La fine della finanziarizzazione?
- Al posto del dollaro, Cina e Russia negoziano già con alcuni Paesi attraverso le loro valute, sostenute da materie prime come petrolio e gas. Qualcosa si sta muovendo nell'economia globale: la finzione della ricerca di rendite viene messa in discussione dalla sicurezza della produzione reale. -
di Marcio Pochmann - Pubblicato il 23 maggio 2022
Stiamo assistendo, all'inizio del terzo decennio del XXI secolo, a un processo di mercificazione monetaria che potrebbe mettere fine a mezzo secolo di funzionamento dell'economia globale, che si basava sul dollaro ed era sostenuta da attività finanziarie. La comparsa sulla scena di valute sostenute e garantite da materie prime, sembra prospettare l'indebolimento di quella che è stata la fase di predominio delle valute fiduciarie, prive di garanzie e senza alcuna reale convertibilità, che non fosse quella meramente finanziaria. In termini tecnici, stiamo parlando della possibilità di definire nuovamente il quadro monetario internazionale, una sorta di Bretton Woods III. Laddove, alla Conferenza di Bretton Woods, tenutasi negli Stati Uniti nel 1944, venne stabilito un insieme di disposizioni, concordate da 45 Paesi, che avrebbero costituito il sistema finanziario del periodo susseguente alla Seconda Guerra Mondiale. Per quasi tre decenni (1944-1973), il dollaro si trasformò nella valuta forte del settore finanziario globale, e divenne il parametro per tutte le altre valute, soprattutto quelle occidentali. In questo modo, ogni moneta nazionale sarebbe stata legata all'oro (al valore di 35 dollari), rendendo possibile a chiunque possedesse tale moneta, in qualsiasi parte del mondo, di cambiarla con il suo equivalente in oro. Affinché ciò diventasse possibile, vennero create istituzioni finanziarie associate al sistema delle Nazioni Unite (ONU), come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, che dovevano fungere da garanti del sistema finanziario globale. L'espansione economica, sancita e celebrata come i «30 gloriosi anni di capitalismo», si è espressa nella forma di una speculazione finanziaria racchiusa e contenuta in ampi ritmi di produzione, creazione di posti di lavoro e inclusione sociale.
A partire dal 1973, con la fine della convertibilità del dollaro in oro, la moneta degli Stati Uniti ha assunto un carattere fiduciario, così come le altre valute nazionali. Intorno alla predominanza del dollaro, e al mantenimento del suo ruolo di riserva finanziaria globale, si è costituita una sorta di Bretton Woods II . Di conseguenza, a partire da questo, gli ultimi cinque decenni sono stati caratterizzati da un'intensa volatilità dei tassi di cambio, dei tassi di interesse e delle disponibilità finanziarie. Senza le garanzie della produzione di merci e senza il ricorso al dollaro, nel mondo, il finanziamento tramite il dollaro è diventato possibile solo grazie a un crescente processo di finanziarizzazione.
Pertanto, l'industria produttiva è stata sostituita dall'industria finanziaria associata ai derivati, agli hedge fund e alle cartolarizzazioni. Sotto la spinta e sulla scia della deregolamentazione neoliberista, la globalizzazione economica si è sviluppata sulla base della logica del credito globale orientato fondamentalmente alle attività finanziarie. Il risultato di tutta questa lunga fase del dollaro fiduciario, è stato quello di una decrescita del ritmo di espansione economica, il prevalere di una diffusa disoccupazione, insieme all'insicurezza del lavoro e a un aumento della povertà e delle disuguaglianze. In altre parole, il formarsi di una classe planetaria di oligarchi, ricchissimi grazie alla monopolizzazione dell'economia globale consentita dalle catene globali del valore, ha finito per relegare la politica all'interno delle nazioni in balia del mercato.
Le insistenti misure governative, volte a mantenere il dollaro come valuta fiduciaria di riferimento nel mondo, sembrano essersi ormai esaurite. Ne è un esempio la fine dei tassi di interesse negativi negli Stati Uniti (USA), in Giappone e nell'Unione Europea (UE), dopo la conclusione delle operazioni di creazione di ingenti quantità di denaro artificiale (quantitative easing), messe in atto a partire dalla grave crisi finanziaria del 2008, al fine di rimandare la catastrofe capitalistica, come rivela Nomi Prins nel suo libro "Collusion: How Central Bankers Rigged the World".
Paesi come la Russia e la Cina, tra gli altri, non si sono arresi alle modalità di evocazione del denaro facile consentite dal quantitative easing (asservimento quantitativo alla finanziarizzazione). Per questo motivo, attualmente i bilanci delle loro rispettive banche centrali sono in ordine, a differenza di Stati Uniti, Unione Europea e Giappone. Anziché utilizzare il denaro che era stato messo a disposizione per ossigenare l'economia, ha prevalso la logica della ricerca della rendita, indirizzandolo all'acquisto di azioni di loro proprietà, con alti dividendi che sarebbero tornati nelle tasche degli azionisti.
I nuovi oligarchi del denaro rivelano le proprie disponibilità a partire dall'elevata vicinanza alle banche centrali che, nella loro condizione di indipendenza, costringono i governi ad allearsi con le loro controparti private e si riproducono attraverso la rotazione dei posti di lavoro dei loro dipendenti (banca privata - banca centrale - banca privata - banca centrale). In questo scenario, l'attuale andamento, che deriva dall'aumento dell'inflazione, è stato accompagnato da un aumento dei tassi di interesse, che rallenta le economie occidentali e favorisce il trasferimento di reddito e ricchezza alla classe planetaria degli oligarchi, soprattutto in Occidente. Se a ciò si aggiungono le sanzioni adottate contro la Russia, si può intuire quale si il potenziale rischio devastante per il sistema finanziario occidentale.
Finora si direbbe che la Russia si sia ispirata agli Stati Uniti del 1973, quando si è accordata con i Paesi del Medio Oriente per far loro accettare la sua moneta, senza più alcuna garanzia e convertibile in oro, come pagamento per il petrolio dei membri dell'Organizzazione Mondiale del Petrolio (OPEC). In qualità di maggior paese esportatore di energia al mondo, la Russia cerca ora di affermare la propria valuta (rublo) come riferimento per i mezzi di pagamento internazionali, e mentre che la Cina ha stabilito con l'Arabia Saudita che il pagamento del petrolio importato avvenga attraverso il Renminbi cinese. Allo stesso tempo, i due Paesi di riferimento, tra gli altri, in alternativa a Bretton Woods II sperimentano nuove modalità monetarie sostenute dalla produzione di materie prime (commodities). Per mezzo secolo, il «Dollaro fiat» ha governato il mondo attraverso la finanziarizzazione dell'economia, parallelamente al dominio politico degli oligarchi arricchiti dall'imposizione delle ricette neoliberiste. Bretton Woods III potrebbe rappresentare un'alterazione sostanziale dall'economia globale fondata sulla «moneta fiat», che sostiene il dollaro attraverso la finanziarizzazione, e un passaggio al nuovo sistema finanziario basato su valute sostenute da materie prime. In questo senso, la garanzia finanziaria (fittizia) verrebbe sostituita dall'assicurazione della produzione reale di merci derivante dal processo di mercificazione monetaria.
- Marcio Pochmann - Pubblicato il 23 maggio 2022 -
fonte: OutrasPalavras. Jornalismo de profundidade e pòs-capitalismo
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