Illusione Tecnocratica
- di Maurilio Botelho -
Ieri, è stata ampiamente citata la missiva in cui si chiedeva un arresto temporaneo dello sviluppo dell'intelligenza artificiale. La cosa ha avuto un impatto significativo, visto che a firmare il documento sono state alcune delle figure direttamente coinvolte nel processo di innovazione tecnologica, le quali in passato hanno creato le condizioni che poi avrebbero portato all'apprendimento profondo e al "linguaggio naturale" nelle macchine. Gli eventi recenti hanno fatto temere un uso "inappropriato" e persino "incontrollabile" dell'IA – e qui forse il più significativo di tutti è stato l'esperimento in cui uno scienziato di Stanford ha portato Chatgpt a prendere il controllo di un altro computer (l'esperimento è stato sospeso prima del suo completamento).
Oggi, in un mondo nel quale gli hacker promuovono blackout nelle reti elettriche, sospendono la trasmissione del gas e si appropriano di dati provenienti da istituzioni pubbliche e private (un sondaggio condotto nel Regno Unito ha evidenziato il fatto che più della metà delle aziende industriali avrebbe subito la sottrazione di dati), appare come un segnale positivo. La paura che ci possa essere un'IA incontrollabile, non costituisce più soltanto un tema legato solo alla fiction fantascientifica, e la soglia della "Singolarità" sembra essere sempre più vicina. Nel frattempo, però, quello che appare come il maggior immediato proveniente dall'Intelligenza Artificiale, rimane sottovalutato: la sua incontenibile distruzione di posti di lavoro.
Un'indagine di Goldman Sachs pubblicata questa settimana, sottolinea come circa i due terzi dei posti di lavoro negli Stati Uniti e in Europa, potrebbero essere in qualche modo interessati dall'automazione. Come era già stato reso evidente negli ultimi anni - grazie a una seria ricerca sull'IA - le professioni più colpite sono i "colletti bianchi", vale a dire, le professioni della classe media, come avvocati, contabili, pubblicitari ecc.; oltre anche all'esercito dei professionisti dell'istruzione. Le professioni che comportano uno sforzo fisico, oramai già tutte precarizzate, sono (per ora) quelle che appaiono meno sottoposte a rischio. Tutto questo rappresenta esattamente il contrario del modo in cui il problema viene recepito dall'intellighenzia accademica, la quale, ignara del reale impatto dell'IA, continua a predicare che, con una "buona formazione" e una "buona istruzione", non dobbiamo avere niente di cui preoccuparci. In Brasile - in diversi recenti relazioni e dibattiti che hanno coinvolto intellettuali - è stato difeso il cosiddetto "uso razionale" dell'IA. La totale resa tecnocratica, è dimostrata da titoli delle relazioni: «In che modo gli insegnanti possono coesistere con Chatgpt», oppure «Chatgpt è un mostro solamente nel caso in cui non ci sono insegnanti». In tutto questo si può vedere come la profondità della trasformazione causata dall'IA venga percepita come se essa coincidesse solo con quella che è la sua schiuma superficiale; un sintomo della nostra epoca, questo, dove anche la tecnologia nucleare è stata convertita in una sorta di "alternativa verde": «usandola bene, cosa c'è di male?» Questo, nel momento in cui anche il «Metaverso diventa un campo di contestazione», vuol dire che non possiamo più aspettarci granché dagli "intellettuali integrati". Le minacce alla democrazia, che vengono denunciate nella lettera, andrebbero invece intese a partire dai loro fondamenti sociali, e non solo riferendole allo strumento costituito da Internet e dall'IA.
Un editorialista del Financial Times, commentando il sondaggio effettuato da Goldman Sachs, ha registrato infatti che «la maggior parte delle persone percepisce come automatizzabile meno della metà del proprio carico di lavoro, e ritiene che con ogni probabilità ciascuno di loro rimarrebbe comunque al proprio posto di lavoro, limitando la cosa solo a liberare parte del proprio tempo per delle attività più produttive». Ecco qual è il nocciolo dell'illusione della produttività "compensativa": vedere un mondo in cui l'automazione libererebbe tempo di lavoro, rendendolo più produttivo, in modo che così aumenterà inevitabilmente il potere d'acquisto, per cui così anche le figure professionali che verranno ampiamente interessate dall'IA, anch’esse a un certo punto del futuro verranno riqualificate, creando pertanto nuove attività.
In questo caso, l'ignoranza non attiene solo alla "Singolarità" della microelettronica, e al nuovo potenziale dell'IA, ma riguarda anche i criteri di base dello sviluppo economico: una produttività superiore alla crescita economica (espansione del mercato), si traduce di conseguenza in un saldo occupazionale negativo, facendo così aumentare la disoccupazione. Secondo Goldman Sachs, nel prossimo decennio, l'adozione generalizzata dell'IA potrebbe portare a una crescita del PIL mondiale del 7% l'anno! Resta da vedere in che modo, un simile mondo, in cui la moltiplicazione delle attività precarie avvenute a partire dalla disoccupazione strutturale e in cui la classe media - già appiattita e fortemente indebitata - soffrirà ancora di più la sua sostituzione da parte delle macchine intelligenti, potrà sperimentare una crescita economica. Il pensiero microeconomico è già arrivato a dominare talmente la coscienza (ricordiamoci del dogma secondo cui uno Stato deve comportarsi come una famiglia in termini di bilancio!), fino al punto che oggi gli aumenti di produttività individuale sono diventati automaticamente una crescita della ricchezza globale; ignorando tutti gli altri aspetti (gli impatti ambientali, o la già ingigantita capacità di inattività strutturale delle industrie).
A essere emblematico, è che, tra gli altri, sia stato Elon Musk ad aver firmato il documento in cui si avverte del pericolo dell'IA, nel quale si chiede una maggiore regolamentazione del settore. Il famoso imprenditore è già assai noto per la sua difesa della deregolamentazione economica, e lo è anche per la sua richiesta di totale libertà sui social network (anche per i neofascisti); cosa che, attraverso la falsificazione delle immagini, costituisce propriamente quello che è uno dei pericoli provenienti dall'uso dell'IA.
Sembrerebbe quasi una contraddizione esplicita. Tuttavia, il fatto che sia stato Elon Musk ad aver sviluppato la tecnologia che rende possibili le "auto senza conducente" non viene messo in discussione. Le auto senza conducente sono già in uso in diverse città degli Stati Uniti, alcune delle quali soffrono per il crollo di posti di lavoro nei settori high-tech; come avviene a Phoenix, in Arizona, dove la criminalità è diventata ora un'opzione occupazionale sempre più comune tra i giovani. Intanto, all'altro lato del mondo, due giorni prima della pubblicazione della "lettera preoccupata", l'agenzia Nuova Cina annunciava l'espansione, a Pechino, del servizio di taxi senza conducente: la prospettiva di questo settore è quella che vuole arrivare a ottenere il 60% del mercato dei trasporti, tramite App, entro il 2030, in Cina; un Paese che sta già vivendo un brutale rallentamento economico insieme a un aumento della produttività industriale.
Il devastante approfondirsi dell'automazione in generale, non solo dell'IA, non viene mai messo seriamente in discussione. L'immagine del capitalismo, visto come Fenice che rinasce sempre dalla sua stessa distruzione, rimane ben fissa nella retina intellettuale, e la banalità schumpeteriana della "distruzione creativa" è ormai diventato un dogma teorico. La lettera degli scienziati affronta il problema del lavoro solamente dal punto di vista della fruizione («Dovremmo automatizzare tutti i lavori, compresi anche quelli più gratificanti?» si chiedono). Il che non sorprende, se consideriamo che il lavoro è stato reso parte della natura umana, e quindi sembra insuperabile (con il marxismo, che in questa ontologia tipicamente moderna gioca un suo ruolo assolutamente decisivo). L'idea secondo cui la tecnologia ricreerà i posti di lavoro - creando in più anche nuove figure - fa parte di tale dogma, e si è radicata nella certezza che ci sarà un adeguamento automatico del mercato.
Ciò che si realizza, a partire da tutta questa ignoranza relativa agli impatti sociali, è la perpetuazione stessa del capitalismo. I timori della società non andrebbero indirizzati contro una macchina autonoma, stile Skynet (e questo sebbene anch'essa rappresenti un pericolo effettivo a causa della natura stessa delle relazioni feticistiche e incontrollabili del capitalismo). La paura dovrebbe essere piuttosto rivolta al capitale stesso, in quanto relazione sociale autonomizzata che rende ormai superfluo il lavoro umano.
Anche in questo caso ci troviamo ancora di fronte a un fraintendimento della natura sociale della catastrofe, che viene esteriorizzata. Se la fine del mondo è ormai più consueta della fine del capitalismo, ecco che allora può diventare ancora più facile immaginare anche la fine dell'umanità; stavolta causata da una minaccia cibernetica, piuttosto che dalla disintegrazione di quella che è la relazione sociale di base: il lavoro.
- Maurilio Botelho - Pubblicato su Facebook il 30/3/2023 -
fonte: Maurilio Botelho
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