« L'ultima possibilità che abbiamo di spiegare - o addirittura di combattere - il nuovo razzismo e il radicalismo di destra, ci viene data proprio da quelli che erano i vecchi residui della lotta di classe fatta a partire dalla "prospettiva del lavoro". Evidentemente, in una società con un'economia di mercato (capitalista), tutte le manifestazioni, le forme di reazione, i movimenti, ecc. vengono determinati da una tale società (in caso contrario, da quale altra?); dal momento che sono tutte espressioni del suo processo sistemico e dei suoi attriti. Vista sotto questa luce, l'affermazione secondo cui "il capitalismo porta al fascismo" costituisce una verità estremamente banale. Ma il vecchio monito della sinistra non viene mai interpretato in un senso sistemico così generale.
Esso vuole invece suggerire piuttosto un'articolazione soggettiva - politicamente formata - del capitalismo, o dei capitalisti (questa identificazione erronea del sistema con i suoi soggetti responsabili, costituisce una caratteristica delle carenze del pensiero ideologico della sinistra), con l'ideologia della destra radicale e con le sue organizzazioni, o obiettivi politici. L'antifascismo classico di sinistra, è basato, e soffocato a partire proprio da questa costruzione esplicativa. Già dal periodo tra le due guerre, una simile interpretazione era diventata molto unilaterale e assai dubbia.
I capitalisti (nel senso del cosiddetto grande capitale) e le loro associazioni ecc. non erano né più né meno nazionalisti di quanto lo fossero le altre classi, le proprietà e i gruppi dell'epoca. In termini percentuali, il fascismo mobilitava altrettanti disoccupati, operai specializzati, tecnici, impiegati, borghesi e capitalisti. In un simile contesto, non vale nemmeno la pena di fare riferimento alla vecchia chiave di lettura di sinistra che parla della seduzione, o della manipolazione dei membri di alcune categorie sociali; le quali invece avrebbero avuto una vocazione completamente diversa.
Se Hitler e il suo partito vennero effettivamente sostenuti in maniera massiccia da alcuni industriali, da dei gruppi dell'alta finanza e dalle associazioni industriali, ciò non avvenne perché - visto come fattore soggettivo - il capitale è sempre segretamente unito al fascismo; in modo che quando il gioco si fa duro questa unione viene legalizzata. Questa visione soggettiva - e nel migliore dei casi sociologizzante - strettamente legata a una riduzione esplicita delle leggi sistemiche senza soggetto della merce e del denaro, a cui contrapponeva il libero arbitrio dei soggetti del denaro, non è altro che una teoria del complotto di sinistra, e come tale si contrappone - solo con segno invertito - alla teoria del complotto di destra degli stessi fascisti.
In questi termini, era pertanto la connessione interna tra il capitalismo e lo stesso fascismo, che doveva essere riformulata a livello sistemico: dopo la prima guerra mondiale, nel processo di ascesa del sistema astratto del lavoro si era verificata una nuova fase di implementazione (precisamente, la transizione alla formazione fordista), e le diverse forze politico-ideologiche si contendevano la conformazione di questo stadio evolutivo.
Comunisti, socialdemocratici, liberali, conservatori, e perfino fascisti, in vista di un identico sistema di riferimenti, si erano trovati a operare su un piano comune; dal momento che una trasformazione sistemica al di là della logica economica della produzione di merci non veniva nemmeno in discussione.
La posta in gioco. era il "come" sarebbe avvenuta l'annunciata nuova fase di sviluppo, e in tale situazione i tedeschi avevano scelto (in modo democraticamente corretto, attraverso una decisione a maggioranza) la più barbara delle alternative, vale a dire, quella di un fordismo sostenuto da blindati e massacri industriali, il quale prometteva la prospettiva autarchica di un impero mondiale da conquistare. Isolati dal resto del mondo, i tedeschi sarebbero in tal modo diventati i fruitori, insieme a "l'aristocrazia del lavoro" di quello che era un fantastico regno di schiavi del lavoro che andava dal fiume Maas agli Urali.»
- Robert Kurz - dall'XI capitolo del libro "O Retorno de Potemkin" - 1993 -
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