Attenzione. Questo libro contiene una zuppa di demone, un’omelette di drago, dita di mago, hamburger di dinosauro e perfino un cocktail di sangue fresco. Tutti (molto) commestibili, ovviamente con l’indicazione di come sostituire le introvabili uova di drago e altri ingredienti immaginari. Il fatto è che, come colleziona letture, Alberto Manguel fin da ragazzino raccoglie, sperimenta e inventa ricette e qui unisce entrambe le passioni facendoci sedere a tavola con i suoi personaggi preferiti, sullo sfondo dei luoghi letterari più fantasiosi di sempre. Partiamo così per un grand tour di antipasti, primi, secondi e dessert, senza dimenticare salse e bevande, per ognuno dei quali ci fornisce dosi e istruzioni dettagliate e l’assicurazione di aver provato e gustato personalmente ogni ricetta. Di portata in portata, facciamo tappa nel Bengodi di Boccaccio, al Jurassic Park di Crichton, nella Babele di Borges, nel Paese di Oz, a Shangri-La, nell’Ultima Thule, e via nelle storie più belle della letteratura. Vogliamo assaggiare la torta di compleanno degli Hobbit della Contea? O il nettare di sole del Flauto Magico? La salsa al burro che costò cara al gigante Scassanaso nelle Avventure di Pantagruele? O le crocchette preferite da Sancio, il fedele scudiero di don Chisciotte? Ora possiamo, con un godimento non solo culinario ma anche della nostra immaginazione letteraria, perché, come chiosa Manguel, «sotto ogni forma e foggia, dagli elaborati banchetti di Atlantide al più frugale pasto di Robinson Crusoe sull’isola, tutto il cibo (come ci racconta la letteratura) è essenzialmente la prova della nostra umanità condivisa».
(dal risvolto di copertina di: Ricettario dei luoghi immaginari, di Alberto Manguel. Traduzione di Giovanna Baglieri. Illustrazioni dell’autore. Vita e Pensiero, pagg. 157, € 16)
Gustarsi «dracula» sorseggiando sangue
- Ricettari immaginari. Alberto Manguel trae l’ispirazione culinaria da un luogo frutto della fantasia degli scrittori per inventare pietanze e bevande fornendo ricette e ingredienti. E per il cocktail dei vampiri va bene il succo di barbabietola -
di Paolo Albani
Allora, mettiamoci a tavola: cosa volete per cena? Dei Manrovesci alla saporita o delle Bazzecole in camicia? Per secondo uno Spezzatino di peti o le Marmitte agliate in pisciaforte? E per chiudere in bellezza volete buttarvi su un bel vassoio di Crocchette all’imbroglio o su un assaggio di Sputasentenze? Sono alcuni dei piatti serviti durante una cena nel palazzo della Regina di Lanternese, paese abitato da una popolazione che vive a lume di lanterna, elencati nel Gargantua e Pantagruele (1532) di François Rabelais (i nomi dei piatti provengono dalla versione stupendamente recata in lingua italiana da Augusto Frassineti).
Quello di Rabelais è uno dei numerosi esempi di ricette strane, curiose, a volte immaginarie, che s’incontrano in letteratura. Penso ad esempio a quelle della cucina futurista, come le cotolette-tennis, cotolette di vitello cotte al burro e tagliate a forma di un telaio di racchetta: al momento di servirle, vanno spalmate con un sottile strato di pasta (fatta di mascarpone impastato con noci tritate), sul quale sono tracciate alcune linee con salsa di pomodoro mescolata con rum. Le avrà mai assaggiate quell’istrione di Marinetti? Oppure ai menu monocromatici della signora Moreau, descritti da Georges Perec nel capitolo LXXI di La vita istruzioni per l’uso (1978), menu con cibi ispirati a un solo colore: quello giallo, ad esempio, prevede tortini di formaggio alla borgognona, morbidelle di luccio in salsa olandese, spezzatino di quaglia con zafferano, insalata di mais, sorbetti al limone. Per tacere dei menu patafisici, di quelli magici e incantati delle favole, di quelli astrusi di alieni e popoli inesistenti, la gastronomia potenziale dell’OuLiPo-OpLePo (Opificio di Letteratura Potenziale) con i suoi gustosi esercizi di stile fra i fornelli, e chi più ne ha più ne metta.
Perché mi soffermo su questa meravigliosa cuccagna culinaria, da far venire l’acquolina in bocca a un digiunatore di professione (come quello kafkiano)? Perché è appena uscito un Ricettario dei luoghi immaginari, scritto e illustrato da Alberto Manguel, uno che d’immaginazione se ne intende, non foss’altro per aver scritto con Gianni Guadalupi un bellissimo Dizionario dei luoghi fantastici(1980), molto apprezzato da Italo Calvino. Nella prefazione Manguel confessa di aver inventato ricette fin da piccolo e che uno dei suoi scrittori-cuochi preferito è Balzac (avete presente il girovita dello scrittore francese?), capace in un solo pasto di mangiarsi voracemente cento ostriche di Ostenda, dodici cotolette di montone immerse in salsa di peperoni, pomodori e olive snocciolate, un’anatra con contorno di rape, una coppia di pernici arrosto, una sogliola cucinata alla normanna, antipasti misti, dolce, frutta, il tutto annaffiato da vini provenienti dai migliori vigneti. Il Ricettario di Manguel è diviso in quattro sezioni che trattano di antipasti e zuppe, pietanze e salse, dessert e si chiude con le bevande. Ogni voce prende lo spunto da un luogo immaginario per inventarsi, fornendo ingredienti e dosi necessari, le modalità per cucinare la ricetta. Ciò significa che la ricetta non si trova dentro i libri degli autori citati da Manguel, ovvero non è il frutto della fantasia di Omero, Plinio il Vecchio, Ariosto, Alexandr Puškin, Herman Melville, Daniel Defoe, Thomas Bernhard, ecc., ma è inventata dallo stesso Manguel che trae l’ispirazione culinaria da un luogo immaginario (isola, regno, castello, bosco, città, ecc.) in cui quegli stessi autori hanno ambientato i loro racconti.
Mi spiego con un paio di esempi. Se miscelo vodka, succo di barbabietola (in mancanza di sangue), succo di pomodoro e di ananas con un cucchiaio di succo di limone, guarnendo i bicchieri riempiti di cubetti di ghiaccio con fettine di ravanello, la bevanda, chiamata da Manguel «cocktail di sangue fresco», è una suggestione di ciò che un noto conte della Transilvania propina agli ospiti del suo castello, come si legge nel romanzo di Bram Stoker, Dracula (1897). Le «frittelle di pesce felice», a base di filetti di pesce bianchi, rosa e scuri, altra ricetta proposta da Manguel, sono in origine il piatto tipico della città di Zenobia, simile a Venezia, posta su altissime palafitte, una de Le città invisibili(1972) di Calvino. Al termine della cena, prima che torniate a casa, vorrei sottoporvi un quesito. Cosa pensereste se, in un ristorante, il cameriere vi portasse il menu sul quale spiccassero ghiottonerie come queste: Omeoteleuti al formaggio, Anacoluti fritti, Brachilogie alla brace, Ossimori buchi, Prolessi con salsa verde, Poliptoti con purè, Litote al vapore con maionese, Variazioni di tmesi, Dattili, More di sillabe. E tra i vini: Allotrio, Lassa o Villanella? Forse, avendo un po’ di familiarità con gli antichi greci e romani, potreste pensare che il cuoco sia un retore burlone.
- Paolo Albani - Pubblicato su Domenica del 13/11/2022 -
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