1978. Aldo Moro è rapito e ucciso. Sulle città piomba lo stato d’emergenza. «La droga» sfonda ogni argine. Tre papi in Vaticano. Le ultime grandi riforme sociali. Mentre accade tutto questo, di notte e di giorno sempre piú italiani vedono dischi volanti. È un fenomeno di massa, la «Grande ondata». Duemila avvistamenti nei cieli del Belpaese, decine di «incontri ravvicinati» con viaggiatori intergalattici. Alieni e velivoli spaziali imperversano nella cultura pop. Milena Cravero, giovane antropologa, studia gli appassionati di Ufo in una Torino cupa e militarizzata. Martin Zanka, scrittore di successo, ha raccontato storie di antichi cosmonauti, ma è stanco del proprio personaggio, ed è stanco di Roma. Suo figlio Vincenzo, ex eroinomane, vive a Thanur, una comune in Lunigiana, alle pendici di un monte misterioso. Il Quarzerone, con le sue tre cime. Luogo di miti e leggende, fenomeni inspiegabili, casi di cronaca mai risolti. L’ultimo, quello di Jacopo e Margherita, due scout svaniti nei boschi e mai ritrovati. Intorno alla loro scomparsa, un vortice di storie e personaggi. IN QUESTO ROMANZO TROVERETE:
L’Antro di San Palpano. La grotta piú grande del Quarzerone. Ma ce ne sono decine ancora inesplorate.
Censor. Autore di un veridico pamphlet. Ci aveva beccato in pieno.
Forravalle. Piccolo centro della Lunigiana. Noto per le castagne, i funghi e le visioni di creature insolite.
Il Grucat. Gruppo ricercatori ufologi e clipeologi associati Torino.
Jimmy. Ha fondato l’Hallogallo, in quel di Aulla. Piú che un negozio di dischi, un ashram dei corrieri cosmici.
Jole. È la nonna di Jimmy. Sa come toglierti la renella, e come riconoscere i chiodi delle streghe.
Goffredo B. Mazzaroso. Avvocato, principe del foro. La «B.» sta per Benito.
Odeon. L’ultima puntata della seconda stagione.
Onorio Pardini. Ha un tatuaggio con un’aquila e un serpente.
Pablo Pepper. Editore. Istrionico e spregiudicato. Ha vissuto lo spaghetti western e la Swinging London.
Paul Beathens. L’ipotesi è quella della strutturazione della libertà nello spazio. L’ipotesi è sempre la rivoluzione.
Pugno al cielo. Foglio d’agitazione della sinistra extraparlamentare. Il direttore è ancora esule in Francia. Non lo estradano.
Rilevatore Gndn. Se si rompe, non si ripara. Ma cambia poco.
Romulo Casella. Si auspica l’invasione aliena. Il proletariato ha tutto da guadagnarci.
Zanka. È anche una parola della lingua kobaiana.
(dal risolto di copertina di Wu Ming, "Ufo 78". Einaudi, pp.520, €21)
Sarà colpa di tutti quegli ufologi a Roma se la città è precipitata nel caos?
- 1978, l’anno del sequestro Moro e dell’ondata di avvistamenti di oggetti volanti nei cieli d’Italia. Lo raccontiamo in un romanzo che ha un protagonista ispirato al “fantarcheologo” Kolosimo -
di Wu Ming
Ufo 78 cominciò a prendere forma molti anni fa. Il primo nucleo risale al 2006, quando insieme al collega Giuseppe Genna ci lanciammo in un’improvvisazione narrativa che chiamammo Mater Materia, incentrata sugli anni Settanta. Non gli «anni di piombo», come da cliché, ma quelli dei nostri ricordi di bambini sognatori: la fissazione di massa per gli Ufo, il paranormale, il «misterioso»; gli incontri ravvicinati del terzo tipo; il Triangolo delle Bermude; il “sensitivo” Uri Geller che piegava cucchiai col pensiero – già allora ci chiedevamo: se ha simili poteri, perché li spreca piegando cucchiai? Chi se ne frega dei cucchiai? – e i libri del “fantarcheologo” Peter Kolosimo (1922–1984), che si vendevano a carrettate. Erano in ogni casa, le nostre e quelle dei nostri amici: Astronavi sulla preistoria, Odissea stellare, Fratelli dell’infinito…
Si produsse un corto circuito tra quei ricordi e altri, vividi ma meno affascinanti: echi di lotta armata, tg che riferivano di attentati, immagini di posti di blocco.
Ambientammo Mater Materia nel ’78, l’anno del sequestro Moro e di altri eventi cruciali, ma anche dell’«ondata» di Ufo, circa duemila avvistamenti nei cieli d’Italia, record tuttora ineguagliato. Ci figurammo uno scrittore ispirato a Kolosimo e un convegno sugli Ufo programmato a Roma per il terzo weekend di marzo. Il convegno saltava dopo l’agguato di via Fani. Che avrebbero fatto tutti quegli ufologi in una capitale precipitata nel caos?
Ci baloccammo con l’idea di scrivere un romanzo insieme, noi e Genna. I casi della vita ci condussero altrove, ma quelle suggestioni continuarono a lavorare. Nel 2007 Genna pubblicò Medium, romanzo in cui elaborava il lutto della morte del padre. Peter Kolosimo – ma era proprio lui? – vi compariva come personaggio. Quanto a noi, nel luglio 2009 pubblicammo su GQ un articolo dedicato a Kolosimo e intitolato Ufo e rivoluzione, come un celebre scritto del trotskista argentino Juan Posadas (1912–1981). Lo stesso Posadas affiancò Kolosimo come possibile protagonista – benché trasfigurato – di un futuro romanzo.
Materiale che si accumulava nei computer. Nel mentre scrivemmo Altai, poi ci fu la lunga gestazione de L’Armata dei Sonnambuli, oltre ai vari progetti solisti.
Nel maggio 2013 il Guardian ci chiese di compilare una «top ten» ragionata delle nostre utopie predilette. Interpretammo «utopia» non come descrizione di una società ideale, ma come desiderio di altrove che si esprime nella cultura e nelle pieghe del nostro quotidiano. Includemmo nella lista quattro libri di Kolosimo.
Nel 2014 la nostra «sezione musicale», il Wu Ming Contingent, incise il suo primo album, Bioscop. Un brano, Italia mistero kosmiko, parlava di Kolosimo, di cui proprio quell’anno cadeva il trentennale della morte. Sul nostro blog Giap, insieme allo studioso di magia e misteri Mariano Tomatis, celebrammo la ricorrenza in uno speciale intitolato, con citazione beatlesiana, Trent’anni «across the universe».
Recuperammo Mater Materia. Col permesso di Genna, per conto nostro ci lanciammo in un brainstorming. Nuovo titolo di lavoro: Viva Posadas! Nel libro doveva chiamarsi così l’ultimo spaghetti western, girato a voga finita da un pezzo. Fu allora che lo scrittore ispirato a Kolosimo prese il nome di Martin Zanka.
Lacerti del brainstorming e delle prime ricerche li depositammo come bombe a tempo in alcuni dei libri a seguire. In Un viaggio che non promettiamo breve (2016) compare un (vero) ufologo torinese, Paolo Fiorino, e si accenna alle leggende “spaziali” che avvolgono la Val di Susa.
Nel frattempo, come tanti anni prima dalle ricerche per 54 era nato Asce di guerra, da una costola di Viva Posadas! nacque un altro romanzo. Accadde quando incrociammo la traiettoria di Aleksandr Bogdanov (1973–1928), dirigente bolscevico, avversario politico e teorico di Lenin, autore di un classico della fantascienza in lingua russa, Krasnaja zvezda (Stella rossa).
Il romanzo che dedicammo a Bogdanov, Proletkult, uscì nell’autunno 2018. Lo presentammo a Bologna in una sera di novembre, proprio mentre in città si svolgeva un convegno ufologico sull’Ondata del ’78, nel quarantesimo anniversario di quegli avvistamenti.
La coincidenza ci spinse a riprendere in mano Viva Posadas!, che nel frattempo aveva cambiato titolo di lavoro e si chiamava La grande ondata del 1978, oltre ad aver cambiato intreccio molte volte. Ora avevano un ruolo alcuni lemuri fuggiti da un camion diretto allo zoo di Pistoia. Creature aliene, già apparse nel 2004 in uno dei nostri romanzi solisti, New Thing.
Nel gennaio 2019 iniziammo la stesura, ma nel 2020 calò come un maglio, schiacciando tutto, l’emergenza Covid. Non smettemmo di scrivere, ma lo scrivere è parte della vita, e nel 2020 le nostre vite, come quelle di tutti, cambiarono bruscamente.
Mentre lavoravamo a La grande ondata sviluppammo su Giap riflessioni critiche sulla gestione pandemica. Inevitabilmente, il romanzo fu influenzato da quelle analisi, e da quanto ci accadeva intorno. Nei due anni seguenti continuò a trasformarsi, a cambiarci tra le mani.
Nel 2021 il titolo si era ormai asciugato: Ufo 78. Quell’estate terminammo la prima stesura completa, la rileggemmo e ci dicemmo: no, ancora non funziona. L’Einaudi ci concesse un altro anno. Lavorammo come dannati. Tagliammo una sottotrama che mal si intrecciava alle altre, ambientata nel mondo musicale neofascista, tra le band che suonavano ai Campi Hobbit. Quanto ai lemuri, erano già scomparsi tempo prima.
Finita la nuova stesura a fine maggio 2022, abbiamo continuato a limarla fino al 26 agosto, e all’ultimo minuto prima di andare in stampa.
Ufo 78 arriva in libreria pochi mesi prima del centenario della nascita di Kolosimo, che venne al mondo il 15 dicembre 1922. Giuriamo, non l’abbiamo fatto apposta. È stata la rotazione di ingranaggi celesti, ruote dentate il cui moto cominciò un giorno del 2006 quando Genna al telefono disse: «Che pazzesco personaggio letterario, Peter Kolosimo!»
- Wu Ming - Pubblicato su Tuttolibri del 15/10/2022 -
Chiedi agli UFO dove stiamo andando
- di Daniele Giglioli -
La prima cosa che ci colpisce nel nuovo romanzo di Wu Ming, Ufo 78, è l'estrema lentezza, talvolta esasperante anche se intenzionale, del ritmo narrativo, all’opposto di quanto ci aveva abituato questo collettivo di scrittori nelle sue produzioni corali e solistiche. La seconda è la strana sfocatura dei personaggi. Nessuno spicca, in nessuno ci si identifica, nemmeno per via di ambiguità, un modo come un altro per produrre empatia. La terza è la scelta di tenere sullo sfondo lo scenario politico di quell’anno rovente (evento cardine il delitto Moro), quando il drago su cui siamo seduti ha dato uno dei suoi scossoni più violenti inaugurando la stagione dell’emergenza permanente in cui viviamo tuttora. È un romanzo di atmosfera, ambientato in una nicchia della vita associata, le tante e litigiose microcomunità di fanatici degli Ufo, che nel ’78 ebbero pane per i loro denti come sempre durante i grandi momenti di crisi politico-sociale — i primi anni della guerra fredda, la recente epidemia di Covid: avvistamenti a non finire. Se l’esperimento, perché si tratta senz’altro di un esperimento, sia riuscito, è una domanda che resta sospesa fino alla fine, e così ci regoleremo anche qui. Difficile, da un organismo narrativo così disseminato, ricavare una trama in poche righe. Meglio procedere per via di elenco. Ci sono due boy-scout scomparsi nell’agosto del 1976. Un ispettore forestale che non se ne dà pace. Uno scrittore ex partigiano ed ex comunista che ha all’attivo molti libri di successo tutti all’insegna dell’«e se…» (sulla scia del Mattino dei maghi, bestseller di Louis Pauwels e Jacques Bergier, anno 1960, e ovviamente, non citato nel testo ma nei ringraziamenti, di Peter Kolosimo), e un figlio tossicodipendente che si sta disintossicando, in tutti i sensi, nella Comune di Thanur, fondata da una carismatica studiosa-sciamana che mescola Carl Gustav Jung a teorie inverificabili sulla rivoluzione neolitica come origine del patriarcato, ma edificata su terreni e fabbricati di una villa ereditata dalla rampolla di una delle più reazionarie famiglie dell’alta borghesia milanese. C’è poi un’antropologa accademica che segue come osservatrice partecipante il mondo degli ufologi, scisso però in due branche di opposto orientamento. Da una parte gli ufologi propriamente detti, che si propongono di verificare se gli Ufo esistano davvero, a modo loro seguaci del metodo scientifico, e che avvertono perfino un certo sollievo quando scoprono che si tratta di abbagli o di mitomania. Dall’altra parte gli ufofili, che non si preoccupano tanto di ciò che è vero e ciò che è falso ma delle ragioni psicologiche ed esistenziali che stanno dietro agli avvistamenti: in apparenza i più fricchettoni, ma credo sia solo moderato spoiler informare chi legge che verrà da loro l’indicazione utile a sciogliere almeno alcuni dei tanti misteri che si addensano attorno al monte Quarzerone, in Lunigiana, pochissimo noto alle cronache non locali come luogo privilegiato di apparizioni, visioni, leggende, nonnine un po’ streghe ma in senso buono. Dove sono finiti i due ragazzi? Che ci faceva in quel luogo sperduto l’organizzazione Stay Behind, agli italiani farsescamente ammannita come Gladio? Possono alcuni funghetti neanche troppo allucinogeni riuscire dove hanno fallito tanti magistrati e giornalisti d’inchiesta, quando ancora ce n’erano?
Chi ha letto altri libri dei Wu Ming non faticherà a riconoscere molti dei motivi loro cari. Una schietta passione per le controculture supportata da una mostruosa, avrebbe detto Fantozzi, erudizione in materia. Un atteggiamento di apertura, spigliata quanto ragionata, molto al di là dell’opposizione crederci/non crederci, verso quello straordinario patrimonio della mente umana che è la leggenda. La crescente, rispetto ai loro esordi, presa di posizione a favore di quell’universo di persone che vivono ai margini della società senza pretendere di occuparne il centro. Un realismo non magico, termine abusato e ormai da abbandonare, ma disposto alla sorpresa, al dettaglio non a posto nel quadro, alla pista che non porta magari da nessuna parte, e comunque non dove ti eri ripromesso di andare. Un culto per le coincidenze che è riuscito felicemente a evitare la paranoia — il vero cattivo del romanzo: è importante — in cui si sono infognati surrealismo e situazionismo pur con tutte le loro altezzose difese culturali. Una capacità di cogliere i nessi tra macro e microstoria affinata allo spasimo: Aldo Moro è in una prigione; il «movimento» sta per finirci; il Paese pure; forse l’intera modernità razionalistica, che va giustamente fiera delle sue formidabili prestazioni, scienza, Stato di diritto, laicità, individualismo, capitalismo, socialismo, è essa stessa una prigione che sbandiera libertà. È per questo che i più sprovveduti, nell’impossibilità di credere che in questo mondo un altro mondo sia possibile, quando butta malissimo ricominciano a guardare il cielo, chi in cerca di un nuovo Padrenostro (il socialismo intergalattico), chi più semplicemente di ciò che non sappiamo perché magari è da lì che si può saltar fuori dalla rete. Speranze illusorie? Per chi attende una palingenesi senz’altro. Ma per chi sa o intuisce che questa vita, la sua vita, l’unica che ha, è connessa da mille fili (anche equivoci come la comune libertaria che diventa una lucrosa comunità di recupero per tossicodipendenti: dei santoni è sempre bene diffidare da subito), ad altre vite altrettanto queste, uniche e irripetibili, è lecito sperare e talora sperimentare che non uno ma molti altri mondi sono possibili. Ultimissima annotazione. Un romanzo di atmosfera, si è detto, cambiamento non da poco nel corpus dei Wu Ming. Ma perché si compia appieno è necessario che cambi anche lo stile. Quello di prima non è adatto. Segnali in questa direzione ce ne sono molti. Ma è necessario, se è consentito a un recensore dispensare consigli, osare di più in una navigazione perigliosa sempre a rischio di finire nella Scilla del «poetico» o nella Cariddi del «suggestivo oggettivo». Riusciranno i nostri eroi? La scommessa e l’augurio sono decisamente sì.
- Daniele Giglioli - Pubblicato su La Lettura del 16/10/2022
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