Alle origini di ogni cosa c’è solo un inizio: per cercare l’identità serve tutta la storia, fatta di incontri, incroci, mescolanze. Accade anche per gli spaghetti al pomodoro.
Il mito delle origini è quello che ci fa pensare che esista un punto magico della storia in cui tutto prende forma, tutto comincia e tutto si spiega; il punto in cui si cela l’intimo segreto della nostra identità. Ma perché quello delle origini è solo un mito? Il fatto è che le origini, di per sé, spiegano poco: l’identità nasce dalla storia, da come quelle origini si sviluppano, crescono, cambiano attraverso incontri e incroci spesso imprevedibili. Basta un piatto di spaghetti al pomodoro per spiegarlo. Seguendo le tracce del nostro piatto identitario per eccellenza, Massimo Montanari risale a tempi e luoghi distanti – dall’Asia all’America, dall’Africa all’Europa, dalle prime civiltà agricole alle innovazioni medievali, fino a vicende di qualche secolo fa, o dell’altro ieri. Scopriamo, così, che ricercare le origini della nostra identità (ciò che siamo) non ci porta quasi mai a ritrovare noi stessi (ciò che eravamo) bensì altre culture, altri popoli, altre tradizioni, dal cui incontro e dalla cui mescolanza si è prodotto ciò che siamo diventati.
(da risvolto di copertina di: Massimo Montanari, "Il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro". Laterza, 2019. € 5,99)
Arrotolare spaghetti al sugo, l’identità in un gesto
- di Luca Cesari -
Se si giocasse con i simboli per trovarne uno che rappresenti la complessità gastronomica del nostro paese, gli spaghetti al pomodoro sarebbero in cima alla lista. Non esiste nessun altro piatto che possa vantare di avere unito tutto lo stivale tanto da diventarne un’icona, forse nemmeno la pizza Margherita, sebbene i due abbiano dei punti in comune, come l’origine meridionale e l’accostamento cromatico del bianco di pasta e formaggio, il rosso del pomodoro e il verde del basilico che li hanno trasformati in vere e proprie bandiere della nostra cucina. Quel rotolino di spaghetti avvolto sulla forchetta però è molto di più di una ricetta famosa, rappresenta una parte di identità italiana: per spiegare come si è formata e svelare i molti miti che la circondano è intervenuto Massimo Montanari con il suo libro "Il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro" (Laterza, 2019). A due anni dall’uscita se ne riparla perché i suoi testi sono diventati una mostra in corso a Casa Artusi a Forlimpopoli, come spiega la direttrice Laila Tentoni: «Dopo l’esposizione dello scorso anno delle ricette artusiane a fumetti in occasione del bicentenario di Pellegrino Artusi, in piena continuità siamo partiti dai testi di Massimo Montanari per ideare questa mostra che, dopo l’esposizione a Forlimpopoli, sarà inserita nelle proposte della Farnesina per la Settimana della Cucina Italiana nel Mondo e verrà inviata agli istituti di cultura italiana all’estero attraverso le reti diplomatiche». Le 14 tavole ad acquerello che accompagnano i testi sono state realizzate da Luciano Ragozzino che ha alcune felici intuizione per fissare in immagini i concetti del libro. Dalla Statua della Libertà che alza gli spaghetti arrotolati sulla forchetta, simbolo tangibile dei sogni dei nostri emigranti in vista delle coste americane, fino a Pellegrino Artusi in marsina e favoriti che più di ogni altro gastronomo ha saputo dare dignità alla pasta, recuperando le ricette dal “basso” in una costante e inesausta ricerca della cucina domestica del suo tempo. Nonostante la lunga storia alle spalle, ancora oggi gli spaghetti al pomodoro non accennano a uscire dalla scena gastronomica italiana e la ragione di questa permanenza la spiega Massimo Montanari: «Sono (e saranno) affiancati da altri piatti, da altre ricette, perché la fantasia degli italiani, quando si tratta di pasta, è inesauribile. Ma sono i piatti e le ricette semplici, immediatamente comprensibili, a conservare nel tempo il proprio appeal. I grandi cuochi possono inventare varianti, proporli in modo curioso e innovativo, ma la forza di piatti come questo non credo che possa declinare. Semmai passare di moda, per un po’, ma poi ritornano. Oltre la perfezione cosa può esserci?»
- Luca Cesari - Pubblicato su La Domenica del 14/11/2021 -
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