mercoledì 17 aprile 2024

Leggere Marx - I testi più importanti di Karl Marx per il XXI secolo - 7 -

Il Soggetto Automatico

Dal punto di vista storico, il capitale si contrappone in ogni dove alla proprietà fondiaria, invariabilmente, nella forma di denaro, come patrimonio in denaro, capitale mercantile e capitale usurario. Tuttavia, non occorre uno sguardo retrospettivo alla storia dell’origine del capitale, per riconoscere che il denaro è la sua prima forma fenomenica. La stessa storia si svolge ogni giorno sotto i nostri occhi. Ogni nuovo capitale calca la scena, cioè il mercato – mercato delle merci, mercato del lavoro o mercato del denaro –, in prima istanza come denaro, e ancora e sempre in ultima istanza come denaro, il quale è destinato a trasformarsi, attraverso determinati processi, in capitale. Il denaro come denaro e il denaro come capitale si distinguono, in un primo momento, soltanto attraverso la loro differente forma di circolazione. La forma immediata della circolazione delle merci è: M - D - M: trasformazione di merce in denaro e ritrasformazione di denaro in merce, vendere per comprare. Ma accanto a questa forma, ne troviamo una seconda, del tutto distinta, la forma D - M - D: conversione di denaro in merce e riconversione di merce in denaro, comprare per vendere. Il denaro, che nel suo movimento descrive quest’ultima circolazione, si trasforma in capitale, diventa capitale, ed è già per sua destinazione capitale.

Esaminiamo più a fondo la circolazione D - M - D. Come la circolazione semplice delle merci, essa percorre due fasi antitetiche l’una all’altra. Nella prima fase, D - M, compera, il denaro viene trasformato in merce. Nella seconda fase, M - D, vende, la merce viene ritrasformata in denaro. Ma l’unità delle due fasi consiste nel movimento complessivo che scambia denaro contro merce, e questa stessa merce, a sua volta, contro denaro. Il movimento complessivo, ossia la compera di una merce per la sua rivendita, è l’astrazione dalle differenze formali fra compera e vendita, compera di merce con denaro e vendita di merce per denaro. Il risultato nel quale si risolve tutto il processo è: scambio di denaro contro denaro, D - D...
Ora, è del tutto evidente che il processo di circolazione D - M - D sarebbe assurdo e privo di senso, se con un simile giro si volesse scambiare un dato valore in denaro contro l’identico valore in denaro, e quindi, p. es., la somma di 100 lire sterline contro 100 lire sterline. Più semplice e infinitamente più sicuro, senza paragone, rimarrebbe il metodo del tesaurizzatore, il quale tiene strette le sue 100 lire sterline e non le abbandona ai pericoli della circolazione. Del resto, che il commerciante rivenda a 110 lire sterline il cotone comperato a 100 lire sterline o che sia costretto a disfarsene a 100 o addirittura a 50, in ogni circostanza il suo denaro ha descritto un movimento peculiare e originale, di tipo del tutto differente che nella circolazione semplice delle merci, differente p. es. da quello che ha luogo nelle mani del contadino che vende grano e, con il denaro così reso liquido, compera vestiti.

Dunque occorre, innanzitutto, la caratterizzazione delle distinzioni di forma tra i cicli D - M - D e M - D - M. Si otterrà, così, nello stesso tempo, la distinzione di contenuto che sta in agguato, celata, dietro quelle distinzioni di forma. Esaminiamo, prima di tutto, quel che è comune a entrambe le forme.  Entrambi i cicli si scompongono nelle due medesime fasi antitetiche, M - D (vendita) e D - M (compera). In ognuna delle due fasi stanno l’uno di contro all’altro i due medesimi elementi materiali, merce e denaro; e due personaggi, con le corrispondenti maschere economiche caratteristiche, un compratore e un venditore. Ciascuno dei due cicli è l’unità delle medesime fasi antitetiche – l’acquisto e la vendita – e, tutte e due le volte, questa unità viene mediata dall’intervento di tre contraenti, uno dei quali non fa che vendere, l’altro non fa che comprare, mentre un terzo, alternativamente, compera e vende.

Ciò che distingue, tuttavia, a priori i due cicli M - D - M e D - M - D è l’ordine inverso di successione delle identiche e antitetiche fasi della circolazione. La circolazione semplice delle merci comincia con la vendita e finisce con la compera; la circolazione del denaro come capitale comincia con la compera e finisce con la vendita. Là è la merce a costituire il punto di partenza e il punto di arrivo del movimento; qui è il denaro. Nella prima forma, è il denaro che media il ciclo complessivo; nella seconda, invece, è la merce.

Nella circolazione M - D - M, il denaro viene trasformato, alla fine, in merce che serve come valore di uso. Dunque, il denaro è definitivamente speso. Nella forma inversa, D - M - D, invece, il compratore spende denaro, per incassare denaro come venditore. Alla compera della merce, egli getta denaro nella circolazione, per sottrarvelo poi a mezzo della vendita della stessa merce. Sguinzaglia il denaro soltanto con la perfida intenzione di riacciuffarlo. Il denaro è quindi soltanto un anticipo. Nella forma M - D - M, la medesima moneta cambia di posto due volte. Il venditore la riceve dal compratore, e la consegna in pagamento a un altro venditore. Il processo complessivo, che comincia con l’incasso di denaro in cambio di merce, si conclude con il pagamento di denaro in cambio di merce. Il contrario avviene nella forma D - M - D. Qui non è la stessa moneta, bensì la stessa merce, che cambia di posto due volte. Il compratore la riceve dalle mani del venditore e la consegna nelle mani di un altro compratore. Come nella circolazione semplice delle merci, il duplice cambiamento di posto della stessa moneta ha per risultato il suo definitivo passaggio da una mano all’altra, così qui il duplice cambiamento di posto della stessa merce ha per risultato il riafflusso del denaro al suo primo punto di partenza. Il riafflusso del denaro al suo punto di partenza  non dipende dal fatto che la merce sia venduta più cara di quanto sia stata comprata. Quest’ultima circostanza ha effetto solo sulla grandezza della somma di denaro in riafflusso. A sua volta, il fenomeno del riafflusso ha luogo appena la merce comprata è rivenduta, e quindi il giro D - M - D è descritto completamente. La distinzione fra la circolazione del denaro come capitale e la circolazione del denaro come puro e semplice denaro è qui tangibile...

Il ciclo M - D - M parte da un estremo, una merce, e si conclude in un altro estremo, un’altra merce, la quale esce dalla circolazione e finisce nel consumo. Quindi il suo scopo finale è consumo, soddisfazione di bisogni, insomma, mero valore di uso. Il giro D - M - D, invece, parte dall’estremo del denaro e torna, infine, allo stesso estremo. Il suo motivo propulsore e il suo scopo determinante è, dunque, il valore stesso di scambio. Nella circolazione semplice delle merci, i due estremi hanno la stessa forma economica. Entrambi sono merce. E sono anche merci della stessa grandezza di valore. Ma nello stesso tempo sono valori di uso qualitativamente differenti, p.es., grano e abiti. Lo scambio dei prodotti, la permuta delle differenti sostanze nelle quali si manifesta il lavoro sociale, costituisce qui il contenuto e la conclusione del movimento. Altrimenti stanno le cose nella circolazione D - M - D.

A prima vista, essa sembra senza contenuto, perché tautologica. Entrambi gli estremi hanno la stessa forma economica. Entrambi sono denaro, e quindi valori di uso non qualitativamente distinti, poiché il denaro è appunto la figura trasformata delle merci, nella quale i loro valori di uso particolari sono estinti. Scambiare prima 100 lire sterline contro cotone e poi di nuovo lo stesso cotone contro 100 lire sterline – ossia scambiare con un simile giro denaro contro denaro è certamente una operazione tanto inutile quanto assurda. Una somma di denaro si può distinguere da un’altra somma di denaro, in generale, soltanto mediante la sua grandezza. Pertanto, il processo D - M - D deve il suo contenuto non a una distinzione qualitativa dei suoi estremi, poiché essi sono entrambi denaro, ma lo deve unicamente alla loro differenza quantitativa. In fin dei conti, si sottrae alla circolazione più denaro di quanto se ne fosse immesso all’inizio.

Il cotone comprato a 100 lire sterline, p. es., viene venduto una seconda volta a 100 + 10, ossia a 110, lire sterline. La forma completa di questo processo è quindi D - M - D', dove D' = D + delta D, cioè la somma di denaro inizialmente anticipata più un incremento. Questo incremento, ossia questa eccedenza o sovrappiù sul valore originario - io, proprio io - lo chiamo «Mehrwert», plusvalore. Dunque, il valore originariamente anticipato non solo si conserva nella circolazione, ma in essa altera pure la propria grandezza di valore, aggiunge a se stesso un plusvalore, ossia si valorizza. E questo movimento lo trasforma in capitale. Naturalmente, è anche possibile che in M1 - D - M2 i due estremi, M1 e M2, p. es. grano e vestiti, siano grandezze di valore quantitativamente differenti. Il contadino può vendere il proprio grano al di sopra del suo valore, comprare i vestiti al di sotto del loro valore, oppure può essere gabbato a sua volta dal commerciante di vestiti. Tuttavia, la non uguaglianza dei valori scambiati, per questa forma di circolazione, rimane puramente accidentale. In sé e per sé, essa non perde affatto la sinderesi (senno, capacità di connettere) come invece avviene nel processo D - M - D', qualora i due estremi, nel nostro esempio grano e vestiti, sono equivalenti. Qui, anzi, la loro equivalenza in valore è una condizione necessaria del percorso normale della circolazione. La ripetizione, ossia il rinnovo, della vendita di merci per la compera di altri merci trova la sua misura e il suo fine in uno scopo ultimo al di fuori della circolazione, ovvero il consumo, vale a dire la soddisfazione di determinati bisogni. Nella compera a scopo di vendita, invece, principio e fine sono la medesima cosa: il denaro, il valore di scambio. E già solo per questo, il movimento non ha fine. È vero che D' diviene D + deltaD, e che da 100 lire sterline ne escono 100 + 10. Ma, dal punto di vista semplicemente qualitativo, 110 lire sterline sono la stessa cosa che 100 lire sterline, cioè denaro; mentre dal punto di vista quantitativo, 110 lire sterline sono una somma di valore limitata quanto 100 lire sterline. Se le 110 lire sterline fossero spese come denaro, allora smetterebbero di recitare la loro parte. E cesserebbero di  essere capitale. Ritirate dalla circolazione, esse si pietrificano in un tesoro e non si accrescono neppure di un farthing [centesimo], anche se continuano a rimanere immagazzinate fino al giorno del giudizio universale.

Se dunque lo scopo finale del movimento è la valorizzazione del valore, allora il bisogno di valorizzazione di 110 lire sterline è lo stesso di quello che si sente per 100, poiché 100 e 110 sono entrambe espressioni limitate del valore di scambio e, come tali, vocazione alla stessa tendenza, mediante l’incremento della propria grandezza, più grande possibile, verso la ricchezza assoluta. In realtà, per un momento, il valore di 100 lire sterline, inizialmente anticipato, si distingue dal plusvalore di 10, del quale si accresce nella circolazione, ma questa distinzione svanisce immediatamente. Alla fine del processo, ciò che salta fuori non è il valore originario di 100 lire sterline da una parte e il plusvalore di 10 dall’altra, ma un solo valore di 110 lire sterline. Il risultato di 110 lire sterline si trova nella stessa forma e nelle corrispondenti condizioni delle 100 lire sterline originarie, ossia pronto a ricominciare il processo di valorizzazione.

Al termine del processo, si presenta, ancora, denaro, e quest’ultimo, a sua volta, come suo nuovo inizio. Perciò, la conclusione di ogni giro separato D – M - D', nel quale si compie la compera e la conseguente vendita, costituisce di per sé l’inizio di un altro ciclo. La circolazione semplice delle merci – la vendita per la compera – serve solo come mezzo per un fine ultimo al di fuori della sfera della circolazione, cioè per l’appropriazione di valori di uso, per il soddisfacimento di bisogni determinati. La circolazione del denaro come capitale è, al contrario, fine a se stessa, poiché la valorizzazione del valore esiste solo all’interno di tale movimento senza tregua. Ergo, il movimento del capitale non ha limiti, confini o misura. Il possessore di denaro diventa capitalista nella sua qualità di rappresentante cosciente, di veicolo e pensante, di tale movimento. La sua persona, o piuttosto la sua tasca, è il punto di partenza e il punto di ritorno del denaro. Il contenuto oggettivo della circolazione D - M - D' – ossia la valorizzazione del valore – è il suo fine soggettivo. Ed egli funziona come capitalista, ossia come capitale personificato, dotato di coscienza e di volontà, solamente in quanto l’unico motivo animatore delle sue azioni è la crescente appropriazione della ricchezza astratta. Quindi, il valore di uso non deve essere mai considerato il fine immediato del capitalista, come neppure il singolo guadagno, bensì soltanto il moto incessante del guadagno, sempre rinnovato. Questo impulso irrefrenabile all’arricchimento assoluto, a dismisura, questa caccia appassionata al valore è comune al capitalista e al tesaurizzatore, ma mentre il tesaurizzatore è soltanto un capitalista impazzito, al contrario il capitalista è un tesaurizzatore razionale. L’incremento illimitato e incessante del valore, al quale il tesaurizzatore tende con tutte le forze, quando cerca di salvare il denaro dalla circolazione, il capitalista, più intelligente, lo ottiene ributtando il denaro sempre di nuovo in preda alla circolazione. Le forme autonome, ossia le forme monetarie, che il valore delle merci assume nella circolazione semplice, servono soltanto da mediazione allo scambio di merci e scompaiono nel risultato finale del suo movimento. Invece nella circolazione D - M - D', l’una e l’altra, merce e denaro, funzionano unicamente come differenti modi di esistenza del valore stesso: il denaro, come il suo modo di esistenza generale; la merce, come il suo modo di esistenza particolare e, per così dire, solo un suo travestimento. Il valore trapassa costantemente da una forma all’altra, senza perdersi in questo movimento, e così si trasforma in un soggetto automatico. Se si fissano le forme fenomeniche particolari assunte alternativamente nel ciclo della sua vita dal valore valorizzatesi, si ottengono le due definizioni: «il capitale è denaro», «il capitale è merce».

Ma, in realtà, qui il valore diventa il soggetto di un processo in cui esso, quando assume di volta in volta la forma di denaro e la forma di merce, altera pure la sua stessa grandezza e, come plusvalore, si stacca da sé, dal suo valore originario. Il valore valorizza se stesso. Poiché il movimento in cui il valore genera plusvalore è il suo proprio movimento, la sua valorizzazione è, allora, la sua auto-valorizzazione. In quanto valore, sembra aver ricevuto la proprietà occulta di partorire valore, di fare figli vivi o, perlomeno, di deporre uova d’oro. Come soggetto dominante di tale processo, nel quale ora assume ora dimette la forma di denaro e la forma di merce, ma in questa trasmutazione si conserva e si accresce, il valore ha bisogno prima di tutto di una forma autonoma, per mezzo della quale venga constatata la sua identità con se stesso. E possiede questa forma solo nel denaro. Perciò, il denaro costituisce il punto di partenza e il punto di arrivo di ogni processo di valorizzazione. Era di 100 lire sterline, ora è 110 lire sterline, e così di séguito. Ma qui il denaro, in se stesso, conta solo come una forma del valore, poiché quest’ultimo ne ha due. Se la forma di merce viene messa da parte, il denaro non diventa capitale. Pertanto, il denaro non si presenta qui in antagonismo con la merce, come nella tesaurizzazione...

Se nella circolazione semplice, il valore delle merci, nei confronti del loro valore di uso, riceve tuttalpiù la forma autonoma del denaro, qui lo stesso valore si presenta di colpo come una sostanza in divenire. Una sostanza dotata di movimento proprio, che passa attraverso un suo processo vitale, nel quale merce e denaro sono entrambi pure e semplici forme. Ma c’è di più. Invece di rappresentare semplicemente le relazioni fra le merci, il valore entra ora, per così dire, in un rapporto privato con se stesso. Si distingue, come valore originario, da se stesso come plusvalore, allo stesso modo che Dio Padre si distingue da se stesso come Dio Figlio, ma entrambi hanno la stessa età e costituiscono in realtà una sola persona. Infatti, solo mediante il plusvalore di 10 lire sterline, le 100 anticipate diventano capitale, e appena avvenuto ciò – una volta generato e non creato il Figlio e, reciprocamente, per mezzo del Figlio, una volta rigenerato il Padre–, la loro distinzione torna a svanire e tutte e due sono uno: 110 lire sterline.

Il valore diventa, dunque, valore in processo, denaro in processo e, in quanto tale, capitale. Esce dalla circolazione, rientra nella circolazione, si conserva e si moltiplica in essa, ne esce ingrandito e riprende daccapo sempre di nuovo lo stesso giro. D - D', denaro che genera denaro – «money which begets money» –, ecco come suona la descrizione del capitale in bocca ai suoi primi interpreti, i mercantilisti. Comprare per vendere, ossia, in modo più preciso, comprare per vendere a più caro prezzo; D - M - D'  si presenta in realtà come la forma peculiare solo di una specie di capitale, il capitale mercantile (o commerciale). Ma pure il capitale industriale è denaro, che si trasforma in merce e, mediante la vendita della merce, si ritrasforma in più denaro. Le azioni che vengono svolte, che si svolgono, p. es., fra la compera e la vendita, al di fuori della sfera di circolazione, non cambiano alcunché di tale forma di movimento.(...) In realtà, perciò, D - M - D' è la formula generale del capitale, come esso si manifesta prima facie nella sfera della circolazione.


(Karl Marx, da "Il Capitale. critica dell'economia politica". Libro I - Capitolo IV; quarta edizione, 1890)

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