Un saluto ai Gilet gialli
È stato questo l'emergere dei Gilet Gialli in Francia: un tuono nel cielo della mediocrità. La loro presenza ha catalizzato segretamente una forza insurrezionale che si stava risvegliando in tutto il mondo. L'ironia della storia ha voluto che siano apparsi in un paese dove l'abiezione e la stupidità avevano oscurato i Lumi di una volta.
La paradossale alleanza tra una volontà pacifica e una risolutezza incrollabile ha piombato nella confusione e nello smarrimento un governo che sonnecchiava assopito confidando nello scombussolamento mercantile delle masse. La mediocrità dei capi di Stato, dei notabili, delle élite era a questo punto talmente esemplare che bastava che il carro dello Stato dovesse solo "navigare su un vulcano"; citando la scherzosa espressione di Prudhomme.
Da destra a sinistra, un disprezzo unanime ha accolto i Gilet Gialli. Chi erano questi intrusi che improvvisamente riscoprivano l'ispirazione della Comune di Parigi, la gioia del maggio 1968, la tranquilla sicurezza degli zapatisti, quando molti di loro ne avevano solo una conoscenza rudimentale? È stato un bel momento di comicità sentire gli intellettuali e gli esperti in pensiero critico trattare da imbecilli quelle persone che scoprivano in sé stessi e insieme, la presenza di una vita da cui le necessità quotidiane ci tenevano - e continuano a tenerci - crudelmente lontani. Questo impulso vitale: sono stati loro a propagarne spontaneamente la consapevolezza pratica, ludica e poetica.
I Gilet Gialli non appartengono né alla plebe né al proletariato. Per lo Stato e per i conservatori, sono dei facinorosi da passare per le armi. Il populismo fascista era convinto che avrebbe potuto padroneggiarli. Si è strozzato al primo boccone. La sinistra li avrebbe volentieri abbigliati con le vecchie vesti proletarie se l'apparato sindacale e politico, desideroso di offrire la propria tutela, se non fosse stato che gli insorti e le insorte hanno rifiutato di accettarla.
La loro auto-organizzazione informale si basa su alcuni principi essenziali e radicali: nessun leader, nessun apparato politico-sindacale, nessun rappresentante autoproclamatosi, priorità assoluta all'essere umano. Nessun altro movimento insurrezionale ha mai marcato con altrettanta determinazione, fin dall'inizio, il suo volere un mondo nuovo che sia in assoluta rottura con le nostre società di dominio, di potere, di sacrificio e di spirito militare.
La scossa sismica che sta scuotendo la società planetaria non si riduce a una sommossa, né una rivolta, né una rivoluzione. Essa indica il risvegliarsi di una vita che la civiltà del Profitto ha condannato all'avvizzimento. Rompe la gabbia di una letargia millenaria. La sua coscienza non è nata, come nel XVIII secolo, dalla lucidità di brillanti pensatori. È una voce anonima, balbettante. È ancora angosciata dalla paura per aver osato l'impossibile. Ma è presente, esiste e fa a meno delle parole perché intuisce che anche le parole devono rinascere. Dal Chiapas all'Iran, una poesia di sovversione sociale spinge verso le più disparate rive le sue onde fragili, effimere e incredibilmente irresistibili.
Di primo acchito, i pretesti addotti appaiono futili: tasse, biglietto della metropolitana, vilipendio dello Stato. Tra loro, molti si limitano ancora a rivendicazioni di sopravvivenza. Ma nessuno si sbaglia. Sotto, c'è qualcosa di ben più profondo. C'è la gioia che li fa danzare sulle rotatorie, sulle strade e dove dai cuori promana il desiderio di vivere liberamente. Nessuna richiesta sociale ha mai fatto mostra di una simile perseveranza, insieme a una determinazione così tranquilla. Tutto quanto sembra suggerire che ci troviamo di fronte a un fenomeno che va oltre gli animatori del movimento, dal momento che - lo capiranno prima o poi - lo portano in sé, nei loro cuori.
Non occorre essere dei geni per individuare, e rendersi conto che tra i Gilet gialli ci sono razzisti, antisemiti, omofobi, misogini, retro-fascisti, retro-bolscevichi, psicopatici e ritardati mentali. Tradizionalmente, la folla ha sempre privilegiato l'individualismo a spese dell'individuo, ed è bravissima nel far prevalere l'aggressività delle emozioni represse sull'intelligenza dei presenti. E tuttavia, ciò che il movimento dei Gilet Gialli ha promosso fin dall'inizio, è stato un senso umano che prescinde dal riflesso predatorio e garantisce la predominanza dell'aiuto reciproco e dell'autonomia individuale. Anche se questo movimento dovesse scomparire, avrà diffuso ovunque i semi di un'insurrezione della vita quotidiana e di una primavera che «fiorisce in ogni stagione».
Abituato da molto tempo a disprezzare le bandiere, mi sono reso conto che gli emblemi della Francia, branditi dai Gilet Gialli, non venivano sventolati nel vento nauseabondo del nazionalismo, ma sbattevano al ritmo del respiro della Rivoluzione francese, messaggera delle nostre rivoluzioni presenti e future. Due secoli di sciovinismo ci hanno impedito di ricordare che, malgrado la sua sanguinosa grandiosità, è stata la Marsigliese la canzone inaugurale delle rivolte che hanno sconvolto il mondo nel XIX e nel XX secolo.
La poesia non viene giù dal cielo, ma nasce nei bassifondi dell'esistenza. Non esiste alcuna misura, nessun calcolo che possa determinare l'intensità di ciò che si diffonde per risonanza, anziché per parole d'ordine. Libera da tribuni, manipolatori e intellettuali arroganti e presuntuosi, la ribellione dei viventi sgombera e apre spontaneamente la strada a una libertà autenticamente vissuta.
La stupidità è contagiosa, l'intelligenza è empatica. Basta qualche seme di radicalismo per fertilizzare le terre più aride. La qualità prevale sempre sulla quantità. Non preoccupatevi delle cifre! La civiltà dei numeri è finita! Lasciate che gli aggressivi disperati vi chiamino chimerici. Sono di quella stessa razza che da secoli afferma che la vita è cieca e la morte è lucida.
È a partire dalle piccole realtà locali che la lotta per la qualità della vita e per l'eliminazione degli inconvenienti assume il suo senso. Separato dalle sue radici viventi, il progetto di emancipazione umana è solo un'astrazione. La coscienza del vivente è la nostra radicalità. È irrinunciabile.
Raoul VANEIGEM - 31 décembre 2022 -
– À contretemps / Odradek / janvier 2023 –
[http://acontretemps.org/spip.php?article958]
Nessun commento:
Posta un commento