Il motivo dantesco della trasformazione/metamorfosi diventa particolarmente eloquente nel passaggio da Virgilio a Beatrice, che corrisponde al passaggio dal Purgatorio al Paradiso, e nel caso anche al passaggio dal latino alla lingua volgare: riguardo Virgilio, questa idea di trasformazione si riflette in diverse situazioni, come quella che attiene alla trasformazione dell'Eneide in un'opera "santa" o "religiosa", quasi un testo sacro sulla falsariga dell'Esodo biblico, per esempio (e che alla fine genera quella che diventa la grande trasformazione da un poema a un altro, da un poeta a un altro; vale a dire, il passaggio che porta dall'Eneide pagana alla Commedia cristiana: Virgilio, come Mosè, non può entrare nella Terra Promessa).
Harold Bloom, riprende questo desiderio di trasformazione/metamorfosi nel suo monumentale libro su Shakespeare, soprattutto per quel che appare come il tentativo di trasformare un testo secolare in un testo sacro. Gli scritti di Shakespeare - sostiene Bloom - hanno trasformato quello che costituisce il tessuto di tutto ciò che è l'«umano». E pertanto ecco che così, quel che «inventa l'umano» è proprio l'opera di Shakespeare : la «Bardolatria dell'Alto Romanticismo» - come scrive Bloom - non forma altro che quella che appare come se fosse la più organizzata delle Sette: la Bardolatria è un'eccessiva ammirazione per William Shakespeare.
Dal XVIII secolo, Shakespeare viene così riconosciuto come «il Bardo». E colui che idolatra Shakespeare, diviene a sua volta il “bardolatore”, nella misura in cui la «perenne supremazia» di Shakespeare gli appare inevitabile, informando in tal modo il nostro linguaggio e la nostra psicologia.
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