Hannah Arendt ci fa fare quattro risate, mentre gronda aristocrazia, in mezzo a quattro sciocchezze liberali!!
«[...] altrettanto decisivo, è un altro evento non meno temibile, l'avvento dell'automazione, che in pochi decenni vuoterà probabilmente le fabbriche e libererà il genere umano dal suo più antico e più naturale fardello, il giogo del lavoro e la schiavitù della necessità. Anche qui, è in gioco un aspetto fondamentale della condizione umana, ma la ribellione contro di esso e il desiderio di essere liberati dalla "fatica e dall'affanno" del lavoro non sono moderni ma vecchi come la storia che ci è stata tramandata. La libertà dal lavoro in se stessa non è nuova; un tempo era uno dei privilegi più radicati di pochi individui. E da questo punto di vista può sembrare che il progresso scientifico e l'evoluzione della tecnica siano stati impiegati solo per conseguire ciò che tutte le generazioni passate avevano sognato senza poterlo realizzare. Tuttavia è così solo in apparenza. L'età moderna ha comportato anche una glorificazione teoretica del lavoro, e di fatto è sfociata in una trasformazione dell'intera società in una società di lavoro. La realizzazione del desiderio, però, come avviene nelle fiabe, giunge al momento in cui può essere solo una delusione. E' una società di lavoratori quella che sta per essere liberata dalle pastoie del lavoro, ed è una società che non conosce più quelle attività superiori e più significative in nome delle quali tale libertà meriterebbe di essere conquistata. In seno a questa società, che è egualitaria perché tale è il modo in cui il lavoro fa vivere gli uomini, non c'è classe, aristocrazia politica o spirituale da cui possa partire una restaurazione delle altre capacità dell'uomo. Persino i presidenti, i re e i primi ministri considerano le loro funzioni come un lavoro necessario alla vita della società, e anche tra gli intellettuali sono rimasti solo pochi individui isolati a considerare il loro lavoro come un'attività creativa piuttosto che come un mezzo di sussistenza. Ci troviamo di fronte alla prospettiva di una società di lavoratori senza lavoro, privati cioè della sola attività rimasta loro. Certamente non potrebbe esserci niente di peggio.»
(da: Hannah Arendt, "Vita Activa. La condizione umana", Bombiani; citata da Robert Kurz in "Schwarzbuch Kapitalismus. Ein Abgesang auf die Marktwirtschaft"; 1999)
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