La vita e l’opera di uno dei massimi filosofi di ogni tempo, al centro di un’epoca in vertiginosa trasformazione e in procinto di divenire il nostro mondo. Per Georg Wilhelm Friedrich Hegel, la filosofia è il proprio tempo appreso in concetti. Un progetto che proprio al cospetto dello spaesamento e delle polarizzazioni contemporanee non può non suscitare ammirazione. Nessun altro pensatore ebbe modo di conoscere altrettanto bene il passaggio dalla vecchia Europa alla società moderna. Che si tratti dell’Illuminismo, della Rivoluzione francese, del dominio napoleonico, delle guerre di liberazione, dell’industrializzazione o delle grandi scoperte, il mondo durante i decenni di vita di Georg Wilhelm Friedrich Hegel cambiò radicalmente e irreversibilmente. E lo fece attraverso idee che sfociarono in rivoluzioni politiche, industriali, estetiche ed educative. Non a caso, secondo Hegel la filosofia doveva elaborare il concetto del proprio tempo: non verità eterne, dunque, non il fondamento di tutto l’essere, ma il proprio tempo in concetti. Jürgen Kaube racconta la vita di Hegel, ne spiega l’opera e mostra come tutti gli sconvolgimenti epocali convergessero verso un tentativo di rivoluzione finale: quella del pensiero. Hegel lavorò a Jena, il centro intellettuale del Classicismo, trovando ispirazione in Schiller, Goethe e in molte altre eminenti personalità del suo tempo. Grande polemista, amava discutere, per esempio con i Romantici; trovava interessante e assorbiva tutto ciò che era nuovo. Kaube presta particolare attenzione anche alla vita privata del filosofo: al figlio illegittimo, morto di malaria in Indonesia, o alla sorella, che partecipò alla congiura repubblicana nel Württemberg…
(da risvolto di copertina di: "Il mondo di Hegel", di Jürgen Kaube. Einaudi, pagg. 506, € 35)
Il senso di Hegel per l'arte e le stelle del cielo
- di Armando Torno -
Hegel morì a Berlino il 14 novembre 1831. Con il filosofo più influente e seguito, se ne andava un’epoca. Durante la sua vita l’Illuminismo finì, la Rivoluzione francese e gli anni napoleonici sfumavano tra i ricordi, l’industrializzazione cambiava le vite. Le idee del maestro sarebbero diventate rivoluzioni politiche, sociali, estetiche, educative e altro che è difficile inventariare. Hegel nelle sue lezioni di Estetica intuì che l’arte nelle moderne società occidentali è destinata a riadattarsi; in sostanza, deve ripensare la sua funzione espressiva e simbolica. In termini ottimistici si potrebbero interpretare in tal modo le sue parole: «Die Kunst, ist und bleibt, nach der Seite ihrer höchsten Bestimmung für uns ein Vergangenes» («L’arte, in conformità alla sua più alta determinazione, è e rimane per noi qualcosa di passato»). Altri aggiunsero che si tratta di un certificato di morte. La medesima sorte toccherà a Dio. Comincerà Schiller nel dramma I masnadieri, seguito da decine d’altri sino a Nietzsche, e si arriverà a gridare con Zarathustra: «Dio è morto!».
Queste note vanno in margine al libro di Jürgen Kaube Il mondo di Hegel, che Einaudi ha pubblicato nella traduzione di Monica Guerra. È una vita del pensatore e, al tempo stesso, un racconto della sua opera; tuttavia è anche un resoconto degli sconvolgimenti di quegli anni e offre raffinati percorsi culturali. Uno tra i molti è nel III capitolo, dove l’autore ricostruisce le letture dei sodali di Hegel, cioè Hölderlin e Schelling. E qui è bene non aggiungere commenti, perché un confronto con l’attualità ci farebbe vergognare. Si ritrova, tra le altre, la figura di Heine. Nel testo del Salon, dedicato alla mostra di pittura al Louvre che scrisse per i tedeschi nel 1831, si chiede: «L’arte in generale e il mondo stesso sono destinati a una fine triste?». L’Estetica di Hegel uscirà nel 1835, ma lui ne aveva seguito a Berlino le lezioni dal semestre estivo del 1821 a quello invernale del 1822-’23. Anche se le loro idee non collimavano, il ricordo di quel magistero diventa incancellabile. Scriverà nelle Confessioni una trentina d’anni dopo, narrando un incontro con il filosofo: «Durante una sera stellata ce ne stavano uno accanto all’altro alla finestra e io, che ero un ragazzo ventiduenne, avevo mangiato bene e bevuto il caffè e parlavo con rapimento delle stelle chiamandole dimore dei beati. Il maestro mormorò tra sé: “Le stelle, ehm, ehm! Le stelle non sono altro che scabbia luminosa del cielo”».
Che cosa resterà allora, secondo Hegel, dell’arte o dei programmi popolari? Della trasmissione Ballando con le stelle? Della canzonetta Figli delle stelle? E del natalizio Tu scendi dalle stelle?
- Armando Torno - Pubblicato su Domenica del 23/10/2022 -
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