Sfruttamento e schiavitù
Peggio dello sfruttamento: superfluità ed espulsione nella decomposizione del capitalismo - Conferenza presso il Centro di Etica, Politica e Società dell'Università di Minho e il Dipartimento di Filosofia dell'Università di York, 2021-07-16 - di Bruno Lamas
Sintesi: Karl Marx usa il termine «sfruttamento» secondo quelli che sono due significati distinti: a) un significato di astrazione generale, il cui senso non è del tutto determinato e che ancora oggi viene spesso interpretato in maniera trans-storica, o come categoria morale; e b) un secondo significato, che viene sviluppato nelle opere che appartengono alla sua fase più matura, e che sono dedicate alla critica dell'economia politica, dove viene associato alla chiarificazione teorica relativa alla produzione sociale del «plusvalore».
Per quanto sia molto più preciso, questo secondo significato non è del tutto privo di ambiguità, alcune delle quali hanno finito per essere ulteriormente esacerbate dalle interpretazioni successive che si riferiscono a una concezione generica, o indeterminata, di «sfruttamento».
Nel corso di questa conferenza, per prima cosa tenterò di superare queste ambiguità intorno al concetto di sfruttamento, evidenziando quelli che sono alcuni degli aspetti fondamentali della critica marxiana della forma sociale capitalista, vale a dire, nel senso che il capitale è una forma di «ricchezza astratta» (Marx), socialmente e storicamente specifica della società moderna, che si basa sulla combustione indifferenziata di energia umana rappresentata socialmente nelle merci e nel denaro. In un secondo momento, vorrei illustrare quali sono gli effetti disastrosi delle attuali tendenze oggettive alla superfluità sociale e alla espulsione immanente alla traiettoria storica del capitalismo, prendendo in esame uno dei problemi contemporanei che viene sempre più interpretato a partire da un vago e moralistico concetto di «sfruttamento», ossia la cosiddetta «schiavitù moderna»
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