Nel suo libro del 2004, "Immagini malgrado tutto" (p .45 - 47), Didi-Huberman salva Georges Bataille e la sua riflessione a proposito della relazione tra «vittime e carnefici» vista nel contesto della Shoah. Subito prima, Didi-Hubermann ha preparato il terreno per mezzo di una riflessione di Blanchot tratta dal suo "La scrittura del disastro": dove afferma che con i campi di concentramento, emerge il paradosso per cui l'«invisibile si è reso visibile per sempre».
È assai significativo - continua Did-Huberman - che Blanchot, colui che è per eccellenza il pensatore senza tregua della negatività, non abbia accostato la Shoah all'«inimmaginabile», o all'«invisibile» (come ha fatto, secondo l'esempio riportato da Didi-Huberman, Sartre). Poco dopo aver citato il testo scritto da Bataille contro Sartre e contro le sue "Riflessioni sulla questione ebraica" ("Sartre", del 1947), Didi-Huberman salva un altro testo di Bataille, sul quale poi tornerà in altri momenti della sua opera, intitolato "Réflexions sur le bourreau et la victime" ["Riflessioni sul carnefice e la vittima"], un testo anch'esso del 1947. Scrive Bataille, «[...] noi non siamo soltanto le vittime possibili dei carnefici: i carnefici sono i nostri simili». Cosa faremmo se fossimo al posto delle vittime? Cosa attueremmo? La fuga, la resistenza, la desistenza? E che cosa faremmo se fossimo al posto dei carnefici?
Didi-Huberman commenta asserendo che Bataille aveva compreso, già nel 1947, la necessità di pensare a partire dal possibile e dal simile; che bisognava parlare dei campi come del "possibile" stesso, come del "possibile di Auschwitz". «Se il pensiero di Bataille rimane vicino a questa terribile "possibilità umana", ciò avviene perché riesce ad enunciare, sin da subito, il legame indissolubile tra l'immagine (la produzione del simile) e l'aggressività (la distruzione del simile)». E qui Didi-Huberman aggiunge in una nota che il legame esistente tra immaginario e aggressività è stato teorizzato - in maniera abbastanza simile a quella di Bataille - da J. Lacan in un suo articolo del 1948, "L'aggressività in psicoanalisi" [in "Scritti", Einaudi, 1974 pp. 95-118].
fonte: Um túnel no fim da luz
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