Il tasso di profitto degli Stati Uniti nel 2020
- di Michael Roberts -
Ancora una volta, è arrivato il momento di guardare cosa sta succedendo al tasso di profitto sul capitale negli Stati Uniti. Lo faccio ogni anno e i dati ufficiali degli Stati Uniti, per misurare il tasso di profitto fino al 2020 compreso, l'anno del COVID, sono ora disponibili. Come ho già detto, ci sono molti modi per misurare il tasso di profitto (per i vari modi, vedi http://pinguet.free.fr/basu2012.pdf) "alla Marx". Io preferisco misurare il tasso di profitto guardando il plusvalore totale prodotto in un'economia rispetto al capitale privato totale impiegato nella produzione; per avvicinarsi il più possibile alla formula originale di Marx di s/C+v, dove s = surplus; C = capitale costante; che dovrebbe includere sia il capitale fisso (macchinari ecc.) che quello circolante (materie prime e componenti intermedi); e dove v = salari, o costi dei dipendenti. I miei calcoli possono essere replicati e controllati facendo riferimento a un eccellente manuale che spiega il mio metodo, gentilmente compilato da Anders Axelsson dalla Svezia, e che si può leggere qui.
Definisco il mio calcolo come una misura di «tutta l'economia», in quanto per calcolare il plusvalore si basa sul reddito nazionale totale, una volta tolto il deprezzamento e retribuzione dei dipendenti; sulle proprietà fisse private non residenziali nette, per il capitale costante (e questo esclude le abitazioni e i beni immobili); e sulla retribuzione dei dipendenti, per il capitale variabile. Ma come detto sopra, il tasso di profitto può essere misurato solo sul capitale aziendale, o vale a dire, solo sul settore non finanziario del capitale aziendale. I profitti possono essere misurati sia prima che dopo la tassazione; mentre la parte fissa del capitale costante può essere misurata sia sulla base del «costo storico» (ossia, il costo originale di acquisto) che su quella del «costo attuale» (quanto vale ora, o quanto costerebbe sostituire il bene ora).
La maggior parte delle misurazioni marxiste, in realtà esclude qualsiasi misurazione del capitale variabile, poiché la «retribuzione dei dipendenti» (salari più benefici) non è uno stock di capitale investito, ma piuttosto un flusso di capitale circolante che gira più di una volta nel corso dell'anno; e un simile tasso di fatturato non può essere misurato facilmente a partire dai dati disponibili. Così la maggior parte delle misurazioni marxiste del tasso di profitto consistono solo in s/C. Tuttavia, alcuni marxisti hanno fatto dei tentativi per misurare la rotazione del capitale circolante e del capitale variabile (i salari), in modo che questi possano poi essere aggiunti al denominatore, ripristinando in tal modo la formula originale di Marx: s/C+v.
Brian Green ha svolto un importante lavoro misurando il capitale circolante e il suo tasso di rotazione relativo all'economia statunitense, al fine di incorporarli nella misurazione del tasso di profitto: lo considera vitale al fine di stabilire il tasso di profitto visto come indicatore di probabili potenziali recessioni; lo si trova in https://theplanningmotivedotcom.files.wordpress.com/2021/11/1997-2020-various-rates.pdf.
In base alla sua formula, Green rileva che esiste un turnover medio del capitale circolante di circa 4 (grafico 2) e mostra, nel grafico 10, che il capitale circolante (su quasi 25 anni) varia di circa il 22% rispetto al capitale fisso, il quale ha poche variazioni. Il lavoro di Green è prezioso in quanto mostra le variazioni a breve termine che avvengono nei tassi di plusvalore e di profitto causate dai cambiamenti nel capitale circolante, che però non alterano significativamente le tendenze a lungo termine per quel che riguarda il tasso di profitto. Inoltre, se nella misurazione del tasso di profitto si include il capitale circolante e il capitale variabile, questo farà una differenza per il livello del tasso di profitto, ma non molta differenza per la tendenza e le curve nel tasso di profitto.
Ad ogni modo, ecco la mia misurazione, «nell'intera economia», del tasso di profitto statunitense riferito allo stock di capitale dal 1945 al 2020.
Nel grafico, HC definisce la misurazione del costo storico, mentre CC definisce la misurazione del costo corrente delle attività fisse in C (nel Capitale costante). C'è stata una grande discussione su quale misurazione delle attività fisse usare, per avvicinarsi alla visione marxiana. Per una spiegazione di questo dibattito, si vedano i miei post precedenti e il mio libro, "The Long Depression" (la sua appendice). Le due misurazioni differiscono soprattutto negli anni '60, e poi a partire dagli anni '90. La differenza è causata dall'inflazione. Se l'inflazione è alta, come lo è stata tra gli anni '60 e la fine degli anni '80, ecco che allora la divergenza tra i cambiamenti della misurazione HC e della misurazione di CC sarà maggiore; per questo si veda http://pinguet.free.fr/basu2012.pdf . Quando l'inflazione diminuisce, la differenza nei cambiamenti tra le due misurazioni di HC e di CC si ridurrà. Dal 1965 al 1982, il tasso di profitto USA è sceso del 23% per quanto riguarda la misurazione di HC, ma ben del 37% sulla misurazione di CC. Dal 1982 al 1997, il tasso di profitto statunitense è aumentato solo del 15% sulla misurazione di HC, ma del 35% sulla misurazione di CC. Però, nell'intero periodo del dopoguerra, fino al 2019, c'è stato una caduta secca del tasso di profitto USA, nella misurazione di HC del 33% e nella misurazione del CC del 33%!
Quello che si nota a partire dalla mia misurazione dell'«intera economia», è che il tasso di profitto statunitense sembra che, dal 1982, sia aumentato fino a un picco nel 2006 per poi raggiungere un livello che non si vedeva dall'«età dell'oro» degli anni '60. Forse questo significa che dopo tutto l'economia capitalista statunitense stava andando bene? Ritengo di no, e questo perché la misurazione dell'«intera economia» include i profitti del settore finanziario,i quali, a partire dagli anni '90, se visti come quota dei profitti totali, sono saliti vertiginosamente negli Stati Uniti in particolare. Infatti, l'aumento della quota dei profitti del settore finanziario dal 2014, e in particolare nell'anno del COVID 2020, è stato sbalorditivo. La cosa è stata guidata dalle iniezioni, della Federal Reserve, di credito a costo quasi zero alle banche e alle istituzioni finanziarie, permettendo loro di speculare sui mercati finanziari e di raccogliere reddito netto proveniente da interessi e commissioni enormi.
Il settore finanziario non crea nuovo valore; esso preleva una parte del profitto che viene estratto dal lavoro nel settore non finanziario. E se guardiamo solo al settore societario non finanziario (NFC), una sorta di ciò che potremmo chiamare la parte «produttiva» dell'economia capitalista (dove i lavoratori creano nuovo valore per i capitalisti), ecco che allora è una storia del tutto diversa. Qui uso la misurazione del tasso di profitto per quanto riguarda il settore non finanziario statunitense, e che è stato accuratamente calcolato da Deepankur Basu e Evan Wasnur. Io ho solo replicato i loro risultati, e ho evidenziato i punti in cui il tasso di profitto è sceso e salito: https://dbasu.shinyapps.io/Profitability/
La misurazione della redditività (P1), fatta da Basu-Wasner, di cui sopra, è basata sul costo corrente delle proprietà fisse non residenziali. E non vengono dedotte le tasse, gli interessi e i pagamenti di dividendi. Ho replicato questa misurazione in quanto essa mostra la «salute» complessiva del settore produttivo statunitense, prima che intervenissero sussidi governativi, o sostegno monetario. Ciò che P1 mostra è che negli ultimi 75 anni c'è stato un calo secco del tasso di profitto statunitense per il capitale non finanziario. Basu-Wasner calcolano la caduta media annuale del tasso di profitto a -0,43%. Tra il 1945 e il 2020, il tasso di profitto è sceso del 46%.
Ma tutto ciò non è avvenuto in linea retta. Durante la cosiddetta «età dell'oro» del capitalismo statunitense del dopoguerra, il tasso di profitto era molto alto, raggiungendo una media di circa il 20% su questa misurazione, e dal 1945 al 1965 il livello è aumentato del 6%. Ma poi venne il periodo di crisi della redditività, tra il 1965 e il 1982, quando il tasso di profitto scese del 44%. Questo provocò due grandi crolli, nel 1974-5 e nel 1980-2, e la cosa portò il capitalismo a cercare di ripristinare il tasso di profitto per mezzo delle politiche neoliberali di privatizzazione, lo schiacciamento dei sindacati, la deregolamentazione della finanza e la globalizzazione dai primi anni '80. Il periodo neoliberale 1982-97 ha visto il tasso di profitto nel settore non finanziario aumentare del 34%, anche se al picco del 1997, il tasso era ancora al di sotto della media dell'età dell'oro. Poi venne un nuovo periodo di crisi della redditività, che ho soprannominato la Lunga Depressione. In questo periodo, che comprende la Grande Recessione del 2008-9 e, naturalmente, il crollo COVID del 2020, il tasso di profitto è sceso del 33%, con un calo del 21% solo nel 2020! Nel 2020, il tasso di profitto degli Stati Uniti nel suo settore non finanziario ha raggiunto il minimo storico, in 75 anni.
Questo ci porta alle cause delle variazioni del tasso di profitto. Secondo Marx, le variazioni della redditività dipendono principalmente dal movimento relativo di due categorie marxiane nel processo di accumulazione: la composizione organica del capitale (C/v) e il tasso di plusvalore (o di sfruttamento) (s/v). Dal 1945, nella misurazione del costo corrente fatto da Basu-Wesnan, c'è stato l'aumento secolare, del 50%, della composizione organica del capitale, mentre il principale «fattore di contrasto» - rispetto alla legge di Marx della tendenza alla caduta del tasso di profitto -, vale a dire il tasso di plusvalore, esso è sceso effettivamente di oltre il 25%. In tal modo, il tasso di profitto è sceso del 32%, dal 1945. In opposizione a tutto ciò, nel periodo cosiddetto "neoliberale" dal 1982 al 1997, il tasso di plusvalore è aumentato del 14% - più della composizione organica del capitale (9%) - e quindi il tasso di profitto è aumentato del 34%. Dal 1997, il tasso di profitto statunitense è sceso fino a intorno il 33%, e ciò perché la composizione organica del capitale è aumentata di quasi il 30%, superando così l'aumento del tasso di plusvalore (3%). I risultati ottenuti in queste ultime date sono leggermente fuorvianti, perché nei primi 14 anni del XXI secolo, il tasso di plusvalore degli Stati Uniti è aumentato di quasi il 60%, superando agevolmente l'aumento del 23% che c’è stato nella composizione organica del capitale, e portando così a un forte aumento della redditività, del 22%. La maggior parte di questo aumento del tasso di sfruttamento ha avuto luogo nel boom alimentato dal credito del 2002-7. Ma dal 2014, però, c'è stato un calo significativo della redditività che ha preceduto il crollo COVID del 2020.
Un interessante conferma che su può trarre da questi dati, è che negli Stati Uniti ogni recessione economica del dopoguerra è stata preceduta da (o ha coinciso con con) una caduta del tasso di profitto, e poi da una caduta della massa dei profitti. Questo è ciò che ci si aspetterebbe ciclicamente dalla legge della redditività di Marx: https://thenextrecession.wordpress.com/2021/08/25/the-rate-and-the-mass-of-profit/
In più occasioni, ho sostenuto il fatto che la redditività del capitale è la chiave per misurare se l'economia capitalista si trova in uno stato sano o meno. Se la redditività continua a scendere, alla fine la massa dei profitti comincerà a scendere anch'essa, e questo è l'innesco di un crollo degli investimenti e di un collasso: https://thenextrecession.wordpress.com/2015/11/24/marxians-marxists-profitability-investment-and-growth/
Il collasso del COVID, nel 2020, ha portato i profitti delle imprese non finanziarie a scendere del 20%. In termini percentuali, secondo gli ultimi dati trimestrali ufficiali, nel 2021 i profitti potrebbero essere risaliti del 25%. Se questo è giusto, allora il tasso di profitto del settore societario non finanziario (NFC), nel 2021, sarà circa il 14%, ovvero, avrà un recupero di circa del 20%. Ma ciò significherebbe un tasso di profitto ancora vicino ai minimi storici, e ancora inferiore a quello pre-pandemico nel 2019.
- di Michael Roberts - Pubblicato il 5/12/2021 su The Next Recession -
fonte: Michael Roberts Blog
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