«Proprio nella stessa misura in cui le contraddizioni interne della democrazia di mercato - insolubili sul suo stesso terreno - si trasformano in un fattore di crisi, e annunciano così la fine storica di tale forma di socializzazione della modernità, vediamo che sono perfino le procedure democratiche stesse a generare i potenziali presupposti del nuovo radicalismo di destra. Queste potenzialità si sviluppano su piani differenti, per poi cristallizzarsi quasi come un insieme coerente, oppure come una specie di "trapunta patchwork"; e questo a seconda ovviamente del carattere empirico di tali potenzialità. In ultima analisi, alla fine è ancora una volta proprio il carattere particolaristico della nuova barbarie a contraddire quella che dovrebbe essere la sintesi da attuare sui diversi piani, nel contesto di un progetto sociale egemonico onnicomprensivo, e quindi, economico, psicosociale, ideologico, politico e organizzativo. Ma è proprio l'atomizzazione dei soggetti, insieme alla segmentazione degli interessi, a essersi spinta troppo oltre per poterlo permettere. Ma i vari elementi sociali costitutivi del nuovo radicalismo di destra, andrebbero studiati e osservati ancora più da vicino. Ironicamente, tutti questi elementi possono essere descritti come l'alba dei "regni del male"; e questo perché, pur non convergendo più su un potere centrale coerente e riproducibile, segnalano comunque il passaggio alla barbarie della democrazia di mercato in decomposizione [...]. Per quanto la gigantesca disoccupazione strutturale non conduca, meccanicamente e immediatamente, gli interessati alle pratiche elaborate dalla destra radicale, è in questo modo che si forma quello sfondo silenzioso sul quale germogliano i "fiori del male". L'essenziale è che i rappresentanti della società ufficiale (management e politica) arrivino a riconoscere di non avere più alcuna ricetta per contrapporsi allo sviluppo del sistema di mercato globale resosi autonomo, così come alle pressioni esercitate dalla concorrenza, in modo che, così facendo, permettano che i problemi si accumulino [...]. In questo modo, la crisi sistemica, sempre più evidente, della democrazia di mercato può far sì che siano gli stessi criteri sistemici quelli che vengono quasi inevitabilmente riaffermati, in maniera compulsiva, anche perfino da coloro che sono palesemente i perdenti (o da chi, in qualche modo, si sente minacciato dal processo di crisi); ma a causa dell'impossibilità di una ricerca "razionale" degli interessi, diventano ancora più irrazionali e sempre più aggressivi. [...] E così è proprio la perfidia liberale - che ha elevato il mercato a unico idolo, sperando in maniera spudorata che una massa crescente di persone diventata superflua per il mercato del lavoro, e non più vendibile, ora si sottometta, con "civiltà", al destino e ai programmi statali di gestione della povertà - a gettare benzina sul fuoco del razzismo e del radicalismo di destra.»
( Robert Kurz, 1993 )
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