In un futuro non troppo lontano, il mondo è minacciato da una banda di famigerati gangster che sopprimono un presidente americano dopo l'altro. Una di loro decide di lasciare la ghenga per incamminarsi lungo il sentiero dell'amore, in compagnia del gatto parlante Enrico IV, che beve cocktail a base di vodka e latte e ama Thomas Mann, Aristotele e Kant! Per puro caso si imbatte in un insegnante di poesia che lavora in una scuola dove "se la tua poesia non funziona devi portarla dal fabbro e farla martellare fino a che non sarà ridotta in mille pezzi"... tra i due nasce una storia amore a dir poco idilliaca al punto che, in un'epoca in cui le persone non hanno un nome, decidono di battezzarsi a vicenda e diventare lei "nakajima miyuki song book", e lui "sayonara, gangsters". Ma presto i malvagi gangster tornano alla ribalta e il sogno dai contorni peace & love si trasforma in un incubo, un incubo per fortuna di cartone variopinto e marzapane, popolato da killer immortali, poeti trasformati in frigoriferi e alieni in vacanza studio sulla terra. Acclamato fin da subito per la sua carica innovativa, "Sayonara, gangsters" è un romanzo dal ritmo indiavolato, dove poesia e narrativa, manga e musica rock, jazz e cinema si fondono in un gioco intellettuale zampillante di divertimento. Esilarante, folle, colto, indescrivibile, persino autobiografico, questo libro è scritto quasi come fosse un diario infilato in una centrifuga colma di vernice psichedelica e lasciato esplodere senza freni. Liriche, citazioni "alte e basse", sgt. Pepper's e la Coca-Cola, i marziani, Joyce, Rilke, i manga e chi più ne ha più ne metta... un must assoluto, pietra miliare della letteratura giapponese contemporanea.
(dal risvolto di copertina di: Takahashi Genichiro, "Sayonara, gangsters" - a cura di Gianluca Coci - Atmosphere Libri, pp.256, €17,50
Se ami veramente qualcuno regalagli un nome che conosci solo tu
-Bande che uccidono presidenti americani, una killer innamorata di un poeta, gatti che citano Kant
di Viola di Grado
Quando il dio Ra viene avvelenato da un serpente creato da Iside, l'unico modo per salvarsi è rivelarle il suo nome segreto, ma facendolo rischia anche l'annientamento. Non è solo la mitologia egizia ad assegnare questo potere di guarigione e distruzione ai nomi: è un tema ricorrente di narrazioni, antiche e non, in tutto il mondo. Basti pensare a quando Alice di Carroll attraversa la foresta senza nomi abbracciata a un cervo, che poi scapperà da lei non appena usciranno dalla foresta: la consapevolezza del proprio nome ha in sé tutto il corredo di emozioni, traumi e difese che il nome - destino e maledizione - reca con sé.
Così, Sayonara, gangsters, romanzo cult della letteratura pop giapponese anni '80, ci getta subito in un vicino futuro in cui il nome viene assegnato soltanto da chi ci ama: così non c'è rischio di annientamento, o almeno, se anche ci fosse, è inevitabile che chi amiamo detenga il potere assoluto su di noi. Infatti sono i vezzeggiativi erotici ad avere la meglio all'anagrafe. Quando il protagonista incontra per strada una donna in bancarotta e se ne innamora, la chiamerà «Song Book» come un libro di testi di canzoni, e lei lo chiamerà «Sayonara, gangsters».
C'è molta ironia goliardica sparsa in questo romanzo sperimentale e grottesco, tradotto ottimamente da Gianluca Coci, tranne quando la morte fa il suo ingresso, ovvero quando il municipio, che tra chiaroveggenza e sensibilità cinese mette al corrente in anticipo i genitori della morte imminente dei figli, sancisce il decesso della figlia del protagonista, Cumino (o, per la madre, Verde Mignolina). Con serenità rassegnata e tra una battuta e un balzo surrealista, il padre lega un nastro rosso alla spalla della piccola e la porta a giocare con altri bambini, e infine, post mortem, la accompagna a bordo di un carrozzone nel percorso designato verso il camposanto. commentando - in barba a qualunque aderenza alla logica tradizionale - che «meglio ricorrere al carrozzone piuttosto che far camminare un povero bambino morto». Sulla stessa linea surreale, la madre di Cumino la cercherà dappertutto in casa, persino tra le pagine dei libri, come se la morte non fosse altro che una circostanza contingente, superabile nel corso della notte - Verde Mignolina è morta ieri, ma oggi sarà viva, dove sarà - e come se la sua prossima forma possa essere rintracciata astrattamente in letteratura. Viva o morta che sia, comunque, e qualunque significato assegniamo a queste categorie esistenziali o biologiche, la sua voce è cambiata: quando parla al padre, dallo scaffale in cui è risposto il suo cadaverino, la sua voce «non suonava come quella di Cumino, bensì come quella di un'anziana signora. Suonava come se parlasse soltanto a sé stessa».
«Song Book non segue mai l'ordine quando si tratta di fumetti. Le piace saltare da una vignetta all'altra, senza un ordine preciso», scrive l'autore a un certo punto, prima di introdurre due pagine di manga in cui una ragazza, per effetto di certe sigarette al tè, vede l'allucinazione di un ragazzo che le chiede di essere da lei battezzato, e questa frase descrive la struttura del romanzo: non c'è trama ma un accumulo di suggestioni, come si trattasse di un okonomiyaki narrativo, la versione letteraria della gustosa omelette giapponese che mescola una gran quantità di verdure, pesce e carne. «L'espressione del suo viso mutava attraverso cicli periodici di bellezza e bruttezza», dice il protagonista documentando i primi mesi di vita della figlia, e anche nel libro ci spostiamo tra bellezze e bruttezze, slanci poetici e giochetti semantico-erotici, suggestioni curiose e bulimici citazionismi di letteratura occidentale, rammaricandoci a un certo punto che l'ansia di dimostrare la propria conoscenza di cultura occidentale abbia tolto il posto a più autentiche esplorazioni nipponiche. Dopotutto, sono i giapponesi che dopo il decesso hanno l'usanza buddhista di assegnare un nome postumo al defunto. «Esistono 27.660 posti in città dove è assolutamente vietato avvicinarsi, mentre si stanno trasportando cadaveri», si legge a un certo punto dopo il trapasso della piccola Cumino, ed è un vero peccato che questo lampo di consapevolezza shintoista - la necessità ancestrale e ritualizzata di separare dalla vita l'impurità della morte - non venga approfondito. Ma erano ancora gli anni '80 e il Giappone era smanioso di dimostrare di essere all'altezza, e credeva di doverlo fare passando un esame ipotetico sulla cultura occidentale. «Credo che quando si bacia qualcuno convenga di gran lunga farlo con le labbra, non con l'anima», si legge a un certo punto, e a quel punto noi siamo già così frastornati (e divertiti) da questo romanzo inebriante che quasi non ricordiamo più la differenza.
- Viola di Grado - Pubblicato su Tutto Libri del 15/10/2022 -
Nessun commento:
Posta un commento