martedì 17 gennaio 2023

Emergere !!

Gli esseri umani non padroneggiano le relazioni sociali che essi stessi creano; questo può essere riassunto in maniera lapidaria nella frase di Marx «Non lo sanno, ma lo fanno». Un simile concetto - originariamente concepito considerando il carattere metafisico-reale del modo capitalista di produzione e di vita, a partire dal feticcio specifico della merce, del capitale e del diritto – viene ora riformulato in questo libro in modo da cogliere un livello di astrazione più alto e storicamente ampio. Sii cerca un nuovo modo di guardare alla storia della merce, del capitale e del diritto, considerandolo come un feticcio specifico, da riformulare in modo che si possa cogliere, a un livello di astrazione più alto e storicamente ampio, l'insieme delle formazioni sociali storiche, e lo si fa a partire dal Paleolitico e dal Neolitico, epoche in cui gli esseri umani, in ultima analisi, non controllano le relazioni sociali che essi stessi creano, senza però trascurare il fatto che ogni volta si tratta di relazioni feticistiche assai diverse, il cui carattere proprio (storicamente specifico) dovrà pertanto essere esaminato. Così, lo studioso della preistoria va alla ricerca di quello che egli considera come un grande mito di creazione, il quale ha alimentato l'ontologia degli artisti paleolitici: il mito dell'Emersione primordiale.

«Il punto in comune tra le diverse società umane si trova al livello astratto delle strutture di riproduzione e delle relazioni sociali fondamentali che non sono padroneggiate, vengono create inconsciamente e si trovano "alle spalle" degli individui. Perché gli esseri umani non padroneggiano le relazioni sociali che creano quotidianamente? Perché la relazione sociale è sempre metafisicamente determinata a partire da un'astrazione sociale, nel senso che abbiamo un principio metafisico non più riducibile a una semplice idealità, a una riflessione filosofica o teologica, ma che costituisce una vera e propria "relazione sociale all'opera nella realtà sociale, in altre parole, una vera e propria metafisica, una metafisica che è in un certo senso incarnata, avviluppata nelle pieghe del processo sociale di riproduzione" (Robert Kurz). Questo carattere feticistico, così definito e che si estende a tutte le formazioni storiche, risiede più precisamente nel fatto che le relazioni sociali sono sempre mediate da quelle che Kurz chiama "matrici sociali aprioristiche", vale a dire, da forme di coscienza sociale inconsciamente costituite, a loro volta costitutive di astrazioni sociali, e da cui vengono guidate le relazioni empiriche quotidiane di riproduzione e di dominio, ma anche le catene gerarchiche di relazioni e di rappresentanza personale a tutti i livelli, le quali rimangono legate al principio metafisico-reale.»
(da un'Intervista a Jean-Loïc Le Quellec]

Tra le tante ipotesi proposte per spiegare "l'arte delle caverne", molte di esse sono state definitivamente confutate; altre non sono totalmente da rifiutate, sebbene non possono assumere il ruolo di una delucidazione globale. Di fronte a una simile impasse, alcuni ritengono che sia più saggio smettere di cercare. Invece la sfida posta da questo libro, è piuttosto quella di guardare altrove e in modo diverso. Basandosi sulla più ricca banca dati resasi finora disponibile, la quale elenca 452 grotte, le cui decorazioni sono attribuibili al Paleolitico, e dopo un attento esame delle analisi che si sono susseguite per più di un secolo, Jean-Loïc Le Quellec sviluppa qui un approccio completamente nuovo ponendosi la seguente domanda: perché addentrarsi in grotte oscure, spesso di difficile accesso e persino pericolose, per produrre delle opere la cui parte più realistica è dedicata alla rappresentazione di un numero molto ridotto di specie animali e, assai meno frequentemente, di esseri umani animalizzati, o rappresentati in maniera parziale?  Detta in altre parole, qual era la concezione della caverna che prevaleva nel Paleolitico, e che ha portato alla creazione di tali immagini?
Percorrendo sentieri poco battuti dai preistorici, e utilizzando metodi ignorati dai "parietalisti", l'autore dimostra che ad aver alimentato l'ontologia degli artisti del Paleolitico, è stato un grande mito di creazione: quello dell'Emersione primordiale, il quale poi si è diffuso in tutto il mondo man mano che il Sapiens scopriva nuovi territori al di fuori dell'Africa. Un giorno, dice il mito, gli esseri ctonici uscirono dalla caverna originaria, e questo atto fu ricordato e rinnovato per alcune decine di migliaia di anni per mezzo di immagini che sono state ritualmente tracciate in innumerevoli caverne...  così come continuano ancora oggi a essere tracciate in molti luoghi del mondo.

Jean-Loïc Le Quellec - La caverne originelle. Art, mythes et premières humanités, La Découverte -

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