BRICS: diventare più grandi, ma anche più forti?
- di Michael Roberts -
Il vertice di tre giorni dei leader BRICS termina oggi. I BRICS sono Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Il leader russo Putin non era presente di persona – ha molte altre cose da fare! Ora, le cinque nazioni BRICS hanno un PIL che, combinato, in termini di parità di potere d'acquisto (una misura di ciò che il PIL può acquistare a livello nazionale in beni e servizi) è più grande di quello del G7. Questo, nell'ordine economico mondiale, suona come un punto di svolta. Ma, tuttavia, potrebbe essere solo un'illusione.
In primo luogo, all'interno dei BRICS, a essere dominante è la Cina (che rappresenta il 17,6% del PIL globale), seguita dall'India al secondo posto (7%); mentre Russia (3,1 per cento), Brasile (2,4 per cento) e Sud Africa (0,6 per cento) insieme contribuiscono con quello che è solo il 6,1% del PIL mondiale. Pertanto, quello con cui abbiamo a che fare non è un potere economico equamente condiviso. Inoltre, in termini di dollari nominali - cosa che a mio parere è ciò che conta - rispetto al G7, i paesi BRICS continuano a essere ancora ben indietro. Combinato, nel 2022, il blocco BRICS ha avuto un PIL di 26 trilioni di dollari, che corrisponde circa al PIL dei soli Stati Uniti. E allorché andiamo a misurare il PIL pro capite, ecco che vediamo che i BRICS non vanno da nessuna parte: anche utilizzando dollari internazionali corretti per mezzo del PPP [Purchasing Power Parity:Parità Potere di Acquisto], il PIL pro capite degli Stati Uniti ammonta comunque a $ 80.035, più di tre volte quello della Cina, il quale ammonta a $ 23.382.
Nel corso di questo Summit, sono stati invitati altri paesi, ad aderire come membri a pieno titolo: Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Ma anche tale invito venisse accolto, il gruppo dei BRICS rimarrà comunque una forza economica assai più piccola, e più debole, del blocco imperialista del G7. Inoltre, i BRICS sono molto diversi in termini di popolazione, di PIL pro capite, di geografia e di composizione commerciale. Senza considerare che le élite dominanti in questi paesi sono spesso ai ferri corti tra di loro (Cina contro India; Brasile contro Russia). Pertanto, a differenza del G7 - che, sotto il controllo egemonico degli Stati Uniti, condivide degli obiettivi economici sempre più omogenei - il gruppo BRICS, per ricchezza e reddito e senza obiettivi economici unificati appare eterogeneo; tranne forse quel che attiene a cercare di allontanarsi dal dominio economico degli Stati Uniti, e in particolare del dollaro USA. Ma anche questo obiettivo risulta difficile da raggiungere. Come ho già sottolineato, sebbene ci sia stato un relativo declino del dominio economico degli Stati Uniti e del dollaro, a livello globale quest'ultimo rimane di gran lunga la valuta più importante tanto per il commercio, quanto per gli investimenti e per le riserve nazionali. Approssimativamente, circa la metà di tutto il commercio globale viene fatturato in dollari, e questa quota è rimasta praticamente inalterata. A livello globale, il dollaro USA è rimasto coinvolto in quasi il 90% delle transazioni, rendendolo così come la valuta più trattata nel mercato degli scambi. Circa la metà di tutti i prestiti transfrontalieri, dei titoli di debito internazionali e delle fatture commerciali vengono espressi in dollari USA, mentre circa il 40% dei messaggi SWIFT [trasferimenti di denaro rapidi e sicuri tra banche], e il 60% delle riserve valutarie globali sono in dollari. Lo yuan cinese continua gradualmente a guadagnare e la quota di renminbi [la valuta avente corso legale nella Repubblica Popolare Cinese] nel fatturato valutario globale, è aumentata, da meno dell'1% di 20 anni fa a oltre il 7% di oggi. Ma la valuta cinese rappresenta ancora solo il 3% delle riserve valutarie globali, rispetto all'1% del 2017.
Ed è anche vero che la Cina in chiave "anti-USA" rimane fortemente impegnata per quel che riguarda le sue riserve valutarie di dollari USA. La Cina, ha dichiarato pubblicamente di aver ridotto, tra il 2005 e il 2014, la quota in dollari delle sue riserve, dal 79% al 58%. Ma tuttavia, negli ultimi dieci anni, non sembra che la Cina abbia cambiato la quota in dollari delle sue riserve. Inoltre, le istituzioni multilaterali che potrebbero essere un'alternativa agli attuali FMI e alla Banca Mondiale (controllati dalle economie imperialiste) sono ancora minuscole e deboli. Ad esempio, c'è la New Development Bank, istituita nel 2015. La NDB, con sede a Shanghai, ha appena nominato come suo responsabile l'ex presidente di sinistra del Brasile, Dilma Roussef. Si rumoreggia sul fatto che la NDB potrebbe fornire un polo di credito in opposizione a quello delle istituzioni imperialiste del FMI e della Banca Mondiale. Ma c'è ancora molta strada da fare per arrivarci. Un ex funzionario della South African Reserve Bank (SARB) ha commentato: «l'idea secondo cui le iniziative dei Brics - delle quali la più importante finora è stata la NDB - soppianteranno le istituzioni finanziarie multilaterali dominate dall'Occidente, è un sogno irrealizzabile». Anche così, tuttavia, in questo decennio la rivalità internazionale - dal punto di vista politico, economico e militare - si surriscalda. I giorni del dominio, totale e assoluto, da parte del blocco imperialista sotto gli Stati Uniti, sono finiti; e questo perché la globalizzazione, vale a dire, il commercio senza ostacoli, così come i flussi finanziari degli ultimi due decenni del 20esimo secolo sono finiti. Mentre nei primi due decenni di questo secolo, nelle principali economie la redditività del capitale è diminuita, quella che si è intensificata è stata la lotta per il plusvalore tra le principali economie capitaliste. E questo sta portando a una frammentazione del potere economico. Il blocco imperialista guidato dagli Stati Uniti è ancora dominante, ma il suo dominio viene ora messo in discussione, come mai prima d'ora.
- Michael Roberts - Pubblicato il 24/8/2023 su Michael Roberts blog. Blogging from a Marxist economist -
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