Collegando le idee del filosofo olandese alla sua vita e alla sua epoca, Steven Nadler ci offre un resoconto convincente di come la sua filosofia continui a essere una guida preziosa per il miglioramento della nostra esistenza. Nell’Etica, in particolare, Spinoza presenta la sua visione piú compiuta dell’essere umano ideale: la «persona libera» che, mossa dalla ragione, vive una vita gioiosa dedicata a ciò che è piú importante, ovvero migliorare se stessi e gli altri. Non turbate da passioni come l’odio, l’avidità e l’invidia, le persone libere trattano gli altri esseri umani con benevolenza attiva, generosità, senso di giustizia e carità. Ripagate dalle ricompense della bontà, godono dei piaceri di questo mondo, ma con moderazione. «L’uomo libero a nessuna cosa pensa meno che alla morte», scrive Spinoza, «e la sua sapienza è una meditazione non della morte, ma della vita».
(dal risvolto di copertina di: Steven Nadler, "Spinoza sulla vita e sulla morte. Una guida filosofica". Einaudi, pp. 232 € 22,00)
L’autentica felicità? È libera dalle passioni
- di Franco Giudice -
Tra gli studiosi che in tempi recenti hanno contribuito a far conoscere la filosofia di Spinoza anche al grande pubblico, Steven Nadler occupa indubbiamente un posto di primo piano. In larga parte, ciò è dovuto alla sua straordinaria familiarità con i dettagli della vita e delle opere di Spinoza, come ben sa chiunque abbia letto almeno la sua magistrale biografia del filosofo olandese. Bisogna tuttavia riconoscere che altrettanto significativa si è rivelata l'abilità di Nadler di scrivere in un linguaggio sempre chiaro e accessibile, evitando così che la prosa un po' arcaica e a tratti opaca di Spinoza diventasse un ostacolo insormontabile alla comprensione del suo pensiero. Tutte qualità che possiamo apprezzare in questo ultimo lavoro di esegesi spinoziana. Che è forse il suo più ambizioso. Anzi, doppiamente ambizioso, poiché non si limita a esporre un’opera ardua e complessa come l’Etica, alla cui rigorosa analisi ha già dedicato un bel libro tradotto in italiano nel 2018 (La via alla felicità, Hoepli), ma intende dimostrare che il capolavoro filosofico di Spinoza rappresenta ancora oggi una guida preziosa per il miglioramento della nostra esistenza.
Completa e pronta per la pubblicazione fin dall’estate del 1675, l’Etica è un testo che Spinoza aveva deciso di lasciare inedito. Era una scelta maturata in seguito allo scandalo suscitato dal suo Trattato teologico-politico, apparso anonimo nel 1670, ma la cui paternità gli fu quasi subito attribuita. Accusato di essere un pericoloso ateo, sostenitore di idee empie e blasfeme come la negazione dei miracoli e dell’origine divina della Bibbia, Spinoza non voleva alimentare ulteriori polemiche con un altro libro che non era certo meno sovversivo. L’Etica fu dunque data alle stampe soltanto nel 1677, l’anno della sua morte.
L’eccessiva attenzione per le idee più audaci e radicali dell’Etica, come la concezione di Dio, ha spesso fatto trascurare, secondo Nadler, che il messaggio cruciale affidato da Spinoza alla sua opera è soprattutto di tipo morale: indicare il cammino verso la felicità umana in un mondo governato da un rigido determinismo e pieno di ostacoli al nostro benessere. Prima però di spiegare in cosa consista questo cammino, Spinoza ritiene indispensabile svelare la natura del mondo, così come la nostra stessa natura e il nostro posto nel mondo in quanto esseri capaci di conoscenza e di azione. Nelle prime parti dell’Etica esordisce quindi sostenendo che l’universo è una sostanza necessariamente esistente, unica, infinita ed eterna. E poiché questi sono gli attributi che definiscono Dio, Dio si identifica con la natura, nel senso cioè che non c’è nulla che lo distingua dalla natura stessa: Deus sive Natura, secondo l’espressione ormai celebre di Spinoza. La conseguenza è che qualsiasi cosa accada in natura è determinata dalle sue leggi con assoluta necessità, senza alcuna eccezione. Per Spinoza, non esiste un Dio trascendente e provvidenziale che ha creato il mondo, lo sorveglia e dà uno scopo e un significato alla nostra vita. Dio si identifica appunto con i principi universali e necessari della natura, e tutte quelle caratteristiche antropomorfiche che gli vengono attribuite da molte religioni occidentali – quali la bontà, la saggezza e la giustizia – non sono altro che mere superstizioni. L’universo che Spinoza descrive con un «procedimento geometrico» scandito da definizioni, assiomi, proposizioni e corollari, è dunque piuttosto cupo. Ma lo sembra ancor più quando analizza l’essere umano e il suo posto nel mondo. L’inviolabile necessità della natura, infatti, non governa soltanto il regno dei fenomeni fisici, ma anche quello dell’attività umana, compreso tutto ciò che accade nella nostra mente. Le idee, le emozioni, i desideri e le volizioni sono sottoposti alle leggi dell’intelletto. Per Spinoza, ogni atto mentale è il risultato di una concatenazione di eventi che lo hanno preceduto e dai quali deriva con la medesima necessità deduttiva con cui dalla natura del triangolo consegue che la somma dei suoi angoli interni è 180 gradi. Questo significa che non esiste nulla di simile al libero arbitrio. Pensare che si possa volere, desiderare o scegliere qualcosa tramite un atto mentale spontaneo, è soltanto un’illusione.
Come se non bastasse, nella visione di Spinoza gli uomini sono esseri radicalmente egoistici, che cercano il loro vantaggio, si sforzano di aumentare la loro potenza e conducono un’esistenza tormentata dal dominio delle passioni indotte dall’esterno. Ma se le cose stanno in questi termini, qual è l’alternativa? Esiste comunque la speranza di realizzare, con le nostre risorse e i nostri sforzi, una vita di benessere?
Spinoza non ha dubbi: l’unico rimedio risiede nella virtù, ossia nella costante ricerca del sapere e della conoscenza. L’essere umano può ritagliarsi uno spazio di autonomia dal suo tumulto interiore: una vita di benessere si realizza nella virtù, cioè nella costante ricerca della conoscenza. L’essere umano non potrà mai essere del tutto libero dalle passioni, poiché è necessariamente parte della natura e sempre soggetto a influenze esterne. Può tuttavia ritagliarsi uno spazio di autonomia e di libertà dal suo tumulto interiore. Guidato dalla ragione acquisisce piena consapevolezza della necessità di ogni cosa e del fatto che la sua felicità non dipende da circostanze fuori dal suo controllo. Un ideale di «uomo libero» dunque, che fornisce un modello di vita umana virtuosa, affrancata dalle illusioni dei piaceri transitori e dedicata alla ricerca di ciò che corrisponde autenticamente ai suoi interessi più elevati. Non solo: le persone libere, non essendo più guidate da passioni bensì dalla ragione, si preoccuperanno del benessere degli altri tanto quanto del loro. E riconosceranno che la vera ricompensa della virtù consiste nella pace della mente che la conoscenza riesce a offrirci in questo mondo. Ecco perché, secondo Spinoza, «l’uomo libero a nessuna cosa pensa meno che alla morte; e la sua sapienza è una meditazione non della morte, ma della vita».
L’obiettivo dell’Etica è di mostrarci che l’esistenza della persona libera rappresenta sia il giusto modo di vivere sia la vita migliore cui si possa aspirare. Una vita cioè attiva, di autonomia e di virtù, e che, nella convincente e lucida analisi di Nadler, è anche quella dell’«autentica felicità»: «la vita che noi tutti desideriamo condurre, che ce ne rendiamo conto o meno».
- Franco Giudice - Pubblicato sulla Domenica del 7/11/2021 -
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