«È sempre più raro incontrare persone che sappiano raccontare qualcosa come si deve: e sempre più spesso si diffonde l’imbarazzo quando, in una compagnia, qualcuno esprime il desiderio di sentir raccontare una storia. E come se fossimo privati di una facoltà che sembrava inalienabile, la più certa e sicura di tutte: la capacità di scambiare esperienze. Una causa di questo fenomeno è evidente: le quotazioni dell’esperienza sono crollate. E sembrerebbe che si tratti di una discesa senza fondo. Ogni sguardo al giornale ci rivela che essa è caduta ancora più in basso, che, da un giorno all’altro, non solo l’immagine del mondo esterno, ma anche quella del mondo morale ha subito trasformazioni che non avremmo mai ritenuto possibili. Con la guerra mondiale cominciò a manifestarsi un processo che da allora non si è più arrestato. Non si era notato, che, dopo la fine della guerra, la gente tornava dal fronte ammutolita, non più ricca, ma più povera di esperienza comunicabile? Ciò che poi, dieci anni dopo, si sarebbe riversato nella fiumana dei libri di guerra, era stato tutto fuorché esperienza passata di bocca in bocca. E ciò non stupisce. Poiché mai esperienze furono più radicalmente smentite di quelle strategiche dalla guerra di posizione, di quelle economiche dall’inflazione, di quelle fisiche dalle battaglie caratterizzate da grande dispiego di mezzi e materiali, di quelle morali dai detentori del potere. Una generazione che era ancora andata a scuola col tram a cavalli, si trovava, sotto il cielo aperto, in un paesaggio in cui nulla era rimasto immutato fuorché le nuvole, e sotto di esse, in un campo di forze attraversato da micidiali correnti ed esplosioni, il minuto e fragile corpo dell’uomo.»
(da: Walter Benjamin, "Il narratore". 1936 )
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