L'indagine ha che fare con l'assassinio di un'importante uomo politico in un villaggio nella parte interna della Sicilia, in Italia. Il modo in cui il rapporto viene redatto potrebbe far credere che sia stato illegalmente divulgato dallo stesso commissario che ha seguito il caso, riuscendo così a fare del materiale poliziesco un racconto letterario; visto che il crimine aveva stretti legami con la nota "Operazione Mani Pulite", svoltasi a metà del 1994. [...] La storia, piena di deviazioni poetiche da parte di un commissario semi-malinconico, rende assai difficile, come diceva Celso Furtado, «sbucciare la cipolla" della realtà» (un riferimento, questo, che vuole sottolineare l'applicazione recidiva del metodo dell'economia politica alle sue investigazioni). E tuttavia - ciò nonostante - se considerata attentamente e «depurata da ogni casualità» (come diceva Engels, un altro investigatore seminale), ecco che la realtà si consegna, e si impone bruciante, come la Dama dell'Apocalisse nella voce di Elis Regina. Insomma, per farla breve, un lunedì mattina, due funzionari della nettezza urbana di Vigata, nel terreno che circondava le rovine della vecchia fabbrica chimica della città, edificata quando il vento del progresso soffiava forte sull'isola, avevano scoperto il cadavere dell'onorevole parlamentare Cusumano; una sorta di capo politico locale:
«(…)poi quel venticello rapidamente si era cangiato in un filo di brezza e quindi si era abbacato del tutto: era stato capace però di fare più danno di un tornado, lasciandosi alle spalle una scia di cassintegrati e disoccupati. Per evitare che le torme vaganti in paese di nìvuri e meno nìvuri, senegalesi e algerini, tunisini e libici, in quella fabbrica facessero nido, torno torno vi era stato alzato un alto muro, al di sopra del quale le strutture corrose da malottempo, incuria e sale marino, ancora svettavano, sempre più simili all'architettura di un Gaudi in preda ad allucinogeni.» (Camilleri, 1999, "La forma dell'acqua", Sellerio)
Va detto che a quel tempo tutta l'Italia intera era scossa dal terremoto giuridico causato dai magistrati di Milano. E la morte di un'importante figura politica, avvenuta in una zona di prostituzione, portava acqua a quel mulino. Insomma, il rapporto del commissario diventava così una radiografia dell'epoca della crisi politica innescata dall'Operazione Mani Pulite, oltre che a essere, una precisa descrizione della vita quotidiana, delle relazioni di lavoro, insieme a quelle della criminalità che riguardava quella cittadina costiera che aveva vissuto giorni migliori. Il posto in cui era avvenuto il crimine era noto come "La Mannara": il prodotto di una mente ingegnosa, che essendo venuta a sapere della decisione ministeriale secondo cui sarebbero stati trasferiti nella cittadina, a titolo di controllo del territorio, dei distaccamenti militari, aveva installato in quel luogo un mercato di carne umana finalmente liberata dal giogo comunista e proveniente principalmente dall'Est europeo. Arrugginite dall'aria del mare, le rovine della fabbrica che circondavano la mannara affascinavano il commissario. Erano un'immagine che sintetizzava la sua terra, simboleggiavano qualcosa che neanche lui riusciva a spiegare. Ma le circostante oscure del crimine, nel coinvolgere la mannara, avevano provocato la curiosità urgente del commissario. Da vivo, l'onorevole Cusumano non era mai stato colto in flagrante; e, come se non bastasse, il medico legale aveva dichiarato che la morte era avvenuta per un infarto fulminante, per cause naturali. E a partire dal fatto che c'era qualcosa che gli sembrava fuori posto, ecco che il nostro commissario aveva contraddetto ogni ragionevole previsione e aveva deciso di continuare le sue indagini. Come diceva la gente del paese, questo commissario, quando decideva di capire qualcosa, la capiva! Ma, in Camilleri, il malinconico detective amletico - se vogliamo - appare più simile ad un dio di quinta categoria che scopre le cose con rabbia e fastidio, un dio che non ha mai preso in mano il controllo del caso:
« (...) La ragazza non rispose, lo taliava, semplicemente. "E allora?". - "E tu saresti un uomo onesto?" sibilò. Montalbano capì che si riferiva alla notte in cui aveva visto Ingrid seminuda, distesa sul suo letto. - "No, non lo sono" disse. "Ma non per quello che pensi tu". » (Camilleri, 1999, "La forma dell'acqua", Sellerio)
Il commissario di Vigata sa di non essere un uomo onesto, ma non per il motivo che potremmo immaginare. L'indagine sulla quadratura del cerchio - in questo caso quella sulla forma dell'acqua - rivela come alla fine sia l'investigatore stesso che prende la forma dell'indagine. Prende coscienza delle conseguenze contraddittorie delle sue proprie indagini solo dopo che si rivela l'esito di tutta questa vicenda. Tragicamente, il processo della verità si trova sempre alle spalle del commissario. La figura dell'investigatore che non controlla le conseguenze delle sue investigazioni - e che di questo ha coscienza - è la più appropriata se si vuole rappresentare una società reificata che non dipende solamente dalla somma degli sforzi individuali compiuti per tornare alla propria vita normale, o per autogovernarsi. Montalbano, l'impotente commissario di Vigata, finisce per ricordarci un racconto di Kafka, dal titolo "Indagini di un cane", che ci viene narrato da un inquietante investigatore canino, il quale racconta quali sono stati tutti i risultati sbagliati dell'indagine, e lo fa senza mai mostrare di essere in grado di comprenderla. Così, in questo racconto, a unire i fili, e a scoprire le risposte date dall'investigazione canina può essere solo il lettore. Analogamente, allo stesso modo, solo un narratore che sia critico dell'Illuminismo può mirare a quella crepa esistente tra ciò che lui pensa essere la realtà e il modo in cui la realtà stessa viene rappresentata. Perciò, alla fine tocca al lettore decodificare un processo nel quale bisogna che la concretezza prenda il posto dell'oggettività; e dove a essere spettrale è la realtà stessa. Insomma, cerchiamo di essere più dubbiosi!!
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