L'Europa presa in trappola
- di Michael Roberts -
Le principali economie si stanno avvicinando sempre più alla recessione, se non ci sono già arrivate; eppure i tassi di inflazione continuano a salire (per ora). Le ultime rilevazioni sull'attività delle imprese, denominate "Purchasing Managers Index" (PMI), ci mostrano come siano ora, tanto l'area dell'Euro quanto quella degli Stati Uniti, a trovarsi in territorio di contrazione (vale a dire un livello sotto i 50). Per il mese di Luglio 2021, i PMI compositi (quelli che mettono insieme sia il settore manifatturiero che quello dei servizi) riguardo le principali economie mostrano:
USA 47,5 (contrazione)
Eurozona 49,4 (contrazione)
Giappone 50,6 (espansione in rallentamento)
Germania 48,0 (contrazione)
Regno Unito 52,8 (rallentamento dell'espansione)
Il risultato dell'Eurozona non dovrebbe sorprendere più nessuno, dato l'impatto causato dalle sanzioni sulle importazioni di energia dalla Russia, che sta indebolendo gravemente la produzione industriale nel cuore dell'Europa. La produzione industriale tedesca è in contrazione da oltre tre mesi. Il grande shock c'è stato anche negli Stati Uniti. Il PMI composito statunitense è sceso in territorio di contrazione, arrivando a 47,5 a luglio 2021, in netto calo rispetto ai 52,3 di giugno, segnando un solido abbassamento della produzione del settore privato. Rispetto alle fasi iniziali della pandemia, nel maggio 2020, il tasso di contrazione è stato il più brusco, in quanto sia i produttori che i fornitori di servizi hanno registrato modeste condizioni di domanda. Quindi, proprio mentre entriamo nella seconda metà del 2022, l'attività imprenditoriale statunitense è in picchiata. Secondo quella che è l'ultima stima della crescita del PIL reale - effettuata a partire dal modello GDP NOW della Federal Reserve di Atlanta - l'economia statunitense, nei tre mesi fino a giugno si è contratta a un tasso annualizzato del -1,6%, eguagliando l'analogo calo del -1,6% registrato nel primo trimestre. Se questa stima verrà confermata anche la prossima settimana, gli Stati Uniti entreranno tecnicamente in recessione. La reazione attuale a una simile affermazione è: «come può l'economia statunitense essere in recessione o quasi, quando il tasso di disoccupazione è vicino ai minimi storici e le buste paga continuano ad aumentare?» Ma si tratta di una replica quantomeno dubbia.
Innanzitutto, esistono due misurazioni dell'occupazione negli Stati Uniti: i dati sui salari e l'indagine sulle famiglie (un'indagine sulle famiglie con un lavoro). Quest'ultima mostra attualmente una situazione opposta alla prima, ovvero un calo del numero di americani che lavorano. In base a questa misurazione delle famiglie, la forza lavoro si è ridotta, passando da 164,376 milioni a 164,023 milioni, e il tasso di partecipazione (gli occupati rispetto al totale della popolazione in età lavorativa) è sceso più del previsto, arrivando al 62,2%. Inoltre, le richieste iniziali legate alla disoccupazione (il numero di persone che chiedono sussidi perché sono senza lavoro) si trovano ora in costante aumento. In secondo luogo - e soprattutto -, in una recessione, la disoccupazione è un indicatore in ritardo. L'indicatore in anticipo, è invece il movimento dei profitti aziendali e degli investimenti delle imprese, seguito dalla produzione e poi dalla disoccupazione. L'occupazione viene per ultima, poiché essa aumenta solo quando le imprese smettono di assumere altra manodopera, e cominciano a ridurla. E questo lo fanno solo quando la redditività e la produzione iniziano a diminuire. E ora, dopo aver raggiunto i massimi storici, i margini di profitto hanno iniziato a diminuire.
Durante il crollo dovuto al COVID, i profitti sono aumentati notevolmente rispetto ai salari, e hanno agito da motore e da leva dell'aumento dell'inflazione. Ora la situazione sta cominciando a cambiare, dal momento che i profitti sono schiacciati dall'aumento dei costi dei materiali e dall'indebolimento della domanda. Ma è in Europa che le prove di un vero e proprio tracollo sono più convincenti. E non sono solo i dati sulla crescita economica a sostenerlo. In più, l'Europa si trova ad affrontare un'enorme pressione sulla produzione e sulle importazioni di energia, perché le sanzioni applicate alle importazioni di gas e petrolio dalla Russia non verranno sufficientemente compensate dalle importazioni provenienti da altri paesi. Molti produttori tedeschi stanno mettendo in guardia circa il fatto che dovranno chiudere completamente la produzione, se gli input energetici si dovessero esaurire. Petr Cingr, amministratore delegato della più grande azienda tedesca produttrice di ammoniaca e fornitore chiave di fertilizzanti e fluidi di scarico per motori diesel, ha avvertito sulle conseguenze devastanti causate dalla fine delle forniture di gas russo. «Dobbiamo fermare [la produzione] immediatamente», ha detto, «da 100 a zero». Secondo gli analisti di UBS, l'assenza di gas per l'inverno provocherà una «profonda recessione», che porterà a una contrazione del PIL del 6% entro la fine del prossimo anno. La Bundesbank tedesca ha avvertito che gli effetti sulle catene di approvvigionamento globali a causa di un'eventuale interruzione delle forniture da parte della Russia, aumenterebbero di due volte e mezzo l'effetto shock originario. ThyssenKrupp, la più grande azienda siderurgica tedesca, ha dichiarato che senza gas naturale per far funzionare i suoi forni, «non si possono escludere chiusure e danni tecnici ai nostri impianti». E c'è di peggio. Nella maggior parte delle economie europee, l'inflazione è ancora in aumento. La Banca centrale europea (BCE) ha pertanto deciso di intervenire per aumentare drasticamente i tassi di interesse. La scorsa settimana ha aumentato il tasso di riferimento di 50 pb, più del previsto, portandolo nella zona positiva per la prima volta in un decennio. I giorni del "quantitative easing" sono stati sostituiti dal "quantitative tightening". [* L'inasprimento quantitativo è uno strumento di politica monetaria restrittiva applicato dalle banche centrali per ridurre la quantità di liquidità o offerta di moneta nell'economia. da: Wikipedia (inglese)*]
Ma per Paesi come l'Italia, fortemente dipendenti dall'energia russa, questa mossa arriva nel momento peggiore. La scorsa settimana, il tecnocrate ex presidente della BCE, il primo ministro italiano Mario Draghi, è stato costretto a dimettersi allorché diversi partiti della sua coalizione di governo hanno ritirato il proprio sostegno; alcuni perché si opponevano al suo appoggio agli aiuti militari all'Ucraina, altri perché vedevano la possibilità di vincere le elezioni. L'Italia ha un rapporto debito pubblico/PIL molto elevato. Finora il costo degli interessi per il mantenimento del debito è stato basso poiché i tassi di interesse sono stati mantenuti bassi dalla BCE, la quale ha fornito inoltre anche miliardi di credito ai governi dell'Eurozona. Ma ora i tassi di interesse sono in aumento, e gli investitori in titoli di Stato italiani si sono preoccupati che l'Italia (soprattutto quella senza un governo solido) possa avere delle difficoltà a garantire il debito. Ragion per cui, il rendimento dei titoli decennali italiani è salito al di sopra del 3,5%. La caduta del governo italiano minaccia anche la distribuzione di miliardi di euro provenienti dai fondi di salvataggio dell'UE Covid, che dovrebbero essere destinati all'Italia il prossimo anno, per stimolare la crescita economica.
Ragion per cui, l'economia europea sta andando a picco proprio mentre la BCE aumenta i tassi per controllare l'inflazione. Come ho spiegato nei post precedenti, aumentare i tassi di interesse per controllare l'aumento dell'inflazione causato dalla debolezza dell'offerta e della produttività e dalla guerra in Ucraina non funzionerà, se non per provocare un collasso. Ora, la BCE ha fatto ricorso a una misura disperata, introducendo uno strumento di protezione della circolazione (TPI), una nuova forma di credito che verrà erogato a governi come l'Italia in caso di crollo dei prezzi delle loro obbligazioni. Tuttavia, questo strumento potrebbe non essere mai utilizzato, dal momento che significherebbe che la BCE sta finanziando a tempo indeterminato la spesa fiscale dell'Italia, cosa che probabilmente è contraria a tutte le regole di Maastricht per l'Eurozona.
La BCE si trova in quello che un analista ha definito uno «scenario da incubo». Il vice capo del comitato economico Bruegel, con sede a Bruxelles, Maria Demertzis, ha dichiarato: «Il rischio che abbiamo davanti è che, a causa della crisi energetica, l'area dell'euro possa finire in recessione, mentre allo stesso tempo la BCE dovrà continuare ad aumentare i tassi se l'inflazione non scende». Krishna Guha, responsabile della strategia per le politiche e le banche centrali della banca d'investimento statunitense Evercore, ha dichiarato: «Per la BCE, la combinazione di un gigantesco shock stagflattivo, derivante dall'aver trasformato in un'arma il gas naturale russo, insieme a una crisi politica in Italia è quanto di più vicino a una tempesta perfetta si possa immaginare».
- Michael Roberts – Pubblicato il 24/7/2022 su Michael Roberts blog. Blogging from a Marxist economist -
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