venerdì 29 gennaio 2021

Non tutto il mondo è paese!

Immagina di:
~ Crogiolarti al sole su un’isola creata artificialmente con schiuma ghiacciata.
~ Colonizzare una città vicino a Chernobyl che non è mai stata abitata.
~ Passare la notte in un cimitero popolato (da gente viva) nel nord di Manila.
~ Visitare un microstato situato su una piattaforma militare nel mezzo dell’oceano.
~ Incontrare l’amore della tua vita nella campagna britannica, dove si trova la capitale del sesso open air.

Alastair Bonnett racconta 48 luoghi che non si trovano sulle mappe.
Un inno all’imprevisto su un pianeta ormai interamente mappato (e quindi spiegato) da Google.
Un omaggio emozionante ai confini sfocati e alle fantasie vere, all’idea che l’uomo non conosce tutto, né tutto può essere scoperto e conquistato.
E ancora, un’ode al territorio come fabbrica delle nostre vite, dove costruiamo la nostra identità e la nostra memoria.

(dalla sinossi di: Alastair Bonnett, “Fuori dalle mappe. Un viaggio fantastico in luoghi inesplorati”. Blackie edizioni.)

Alla ricerca di mete perdute
- di Francesca Milano -

In quel capolavoro che è Moby Dick, per descrivere il villaggio dell'amico e alleato indigeno di Ismaele, Queequeg, Herman Melville scriveva: «Non è segnato su nessuna mappa». Questa è, per molti turisti moderni, la caratteristica più ricercata. Un viaggio non è un viaggio se non si torna con qualcosa di nuovo negli occhi. Se «tutto il mondo è paese», se i grattacieli di New York assomigliano a quelli di Shangai, se il mercato del pesce di Tokyo ricorda quello di Feskekôrka a Göteborg allora dove cercare? Fuori dalle mappe. "Fuori dalle mappe" è anche il titolo di una guida scritta da Alastair Bonnett, professore di geografia sociale all'Università di Newcastle e scrittore. È «un inno all'imprevisto su un pianeta ormai interamente mappato (e quindi spiegato) da Google», come si legge sulla quarta di copertina.
Bonnett racconta 48 luoghi inesplorati: città morte, ma anche isole artificiali, Stati senza territori e posti effimeri, come la piazzola di sosta di Hog's Back. Nel 1831 Jane Austen descriveva la collina erbosa del Surrey in una lettera indirizzata alla sorella: «Non ho mai visto la campagna di Hog's Back così godibile!» Oggi, secondo il sito letsgodogging.com, la collina (diventata nel frattempo una piazzola di sosta) è il secondo più popolare luogo d'Europa per il dogging, che non è la pratica di portare a passeggio i cani ma quella di fare sesso in parcheggi e aeree boschive. Perché gli abitanti del Surrey cercano un luogo del genere per fare l'amore? «I frequentatori di Hog's Back non aiutano a dare una risposta - ammette Bonnett - ritenendolo niente di più che un semplice orgasmatic di woodyalleniana memoria, ma all'aria aperta. Io però non ne sono del tutto convinto, perché è evidente che quel paesaggio abbia su di loro un effetto afrodisiaco». La piazzola di sosta tanto cara a Jane Austen è quindi una delle mete insolite consigliate nella guida, che però suggerisce anche luoghi molto meno affollati. Come Agdam, la città morta più grande al mondo. A chiunque la osservi da Google Earth (le coordinate sono : 39° 59° 35" N; 46° 55° 50" E) viene istintivo pensare che vi sia esplosa una bomba nucleare. Chi l'ha osservata dal vivo la descrive così: «A catturare subito è l'ampiezza delle rovine. (...) In questa città dove un tempo vivevano 50mila abitanti abbiamo incontrato solo 15 civili (una madre che raccoglieva bacche selvatiche insieme ai due figli sulla strada principale, una coppia di anziani con la nipote in cerca di legana da ardere e altri che raccoglievano rottami di metallo)».
Fino a pochi anni fa, Agdam era un'animata cittadina, celebre per i suoi bazar, per il suo museo del pane e per il suo vino fortificato (cognac). Succede che i prodotti locali facciano la fortuna di un posto, e la sua localizzazione geografica ne decreti invece la sfortuna: nel 1993 Agdam si è trovata al centro della guerra combattuta per l'enclave del Nagorno-Karabakh tra Azerbajan e Armenia, ed è stata letteralmente rasa al suolo.
Sono luoghi desolati eppure affascinanti per chi è stufo dei soliti panorami da cartolina. Edward Casey, professore di filosofia alla Stony Brook University, nello Stato di New York, sostiene che «l'invasione di luoghi identici e monotoni su scala globale spinga l'essere umano a bramare posti diversi». Irraggiungibili perché lontani come l'isola di North Sentinel, o perché inaccessibili come le tane delle volpi di Heaton Park, o ancora perché in realtà mai esistiti come Sandy Island. Ma ci sono luoghi irraggiungibili solo per alcune persone. Le donne, per esempio, che sono bandite dal monte Athos, territorio autonomo della Grecia a picco sul mar Egeo. Le turiste non possono avvicinarsi a meno di 500 metri dalla riva e se sbarcassero sarebbero condannate a un periodo di detenzione variabile tra i 2 e i 12 mesi. Il divieto è esteso a tutte le femmine di animali, escluse le gatte che secondo i monaci sono state un regalo delle Vergine Maria per difendersi dall'invasione dei ratti.
«Ci sta una terra di nessuno da qualche parte nel cuore», cantava Francesco De Gregori nel suo disco uscito nel 1987. E ci stanno terre di nessuno anche nel mondo. Terre come Bir Tawil, «l'unica zona abitabile del pianeta a non essere reclamata da nessuno», come racconta Bonnett. Bir Tawil è un'area trapezoidale di duemila chilometri quadrati tra Sudan ed Egitto ed è un unicum in un mondo in cui si è sempre combattuto per l'occupazione del territorio. Non qui. Qui si combatte per non occupare questo pezzo di deserto. È una storia al rovescio quella raccontata - assieme alle altre 47 - nel libro di Bonnett: una storia di due Stati che si rimpallano l'annessione di quest'area rocciosa senza sbocchi sul mare perché così facendo rafforzano la loro pretesa su una zona molto più vasta e utile, i quasi 21mila chilometri quadrati del Triangolo di Hala'ib affacciato sul Mar Rosso.
Un altro itinerario insolito è quello che conduce al Principato di Sealand, uno Stato indipendente creato nel 1967 da un maggiore dell'esercito in pensione, Paddy Roy Bates, su una piattaforma di artiglieria della seconda guerra mondiale, di fronte alla costa dell'Essex. Una storia che ricorda quella dell'Isola delle Rose celebrata nel film di Sydney Sibilia disponibile su Netflix. Stesso anno di costruzione (1967), stesso ideale: «Creare piattaforme marittime sostenibili dove le persone possano scegliere di vivere se insoddisfatte dalla loro esistenza sulla terraferma».

-  Francesca Milano - Pubblicato sul Sole del 24/1/2021 -

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