A farmele tornare alla mente, era stato un libro di Marco Codebò, Via dei Serragli.
Ora vengo e mi spiego - come si diceva una volta dalle parti dove sono nato; ma abbiate pazienza, ché a riannodare il filo ci metto un po' di solito!
Il libro, dicevo, l'ho letto qualche anno fa. Credo sia stato il 2003 l'hanno in cui uscì e lo comprai. Nato nel 1952, l'autore, era frequentatore della sede di Potere Operaio di Firenze in Via de' Serragli (anche se nel titolo del libro, il nome della via viene scritto male! Senza l'apice e con la "i" a chiudere la congiunzione con il genitivo. "Via de' Serragli", si scrive così). Vabbè...
Del resto, nella sede di Firenze, Codebò veniva arrivandoci da Genova, in trasferta, per prendere parte alle riunioni nazionali che venivano lì tenute mensilmente. Veniva da Genova per arrivare a Firenze, fino in Santo Spirito! Eppure, nonostante il fatto che nel libro si soffermi perfino a descrivere le «panche lignee» della sede genovese, non spende neppure una parola, un solo misero aggettivo per poter dare meglio l'immagine di quelle sedie pieghevoli, comodissime, su cui mese dopo mese era venuto a sedersi. La verosimile cronaca delle riunioni, che viene spesa tra un «compagni, per favore!» ed un «cominciamo, compagni!», abbellita dal rammentare giustamente «le compagne di rara avvenenza», ecco che viene quasi sciupata da un'inezia. Purtroppo, non dico ci si soffermi, ma non lo fa neppure, il tentativo di mettersi a raccontarli, quei piccoli capolavori di falegnameria che sembravano essere stati fabbricati per tutto tranne che per seguire una riunione politica.
Sedie pieghevoli, ampie e comodissime sulle quali potevi benissimo addormentartici (se ne univi due insieme, contrapposte, una di fronte all'altra, ci dormivi ancora meglio). Provenivano dal cineforum di Sant'Apollonia - in San Gallo accanto alla mensa universitaria - il quale aveva visto chiusi i suoi battenti - "per restauro" - proprio alla fine del 1970 (nel 1971, chiuderanno, sempre "per restauro", anche la casa dello Studente in Piazza Indipendenza). Erano delle gran belle sedie, dallo schienale alto, di legno scuro, eleganti. Ricordo che nel 1974, grazie a Francesco Panichi, le avevo avute in eredità per la sede del collettivo Jackson, durante quella che era stata la sua breve vita in via de' Macci (e anche il nome di questa strada, va scritto con l'apice!). Le sedie, trasportate in Santa Croce, da Santo Spirito, non persero mai quella loro inafferrabile e magica complicità soporifera, e ci dettero modo per troppo poco tempo di discutere comodamente.
Così come dev'essere!
(già pubblicato sul blog il 9/1/2007 )
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