation building dell'imperialismo occidentale in crisi. L'aspetto nuovo dell'attuale escalation in Afghanistan consiste nel fatto che non solo Berlino, ma tutto l'Occidente nel suo insieme comincia ad accettare questa ideologia di crisi su base religiosa, questo fascismo islamico, come se fosse un fattore di ordine della periferia, che dovrebbe tenere sotto controllo le masse superflue del Sud globale, per poter evitare che fuggano verso i centri - anche in vista della prossima prorompente crisi climatica. Anche i talebani ne sono pienamente consapevoli, come chiarisce l'intervista del New York Times. Il modello repressivo di gestione della crisi stabilito da Berlino, in cui i regimi islamisti o le bande vengono letteralmente pagati per impedire i movimenti di volo, minaccia di diventare una nuova realtà distopica nell'attuale imperialismo di crisi. Oggi sembra che sia in atto la transizione verso un capitalismo neoliberale formalmente democratico, dove il dominio senza soggetto viene esercitato attraverso i livelli di mediazione del mercato e del potere giudiziario, e sembra essere ormai in atto un'amministrazione della crisi apertamente autoritaria. Anche la facciata di «Libertà e Democrazia» viene ora abbandonata, con un Biden che ancora una volta si limita a continuare le politiche di chi è stato il suo predecessore populista di destra alla presidenza. Questa svolta autoritaria inizia a partire dalla periferia; ma, come ad esempio è dimostrato dalla militarizzazione dell'apparato di polizia statunitense, si riverserà presto anche sui centri.
- Tomasz Konicz - Pubblicato su www.exit-online.org il 10.09.2021 -
Questo testo si riferisce ad aspetti del libro "Weltordnungskrieg" [La guerra di ordinamento mondiale], di Robert Kurz, del 2003. Nella primavera del 2021, "zu Klampen" ne ha pubblicato una nuova edizione, con una postfazione aggiornata di Herbert Böttcher.
NOTE:
[*1] - https://www.deutschlandradio.de/oberst-klein-wird-general.331.de.html?dr9am:article_id=217621
[*3] - https://www.nytimes.com/2021/08/25/world/asia/taliban-spokesman-interview.html
[*4] - https://www.businessinsider.com/afghanistan-taliban-set-a-woman-on-fire-for-bad-cooking-2021-8?IR=T
[*6] - http://www.konicz.info/?p=4430
[*8] - http://www.konicz.info/?p=4430
[*9] - http://www.konicz.info/?p=4343
fonte: EXIT!
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