Dalla fantascienza all’horror, passando per il fantastico e la satira pungente, Alan Moore si destreggia sapientemente tra generi, stili e registri diversi, per dipingere quadri rischiarati da illuminazioni folgoranti, squarci di una realtà solo apparentemente inverosimile, che spesso riesce a superare anche le fantasie più sfrenate. Così due amanti improbabili si innamorano con conseguenze terribili in un lupanare frequentato da stregoni; il racconto dell’origine dell’universo rivela un esito catastrofico; gli spiriti esigono vendetta e i personaggi dei fumetti tormentano gli uomini in carne e ossa che li hanno creati, disegnati e resi celebri in ogni parte del pianeta.
In questa sua prima serie di racconti, che abbraccia quarant’anni di lavoro e contiene numerosi inediti, Alan Moore presenta nove storie piene di meraviglia e stranezze, ognuna delle quali ci inabissa nei risvolti fantastici della realtà, con personaggi indimenticabili alla scoperta dei lati inesplorati dell’esistenza.
(dal risvolto di copertina di: Alan Moore, "Illuminations. I racconti fantastici". Fanucci, traduzione di Tessa Bernardi, pagg. 464, €17)
Guardatevi le spalle dai fantasmi
- di Chiara Valerio -
«Sei un santo, secondo te?». «Sai che non ci avevo mai pensato? Ma adesso non saprei dirti. Le visioni dei santi non sono pieni di angeli e agnelli? Le mie sono popolate di orride creature che ringhiano dai tronchi degli alberi, e gli stagni che superiamo pullulano di bestie lucenti cone vesciche, o di larve viscide e panciute, o di resti porosi di chele di granchio, solo con tanti occhi pieni di odio. Quelle masse laggiù, che immagino siano solo nuove invernali, ai mei occhi sono enormi palle di vermi attorcicgliati, grosse come città nel cielo spoglio. Si contorcono, annodandosi e disfacendosi di continuo, i corpi ciechi tozzi come torrette, grassi e lunghi, grigio-rosa, con un lucore umido sui fianchi. I colori che vedo ti farebbero accapponare la pelle, più intricati di un guscio di lumaca.. Non peso di essere un santo, ma non trovo altra spiegazione per il fulgente terrore che osservo in ogni cosa».
"Illuminations" è una raccolta di racconti fantastici scritti negli ultimi 35 anni da Alan Moore, fumettista e scrittore, autore di Watchman e di V per Vendetta. L'editore per l'Italia è Fanucci, la traduttrice è Tessa Bernardi. In realtà, quasi tutti sono stati scritti negli ultimi tre anni ma "La lucertola ipotetica" che apre la raccolta è del 1987. I racconti, lontani per geografia e cronologia, sono tutti però accomunati da una certa critica al capitalismo, sotto forma sia di consumo di oggetti che di consumo di concetti, una descrizione dell'ascesa dei populismo, insistono sulla decostruzione della figura dell'eroe e del supereroe e giocano coi classici del gotico, dai fantasmi ai ritornanti, dai maledetti agli stregoni. D'altronde, il primo ringraziamento è a Edgar Allan Poe che si è inventato il genere. Sono racconti, questi di Moore, dove i fluidi corporei abbondano - sperma e vomito - e dove succede di trovarsi a tavola con qualcuno che è morto - ucciso per mano propria o altrui - e che i commensali o gli avventori non se ne rendano conto. Anche questi racconti, come altri scritti in vari media di Moore, mescolano orrore e commedia, motivo per cui non si ha mai veramente paura, ma sempre ci si ritrova inquieti, perturbati, turbati e ci si guarda alle spalle come se dovesse esserci non solo la parete della stanza nella quale si sta leggendo, ma un mondo intero, vasto, largo e pieno di doppifondi. A partire dal doppiofondo rappresentato da noi stessi.
Parlerò del "La lucertola ipotetica" perché, nonostante sia un racconto che riporta, in qualche modo strano e sbilenco, alle maledizioni e alle preveggenze (quasi sempre iettatorie, penso a "La zampa della scimmia") nei racconti di W. W. Jacobs (e anche fuori dalle righe di WWJ), rivela come funziona la letteratura. E assodato questo, si capirà di conseguenza perché è impellente leggere anche gli altri racconti di Moore scritti più recentemente. Tutti questi racconti che parlano di passato ricordano il presente e il futuro, o, per dirla rimanendo nell'ambito semantico di Illuminations, questi racconti si avverano. «Vivendo all'interno di un serraglio tanto esotico, dove attraverso il contatto quotidiano la singolarità si riduceva a consuetudine, a Som Som era stata concessa una certa obiettività. Estranea a discriminazioni o favoritismi di sorta, passava gran parte delle sue giornate a osservare le rarità viventi che la circondavano, chiedendosi chi tra loro le avrebbe permesso di intuire a che cosa era destinata a diventare».
"La lucertola ipotetica" racconta la storia di quello che nel 1987 si sarebbe detto un delitto nel mondo dei travestiti o degli omossessuali e che invece oggi chiameremmo una vendetta queer - fidandoci dell'uso che ne fa Virginia Woolf nel racconto "Momenti di essere. Gli spilli di Slater sono spuntati” – e segnala una deviazione dalla norma in un qualche senso vario e variopinto, secco ma pure umido (e bisogna sempre fidarsi di Woolf), un po' perché la casa senza orologi, che è il luogo dove la vicenda si consuma nell'arco di venti anni, raccoglie, accoglie e segrega i prodigi della natura. Som Som è l'amante degli stregoni che dunque deve essere la sposa del silenzio, e a tal fine, grazie a un piccolo innocuo verme disseccato, gli emisferi destro e sinistro non comunicano. Rawra Chin e Foral Yatt sono i due amanti, lei fasciata di bande cremisi e con lunghi capelli ha sesso d'uomo, l'altro, testa rasata e senza orpelli è l'uomo la cui voce incanta e seduce qualsiasi essere. Sono innamorati, vivono dietro la porta gialla. Della prima nessuno capisce quale sia la sua devianza e dunque il suo fascino, del secondo tutti e tutte invece capiscono. Solo che lei lo lascia, lui minaccia di uccidersi ma non si uccide. Lei, Rawra Chin, che uscita dalla casa senza orologi è andata nel mondo e il mondo l'ha amata e idolatrata, torna da dove è partita, perché ama Foral Yatt. Per regalo gli porta una biglia di rame nella quale, si dice, vive una lucertola capace di abbassare il battito del suo cuore tanto che per decenni quel cuore rimanga silente. La vendetta di Forla Yatt, che non svelo, è tale da rendere evidente quanto le relazioni tra le persone, e la loro degenerazione, dipendano dall'identità o dal genere o dal sesso di chi quella relazione ha stabilito, assai meno che da un contesto. Curare il contesto è il modo più sicuro per lenire sentimenti come vendetta, rancore e risentimento. «Il suo occhio avrebbe visto, ma le sue labbra non l'avrebbero mai saputo».
- Chiara Valerio - Pubblicato su Robinson del 5/11/2023 -
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