Ringraziamo il capitalismo per le forze produttive!!!
- Facciamoci due risate con Anton Pannekoek -
di Palim Psao. Critique de la valeur-dissociation
« Ora come ora, la precedente, secolare storia della civiltà ci appare come se fosse una necessaria preparazione al socialismo, come una lenta liberazione dal giogo della natura, come un graduale progressivo aumento della produttività del lavoro fino ad arrivare al livello in cui i mezzi di esistenza potranno essere creati per tutti, e quasi senza alcuna sofferenza. È anche questo, pertanto, il merito e la giustificazione del capitalismo: dopo tanti secoli di un lento e inconsapevole progresso, abbiamo imparato a vincere la natura in una breve lotta; sono state liberate le forze produttive e, in fin dei conti, dopo tutto il processo lavorativo è stato trasformato e messo a nudo fino al punto che ha potuto essere afferrato e compreso dalla mente umana; condizione indispensabile per essere padroneggiato. » (Pannekoek, "Prefazione a L'essenza del lavoro intellettuale, di Josef Dietzgen", 1902).
Pannekoek è stato tra quelli che hanno ripreso - così come ha fatto quasi tutto il marxismo e il pensiero borghese - la tesi della neutralità della tecnologia.
Il problema delle forze produttive che sono state sviluppate dal capitalismo, ha continuato ad essere, invariabilmente e «unicamente, il modo in cui il capitalismo ne fa uso». Ed è quindi così che, «mentre il capitalismo sviluppa un potere illimitato, allo stesso tempo devasta l'ambiente di cui esso vive insensatamente. Solo il socialismo - che può dare a questo potente corpo coscienza e azione ponderata - sostituirà in un sol colpo la devastazione della natura con un'economia ragionevole» (Pannekoek, "La distruzione della natura", 1909).
Naturalmente, Pannekoek non è certo l'unico a discendere la china di una simile aberrazione! I marxismi, e la critica marxiana dell'economia politica, a causa di un'ambiguità assai forte in Marx - «rampollo e dissidente del liberalismo» (Kurz) -, hanno tutti un rapporto molto positivo con le tecnologie e con lo sviluppo delle forze produttive generate dalla società capitalista. La critica verrà svolta da Cornelius Castoriadis, da Simone Weil, da Adorno, e parzialmente dal gruppo dell'Encyclopédie des Nuisances (con i limiti propri della critica affermativa che si trova in questi autori).
Tuttavia, Karl Marx è stato quanto meno l'autore dell'idea secondo cui «uno degli aspetti civilizzanti del capitale, è il modo in cui esso estorce questo plus-lavoro [il plusvalore relativo]; e le condizioni in cui lo fa sono più favorevoli allo sviluppo delle forze produttive, dei rapporti sociali, e alla creazione di una struttura del tutto nuova e superiore [...]. Il plus-lavoro crea i mezzi materiali ed è il germe di una situazione la quale - in una forma superiore di società - permetterebbe di stabilire una correlazione tra questo lavoro e il tempo dedicato al lavoro materiale, che ne verrebbe limitato» [*1].
Pertanto, Marx non è affatto estraneo alle «modernizzazioni di recupero» menzionate da Kurz, e che tutti i regimi "socialisti" o "comunisti" del XX secolo avrebbero incarnato.
Per il marxismo tradizionale, lo sviluppo delle forze produttive è la conditio sine qua non del passaggio al socialismo, e poi al comunismo: le basi sono state poste grazie all'ascesa della grande industria, alla prodigiosa accumulazione dei mezzi materiali e tecnici che il capitalismo aveva raggiunto. Nella mente dei militanti rivoluzionari formatisi alla scuola marxista, così come a quella anarchica (come insistono il collettivo Mur par Mur, o José Ardillo) - ad eccezione dei "naturiani" o di Gustav Landaeur - la rivoluzione vedrà il proletariato strappare ai monopolisti borghesi l'insieme delle tecniche moderne, per metterle poi al servizio della liberazione umana.
Se Castoriadis ha ragione nel segnalare, e puntare il dito contro la visione di una tecnologia capitalista positiva, presente in Marx, egli però non vede che in Marx si possono trovare anche preziose analisi della natura e dell'impeto della tecnologia capitalista nel suo legame con il processo di valorizzazione. Credo si possa costruire una posizione propria della critica della dissociazione del valore, che poi coinciderebbe con il considerare il «duplice Marx» come si pone nei confronti della questione tecnologica. In tale considerazione, si tratta di mostrare, a partire da un certo Marx, che non è più questione di mettere in discussione l'uso capitalista delle tecnologie, ma piuttosto di mostrare come esse rechino tutta l'impronta e il marchio dei rapporti sociali nei quali e sotto i quali sono state concepite e funzionano. Queste tecnologie e i sistemi che esse formano vanno smantellati: è necessario difendere una "politica" di demolizione.
Palim Psao. Critique de la valeur-dissociation
NOTA:
[*1] - Karl Marx, Capitale, Libro III, Parigi, Éditions sociales, 1976, p. 741.
Nessun commento:
Posta un commento