Più verde di così, si muore
di Sandrine Aumercier & Frank Grohmann
Ormai sono anni che non passa giorno senza che i media parlino della crisi climatica. Temperature senza precedenti, stato di emergenza nel Nord Italia, incendi incontrollabili, siccità r problemi idrogeologici, agricoltura gravemente minacciata, aumento della fame nel mondo, ecc: infliggerci tutto il catalogo dei disastri è diventata una consuetudine, e gli scettici del cambiamento climatico ora si trovano esposti alla vendetta ufficiale. Ma per quanto tempo ancora continueremo ad accettare questa forma di terrore, in cui la distruzione delle basi della vita viene rappresentata come un fatto compiuto, allo stesso modo in cui viene considerato «ammissibile» che si possa vivere, senza tremare, sotto la minaccia dello scatenarsi di un conflitto nucleare? E questo nello stesso momento in cui tutti, a destra come a sinistra, si mostrano orgogliosi della loro «presa di coscienza climatica», e aggiungono volentieri la loro voce al coro di deplorazioni e di raccomandazioni. I boss francesi dell'energia esortano addirittura a una riduzione dei consumi privati, mentre altri ne denunciano i loro profitti e i governi fanno da mediatori.
Parallelamente a tutto questo, l'invasione russa dell'Ucraina ha posto la questione dell'«indipendenza energetica», mentre non passa giorno senza che anche questo tema occupi i titoli dei giornali, tra miracolose moralizzazioni delle forniture, annunci di grandi cambiamenti nella politica energetica e ipocriti incitamenti alla sobrietà. Così come avviene con le pubblicità dei gelati, che devono essere accompagnate dalla raccomandazione di mangiare «cinque frutti e verdure al giorno», non è lontano il giorno in cui ogni incentivo al consumo verrà accompagnato da un invito a rimanere sani. Ad esempio, ogni azione dovrà soddisfare la condizione di «zero emissioni nette» di gas serra, che è solo un calcolo intelligente progettato per «compensare» le emissioni, non per eliminarle. Questa consacrazione dell'ingiunzione contraddittoria evidenzia in maniera netta il modo in cui viene trattata la contraddizione reale, facendo di tutto, non per uscire da questa assurda equazione, ma per perpetuarla.
«Bisogna salvare l'Ucraina», gioca pertanto lo stesso ruolo che ha il mantra «bisogna salvare il clima»: a quanto pare, quel che si deve fare è gridare due volte più forte la nostra incrollabile determinazione collettiva a far trionfare la «democrazia», lo «Stato di diritto», la «pace internazionale», la «transizione ecologica» e così via. Forse, quanto più lo gridiamo ai quattro venti, tanto più finiremo per crederci? Ahimè, il mondo precipita in una crisi energetica che è solamente una delle manifestazioni - e neppure la peggiore - della sua crisi strutturale. Per la Commissione europea, è colpa di Putin. Per il boss della Total, va responsabilizzato il consumo individuale. Per i cittadini, il governo non ha saputo garantire dei prezzi stabili e delle forniture sicure. Per gli ecologisti, la colpa è della mancanza di una volontà politica di attuare la tanto annunciata «transizione». Un meta-livello di analisi deve necessariamente saper evidenziare che il punto di vista degli interessi privati in concorrenza tra di essi, fa sì che ciascuno attribuisca questa crisi strutturale a qualcun altro da scegliere tra i difensori di interessi supposti in contrapposizione tra loro, senza mai saper riconoscere questa crisi per quello che è: l'eclatante impasse dovuta a una contraddizione di fondo che non si risolve dando addosso a questo o a quel titolare di carica, o rivedendo i bilanci contabili.
Tutte queste contraddittorie indicazioni corrispondono alla «contraddizione in processo» del capitale [*1], vale a dire, una «contraddizione immanente» [*2] alla produzione capitalistica. A partire da questo, Marx designa e si riferisce a una contraddizione in sé, o a un'autocontraddizione fondamentale, la quale non solo porta a crisi periodiche, ma che, di crisi in crisi, continua ad avanzare senza che vi sia alcuna via d'uscita rispetto alla situazione d'impasse di cui sopra, in quanto limite interno assoluto del modo di produzione capitalistico [*3], La contraddizione fondamentale del capitale, allo stesso tempo, richiede e cattura la forza lavoro e, simultaneamente, la esclude su scala globale. Nel mentre che da una parte promette partecipazione, dall'altra realizza superfluità. Promette la ricchezza sociale e allo stesso tempo realizza la rottamazione del mondo. Le diverse riflessioni su come trattare questa contraddizione, intrinsecamente senza speranza, sono la cosa al mondo meglio condivisa dai soggetti della merce.
In un simile contesto, la decisione presa dalla Commissione europea, e votata il 6 luglio 2022 dal Parlamento europeo, di includere a determinate condizioni - del tutto manipolabili - il gas naturale e l'energia nucleare nella cosiddetta «tassonomia verde», non fa che togliere la maschera a questa gigantesca farsa climatica, e all'altrettanto gigantesca farsa dell'indignazione antirussa che tiene l'Occidente con il fiato sospeso da oltre quattro mesi. Allo stesso tempo, il Presidente Macron intende nazionalizzare EDF per finanziare la costruzione di nuovi EPR, anche se quasi la metà delle centrali nucleari francesi sono ferme a causa di inspiegabili problemi di corrosione, per cui la siccità sempre più frequente minaccia i processi di raffreddamento, mentre il problema delle scorie nucleari non è affatto risolto. «È una follia», afferma François Chartier di Greenpeace. «Lo stesso giorno, Elisabeth Borne dichiara, nel suo discorso di politica generale, che la Francia ha intenzione di abbandonare i combustibili fossili, mentre allo stesso tempo i suoi deputati votano a favore del progetto di tassonomia per includere il gas tra le energie verdi, e poi il giorno successivo, il governo propone questo articolo a favore del GNL per essere inserito nel progetto di legge “pouvoir d'achat”. Se fossimo ingenui, potremmo dire che sguazza nella contraddizione, ma se si rimane lucidi, possiamo vedere che ci prende per il culo» [*4]. Il governo ci sta davvero prendendo in giro? O non è piuttosto che ci sta offendo esattamente quello che tutti si aspettano, cioè l'ennesimo tentativo di risolvere uno degli effetti ineludibili della contraddizione fondamentale? Chi è il folle in tutta questa storia? Questi scambi di battute dimostrano chiaramente che chi rimane sordo e cieco di fronte all'autocontraddizione interna del modo di produzione capitalistico - fondamento assoluto della crisi strutturale - non può nemmeno avere alcuna idea di quale potrebbe essere il modo di trattare la contraddizione (vedi sopra). In nessun altro luogo ciò si mostra in maniera più evidente di quanto appaia nella «politica come forma di azione sociale» - che ignora se stessa - «di trattamento permanente della contraddizione». Ma in realtà, questa contraddizione si mostra in tutte le sfere sociali, ed è accompagnata sia dalla crescente applicazione di «presupposti ontologici e antropologici fondamentali (ad esempio l'uomo in quanto soggetto astratto di interessi)», sia da una «ideologizzazione in generale di quella che è la relazione di feticcio, visto come bene comune» [*5]. In questo modo, le farse hanno sempre un nucleo tutt'altro che ridicolo, poiché è anche qui che si gioca la «riproduzione sotto il capitalismo», la quale «è pur sempre anche il trattamento della contraddizione, e interpretazione reale, in processo del mondo e di sé stessa; ma quindi è anche essa stessa una trasformazione permanente del mondo, cioè una trasformazione interpretativa. Ciò significa che le forme categoriali del capitalismo, come la relativa relazione di dissociazione, sono ontologicamente presupposte, e la trasformazione del mondo avviene in quanto interpretazione-reale, sviluppandosi storicamente "a partire da" e "dentro" questa relazione di forma» [*6]. Per cui alla fine non si fa altro che girare intorno a questa relazione di forma.
Sembra che non esista alcun limite nemmeno all'oscenità «verde». Se il gas naturale e l'energia nucleare possono essere «puliti», che dire ad esempio del metano? Dopo aver ricordato all'inizio del loro film che il metano ha, a breve termine, un potere riscaldante sul clima almeno venti volte superiore a quello dell'anidride carbonica, anche se la sua combustione rilascia circa la metà di CO2 rispetto al petrolio, i realizzatori di «Metano, sogno o incubo?» (Pascal Cuissot, Luc Riolon, Rachel Seddoh, 2013) hanno potuto concludere senza batter ciglio che: «I responsabili giapponesi sostengono che saranno necessari ancora alcuni anni, e progressi tecnologici, per poter arrivare allo sfruttamento industriale degli idrati di metano [cosa che richiede un rischioso sfruttamento dei fondali marini]. È stato appena compiuto un grande passo per renderla così una delle energie di transizione verso un futuro senza idrocarburi, un futuro di cui hanno tanto bisogno i terrestri e il clima del pianeta». Nella situazione attuale, scommettere sullo sfruttamento di un idrocarburo per costruire un futuro senza idrocarburi, non sembra nemmeno porre un problema logico o credibile; sarebbe un po' come dire, senza arrossire, che mangiare un gelato fa dimagrire, a patto di mangiare una mela dopo...
Non dovremmo quindi chiederci a che cosa corrisponde - dal lato del soggetto - l'oggettiva «contraddizione in processo»? È proprio qui che si apre la questione del trattamento affermativo della contraddizione. Vista da questo punto di vista, la relazione di forma in questione è caratterizzata da una «lacerazione dell'io» [*7] (Freud). La relazione di forma è già una lacerazione che nasce dal tentativo di difendersi da una «imposizione del mondo esterno» [*8] che si riassume in «due atteggiamenti contrapposti indipendenti l'uno dall'altro», i quali «persistono per tutta la vita senza mai influenzarsi vicendevolmente» [*9]. Detto in altri termini, «simultaneamente, due presupposti contraddittori» che da un lato negano, e dall'altro riconoscono il fatto che esiste una percezione e una persistenza nel senso di «reazioni al conflitto» in quanto «nucleo» di una «scissione del sé» [*10].
Ed è proprio questo nucleo ad aprire la strada a un trattamento positivo della contraddizione. La cosa appare evidente, ad esempio, allorché Jens Kersten, professore di diritto pubblico e scienze amministrative all'Università di Monaco, nel suo «Appello per una legge ecologica di base» [*11] invita a «vedere la realtà» e a «sviluppare un nuovo senso della realtà». Anche in questo caso, il trattamento della contraddizione consiste nel fatto che, alla fine, il «cambiamento fondamentale dello stile di vita» che viene invocato, e che è indubbiamente necessario, viene rimandato indefinitamente: la proprietà e il mercato non devono certo essere toccati. Basterà dare loro una nuova mano di vernice «ecologicamente obbligatoria» o «conforme all'ecologia» (dixit l'autore)! Un futuro «patto di pace con la natura», come auspica Kersten, finisce per rendere superfluo il suo stesso monito affermativo: «O l'economia cresce ecologicamente, o non ci sarà economia e crescita, ma solo desolazione e miseria». Non potrebbe essere più chiaro: nel senso del trattamento della contraddizione,si tratta ancora una volta di scacciare il diavolo della devastazione e della miseria scatenandogli contro il Belzebù dell'economia e della crescita. Possiamo solo rallegrarci che stavolta quest'ultimo sia verde ed ecologico - ed è beninteso che questo viene ovviamente garantito dalla Costituzione! Il tentativo di difendersi da un'imposizione del mondo esterno, qui si realizza, anche in questo caso, secondo Freud, «a partire dalla negazione delle percezioni», le quali si confrontano con un'«esigenza di realtà». Tali negazioni non solo sono «assai frequenti», ma si rivelano sempre per essere delle «mezze misure, tentativi imperfetti di distaccarsi dalla realtà». L'aspetto decisivo qui è il lato unheimlich della cosa: «La negazione viene ogni volta completata grazie al riconoscimento [!], si stabiliscono sempre due atteggiamenti opposti e indipendenti l'uno dall'altro, i quali danno luogo allo stato di cose [Tatbestand] di una scissione del sé» [*12]. Questo «stato di cose» [Tatbestand] è sostenuto dalla contraddizione in processo e allo stesso tempo crea per esso l'«ontologia» per mantenerlo.
Chiunque disponga di un minimo di presenza di spirito dovrebbe perciò reagire all'inganno e scendere in piazza, non per rivendicare la salvaguardia del clima, ma per esigere che si ponga fina a quest'essere ostaggio di simili discorsi «double bind» che suonano come degli incessanti inviti a scendere a compromessi con l'impossibile. Ciò avrebbe naturalmente conseguenze sugli «stili di vita». L'elettricità dall'interruttore e il gasolio dalla pompa non vengono dal cielo, e chiunque pretenda di garantirli in eterno non può che essere un venditore di fumo e di inganni. Se è vergognoso che i detentori e i difensori del capitale diano la colpa alle «scelte» particolari del consumatore, è altrettanto fuori discussione scagionare l'individuo dalla responsabilità di essersi aggrappato esclusivamente al proprio potere d'acquisto e alle false garanzie per un'uscita dalla crisi che non avverrà mai nelle condizioni esistenti. Non sorprende per niente il fatto che la contraddizione non venga mediata, ma solamente «trattata». Un tale trattamento infatti non tocca la contraddizione o la sua ontologia. Dal momento che questa ontologia è fondata su una frattura che mantiene la propria contraddizione su un abisso, la necessaria «rottura ontologica» non ha, come dice Kurz, «alcun fondamento» [*13].
Sandrine Aumercier & Frank Grohmann, 8 luglio 2022
NOTE:
[*1] - Karl Marx, Manoscritti del 1857-1858, conosciuti come "Grundrisse".
[*2] - Karl Marx, Il Capitale, Libro I,
[*3] - Robert Kurz, "Grigio è l'albero della vita, verde è la teoria", Crise & Critique, 2022, p. 41.
[*4] - Gaspard d'Allens, "En catimini, le gouvernement impose le gaz de schiste", Reporterre, 7 luglio 2022.
Online: https://reporterre.net/En-catimini-le-gouvernement-impose-le-gaz-de-schiste
[*5] - Robert Kurz, "Grigio è l'albero della vita, verde è la teoria", op. cit. p. 46.
[*6] - Ivi, p. 51.
[*7] - «che non guarirà mai più, ma crescerà con il tempo»; Sigmund Freud, "Le clivage du moi dans le processus de défense", Résultats, idées, problèmes, PUF, p. 284.
[*8] - Sigmund Freud, Abrégé de psychanalyse, PUF, p. 80. Traduzione modificata da noi.
[*9] - Ivi, p. 79.
[*10] - Ivi, traduzione da noi modificata; e Sigmund Freud, "La scissione dell'Io", op. cit. p. 284.
[*11] - Blätter für deutsche und internationale Politik, 6/22.
[*12] -Sigmund Freud, Abrégé..., op. cit. p. 80, corsivo aggiunto.
[*13] - Robert Kurz, "Tabula rasa", in Raison sanglante, Albi, Crise & Critique, 2021, p. 184.
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